Accertamento fiscale: nullo senza il diritto alla difesa del contribuente

Con una recente pronuncia la Corte di Giustizia UE si è espressa in merito alle garanzia di difesa che devono essere riconosciute al destinatario di un avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, rafforzando la posizione dei contribuenti nella difesa in giudizio.

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1. Il caso: mancato accesso alla documentazione a base dell’accertamento

La questione portata all’attenzione della Corte di Giustizia UE riguarda la posizione di una società la quale si era vista destinare degli avvisi di accertamento di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria ungherese, con i quali quest’ultima procedeva al disconoscimento della detrazione dell’IVA su alcune operazioni.

In particolare, il disconoscimento della detrazione dell’IVA assolta a monte della società veniva giustificato dall’Amministrazione finanziaria sul rilievo che la contribuente avesse preso parte o, in ogni caso, avrebbe dovuto sapere di prendere parte ad una frode fiscale promossa dalle società emittenti le fatture in questione, volta all’evasione dell’IVA.

Avverso l’avviso di accertamento la società presentava ricorso, sostenendo che l’Amministrazione finanziaria avesse violato il diritto ad un processo equo, così come previsto dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La contribuente lamentava che l’azione di accertamento dell’Amministrazione finanziaria si fondasse su alcuni documenti, riguardanti altre società, di cui l’interessata non aveva avuto alcuna conoscenza.

Ed, infatti, le prove secondo cui la società avrebbe partecipato alla frode IVA sarebbero state contenute in un procedimento penale che riguardava i relativi fornitori (presunti emittenti di fatture per operazioni inesistenti), al quale la contribuente non aveva preso parte, di cui l’Amministrazione aveva fatto ampio uso per fondare i propri addebiti nell’avviso di accertamento, senza che la società interessata ne avesse preso mai visione. Quindi, l’Amministrazione finanziaria non aveva mai provveduto a mettere a disposizione della contribuente i fascicoli relativi ai controlli effettuati presso i fornitori, i verbali e le decisioni amministrative adottate nei confronti di questi ultimi, mettendo la contribuente solo a conoscenza di alcuni estratti di detta documentazione a propria discrezione.

Dal canto suo, l’Amministrazione finanziaria sosteneva che la contribuente non avesse diritto ad accedere a documentazione afferente procedimenti relativi ad altri soggetti e che ciò non ledesse il suo diritto di difesa ben potendo esercitarlo sulla base della documentazione prodotta nel procedimento che la riguardava.

Preso atto dell’incerta portata del principio del diritto di difesa del contribuente nel caso di specie, il Giudice di merito riteneva di rinviare la questione alla Corte di Giustizia UE per fare chiarezza sul punto.

2. La Corte di Giustizia UE: imprescindibilità del diritto alla difesa e controllo del suo rispetto

Con sentenza del 16 ottobre 2019 (causa C-189/18), la Corte di Giustizia individua i caratteri del diritto di difesa del contribuente contro gli atti di accertamento dell’Amministrazione finanziaria e, quindi, le ipotesi in cui l’azione erariale debba ritenersi illegittima.

Per prima cosa, viene specificato che nel contesto dell’azione fiscale il principio della certezza del diritto non può spingersi fino a violare il diritto di difesa del contribuente attraverso procedure sproporzionate e inaccettabili.

La violazione del diritto di difesa, infatti, si verifica laddove l’Amministrazione finanziaria privi  il soggetto passivo IVA, al quale si intende negare l’esercizio del diritto a detrazione dell’IVA, della possibilità di far conoscere utilmente ed efficacemente, nell’ambito del procedimento amministrativo e prima dell’adozione di una decisione sfavorevole ai suoi interessi, il suo punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondarsi.

In tal modo, infatti, l’Autorità non può tener conto di ulteriori elementi prodotti dal contribuente a propria difesa e preclude a quest’ultimo di porre rimedio ai suoi errori, arrivando ad una decisione non accurata e, soprattutto, non adeguatamente motivata anche alla luce delle difese della parte privata.

