Con la Legge di Bilancio 2023 risultano confermate le agevolazioni fiscali per “rientro dei cervelli” e, in particolare, per il rientro di docenti e ricercatori in Italia a partire dal 1° gennaio 2023, già ampliate con il Decreto Crescita 2019, che ne aveva rivisto la normativa estendendola oltre i limiti precedentemente previsti, e dalla Legge di Bilancio 2022, che aveva offerto nuove opportunità per l’allungamento del periodo di fruizione del beneficio fiscale.
Con la Circolare n. 17/E del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la normativa di agevolazione risponde al duplice obiettivo di porre rimedio al c.d. fenomeno della “fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese. Tale disciplina, quindi, non si rivolge soltanto ai cittadini italiani o europei emigrati che intendano far ritorno in Italia ma interessa, in linea generale, tutti i residenti all’estero, sia italiani che stranieri, i quali per le loro particolari conoscenze possono favorire lo sviluppo della ricerca e la diffusione del sapere in Italia, trasferendovi il “know how” acquisito attraverso l’attività svolta.
Le agevolazioni fiscali si aggiungono a delle ipotesi di esenzione fiscale previste da alcune Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con alcuni Paesi esteri per docenti e ricercatori che vengono in Italia per svolgere la propria attività di insegnamento o ricerca.
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1. Agevolazione docenti e ricercatori: requisiti
L’art. 5 del Decreto Crescita 2019, relativo al “rientro dei cervelli”, ha previsto un ampliamento delle agevolazioni per il rientro dei docenti e dei ricercatori in Italia, di cui all’art. 44 del D.L. n. 78/2010.
In particolare, viene stabilito che possono accedere all’agevolazione fiscale i contribuenti che:
- sono in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
- siano stati non occasionalmente residenti all’estero;
- abbiano svolto documentata attività di ricerca o docenza all’estero presso centri di ricerca pubblici o privati o università per almeno 2 anni continuativi;
- svolgano l’attività di docenza e ricerca in Italia;
- acquisiscano conseguentemente la residenza fiscale nel territorio dello Stato italiano.
L’agevolazione fiscale per i docenti e i ricercatori rientrati in Italia riguarda i redditi di lavoro dipendente o autonomo da questi prodotti in Italia al loro rientro.
Inoltre, per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo, gli emolumenti percepiti non concorrono alla formazione del valore della produzione netta ai fini IRAP.
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2. Agevolazione docenti e ricercatori: durata del beneficio e riduzione delle imposte al 10%
Il beneficio fiscale per docenti e ricercatori è da considerarsi il più conveniente, dal momento che comporta un abbattimento della tassazione ben del 90%, cosicché le imposte rimangono dovute solo sulla residua parte del 10% dei redditi percepiti.
La durata ordinaria dell’agevolazione per i docenti e i ricercatori rimpatriati è di 6 anni, a condizione che il contribuente rimanga residente in Italia.
Invece, l’agevolazione sale a 8 anni nel caso in cui i cui i docenti o ricercatori abbiano un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo.
Sempre a 8 anni viene estesa l’agevolazione per i docenti e i ricercatori per il caso in cui questi diventino proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia della residenza (ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. n. 917/1986) o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, a patto che rimanga residente in Italia. L’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal docente e ricercatore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà.
Ancora, l’agevolazione sale a ben 13 anni per i docenti e ricercatori che abbiano almeno tre figli minorenni o a carico, anche in affido preadottivo, successivamente al trasferimento della residenza in Italia (ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. n. 917/1986), a condizione permanga la residenza fiscale in Italia.
3. L’estensione degli incentivi per i Docenti e i Ricercatori impatriati in precedenza
Con la Legge di Bilancio 2022, in maniera similare a quanto precedentemente previsto per i lavoratori impatriati con la Legge di Bilancio 2021, è stato previsto che i docenti e i ricercatori, che siano stati iscritti all’AIRE o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea, che hanno già trasferito in Italia la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del relativo regime fiscale agevolato (art. 44 del D.L. n. 78/2010) possono optare per l’applicazione dell’estensione degli incentivi fiscali in presenza di un figlio minorenne o a carico (anche in affido preadottivo) o in caso di acquisto di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia al momento del loro rientro nel territorio italiano, con modalità analoghe a quelle sopra descritte per i lavoratori impatriati.
3.1. Il problema della mancata iscrizione all’AIRE
Abbiamo visto che, per quanto concerne i cittadini italiani che abbiano trasferito la residenza in Italia prima dell’anno 2020 e che al 31 dicembre 2019 risultavano beneficiari delle agevolazioni fiscali in commento, l’estensione di queste ultime per ulteriori 5 anni d’imposta è stata riconosciuta solo a condizione della avvenuta iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE).
Per l’effetto, la mancata iscrizione, da parte dei cittadini italiani, presso tale Anagrafe per il periodo trascorso all’estero, stando alla formulazione della norma, appare costituire un impedimento all’applicazione della proroga degli incentivi.
Ebbene, per quanto la lettera della norma debba interpretarsi nella maniera predetta, si nutrono forti dubbi sulla legittimità della mancata estensione ai cittadini italiani di una proroga che, invece, trova perfetta applicazione ai cittadini dell’Unione europea non italiani, ai quali non risulta applicabile la disciplina della iscrizione all’AIRE.
L’argomento del diverso trattamento potrebbe essere utilizzato dal cittadino italiano, mai iscritto all’AIRE, per rivendicare l’applicazione anche al suo caso dell’estensione della proroga di 5 anni delle agevolazione, ipotesi percorribile solo ed esclusivamente ricorrendo davanti ad un giudice della giurisdizione tributaria (Corte di Giustizia Tributaria), laddove la domanda dovrà essere supportata da puntuali e ineccepibili motivazioni giuridiche, onde evitare il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese del giudizio.
3.2. Modalità di esercizio dell’opzione
Attraverso la Circolare n. 17/E del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’opzione per l’estensione temporale degli incentivi fiscali in questione si perfeziona con il pagamento di un importo pari a:
- il 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti: ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) ovvero è diventato proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito, senza applicazione di sanzioni;
- il 5% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione, pena – anche in tal caso – la restituzione del beneficio, senza applicazione di alcuna sanzione.
Le scadenze per e le modalità di pagamento per l’esercizio dell’opzione in esame sono state individuate con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 31 marzo 2022, prot