Chiarisce, ancora, la Corte che, intanto il contribuente può manifestare il proprio punto di vista sugli elementi sui quali l’Amministrazione finanziaria intende fondare la sua decisione, a condizione che egli possa conoscere questi atti e documenti.

Per permettere al destinatario dell’azione erariale di presentare le proprie osservazioni prima che l’avviso di accertamento sia emesso e, quindi, all’autorità competente di tenerne conto, l’accesso al fascicolo erariale deve essere autorizzato già nel corso del procedimento amministrativo.

Né d’altra parte può ritenersi che la violazione del diritto di accesso al fascicolo intervenuta durante il procedimento amministrativo possa essere sanata dal semplice fatto che l’accesso a quest’ultimo è stato reso possibile nel corso del procedimento giurisdizionale relativo ad un eventuale ricorso diretto all’annullamento della decisione contestata. In altri termini, il soggetto passivo deve poter accedere al complesso degli elementi del fascicolo sui quali l’amministrazione fiscale intende fondare la propria decisione, anche se questi afferiscono a procedimenti penali e amministrativi avviati nei confronti di diversi soggetti (fornitori).

A ciò si collega anche il fatto che la possibilità per il contribuente di accedere ai documenti in possesso dell’Amministrazione finanziaria debba anche consentirgli di utilizzare gli elementi a suo discarico rinvenuti dal Fisco.

Anche il diritto di difesa non può agire in maniera assoluta, incontrando il suo limite laddove ciò sia richiesto dalla normativa nazionale a tutela delle esigenze di riservatezza o di segreto professionale, la vita privata di terzi, i dati personali che li riguardano o l’efficacia dell’azione repressiva, che possono essere pregiudicati dall’accesso a talune informazioni e a determinati documenti. Più specificamente, il principio del diritto di difesa nell’ambito del procedimento amministrativo non implica un obbligo generalizzato a carico dell’Amministrazione finanziaria di fornire un accesso integrale al fascicolo di cui dispone, ma esige che il soggetto passivo abbia la possibilità di ricevere, a sua richiesta, le informazioni e i documenti contenuti nel fascicolo amministrativo e presi in considerazione da tale amministrazione ai fini dell’adozione della sua decisione, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione dell’accesso alle suddette informazioni e a detti documenti.

Spetta al Giudice stabilire se il diritto di difesa del contribuente sia stato violato dall’Amministrazione finanziaria, secondo quanto previsto dall’art. 47 della predetta Carta che sottende un principio della parità delle armi, parte integrante del principio della tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, e il principio del contraddittorio, quale obbligo di offrire a ciascuna parte una possibilità ragionevole di esporre la propria posizione, comprese le proprie prove, in circostanze che non la pongano in una situazione di netto svantaggio rispetto all’avversario.

Sotto altro profilo, l’effettività del controllo giurisdizionale garantita dall’articolo 47 della Carta esige che il Giudice che ha effettuato il controllo di legittimità di una decisione che costituisce attuazione del diritto dell’Unione debba verificare se le prove sulle quali tale decisione si fonda non siano state ottenute e utilizzate in violazione dei diritti garantiti dal diritto dell’Unione europea. Il Giudice è, quindi, chiamato a verificare, nell’ambito di un dibattito in contraddittorio, la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo delle prove assunte nel corso di procedimenti amministrativi connessi avviati contro altri soggetti passivi, nonché delle constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate in esito a tali procedimenti, che sono decisive per l’esito del ricorso.

La Corte di Giustizia UE conclude ritenendo che il principio del rispetto dei diritti della difesa e l’articolo 47 della Carta devono essere interpretati nel senso che, in occasione di una verifica del diritto a detrazione dell’IVA esercitato da un soggetto passivo:

  • l’Amministrazione finanziaria sia vincolata dalle constatazioni di fatto e dalle qualificazioni giuridiche, da essa già effettuate nell’ambito di procedimenti amministrativi connessi avviati nei confronti dei fornitori di tale soggetto passivo, sulle quali si basano le decisioni divenute definitive che accertano l’esistenza di una frode relativa all’IVA commessa da tali fornitori;
  • la stessa sia obbligata a far conoscere al soggetto passivo gli elementi di prova, ivi compresi quelli risultanti da tali procedimenti amministrativi connessi, sui quali essa intende fondare la propria decisione, e tale soggetto passivo non sia quindi privato del diritto di contestare utilmente, nel corso del procedimento di cui è oggetto, tali constatazioni di fatto e tali qualificazioni giuridiche;
  • il contribuente debba poter accedere durante tale procedimento di accertamento a tutti gli elementi raccolti nel corso di detti procedimenti amministrativi connessi o di ogni altro procedimento sul quale l’amministrazione intende fondare la sua decisione o che possono essere utili per l’esercizio dei diritti della difesa, a meno che obiettivi di interesse generale giustifichino la restrizione di tale accesso;
  • il Giudice adito con un ricorso avverso l’avviso di accertamento dell’Amministrazione finanziaria possa verificare la legittimità dell’ottenimento e dell’utilizzo di tali elementi nonché le constatazioni effettuate nelle decisioni amministrative adottate nei confronti di detti fornitori, che sono decisive per l’esito del ricorso.

3. La difesa tributaria di uno Studio Legale Tributario

Alla luce del fatto che il contenzioso tributario diventa sempre più “aleatorio” e le conseguenze della soccombenza particolarmente gravose per il contribuente, bisogna rivalutare il dialogo e il confronto con il Fisco e, in primo luogo, con l’Agenzia delle Entrate.

Soprattutto nelle questioni di fiscalità internazionali, particolarmente complesse e ricche di apprezzamenti valutativi, stabilire un rapporto dialettico con l’Agenzia delle Entrate – specialmente in sede di contraddittorio preventivo rispetto all’azione di accertamento – può evitare il protrarsi delle contestazioni in sede contenziosa, dove le Commissioni Tributarie potrebbero non avere la stessa “sensibilità” di un brillante funzionario del Fisco su materie come “transfer pricing”Controlled Foreign Companies”, “stabile organizzazione  e “crediti per imposte estere”.

Ebbene, in questi casi è meglio lasciare il contenzioso tributario come “ultima spiaggia”, ammesso che ve ne siano i presuppostipena la “scure” della condanna al pagamento delle spese di giudizio.

In queste scelte costituisce un passaggio fondamentale quello di rivolgersi ad uno Studio Legale Tributario, al fine di valutare con la massima cura:

  • la strategia più adatta per difendersi dall’avviso di accertamento;
  • la presenza di vizi che possano giustificare la presentazione di un ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale;
  • le possibilità che il ricorso possa essere accolto in Commissione Tributaria Provinciale.

Trattasi, quindi, di una valutazione estremamente tecnica e meticolosa, che non può essere svolta dallo stesso contribuente che non abbia adeguata competenza ed esperienza nel contenzioso tributario.

In assenza delle predette valutazioni, da operarsi con l’assistenza di uno Studio Legale Tributario, il contribuente potrebbe correre il concreto pericolo:

  • o di sottovalutare degli strumenti per la definizione in “transazione” dell’avviso di accertamento e di avviare un contenzioso perso in partenza che lo vedrà costretto a pagare, oltre alle imposte e alle sanzioni dovute, anche le spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate (magari anche per diversi gradi di giudizio);
  • oppure, di pagare le somme richieste con l’avviso di accertamento, nonostante questo sia affetto da un grave vizio che, se denunciato con ricorso, avrebbe indotto la Commissione Tributaria Provinciale ad annullare l’intero atto impositivo, con nessuna imposta e sanzione dovuta dal contribuente.

Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza in materia di contenzioso tributario, assistendo persone fisiche e società nelle valutazioni degli strumenti più adatti al preciso caso concreto per la migliore difesa degli interessi del contribuente, le quali vengono svolte in 3 fasi:

  • analisi preliminare circa la sussistenza di vizi dell’avviso di accertamento e dello strumento più adeguato per farli valere;
  • valutazioni circa l’opportunità di avviare un contenzioso tributario;
  • eventuale assistenza del contribuente nella presentazione del ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.

Per richiedere la difesa tributaria o una consulenza fiscale internazionale scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.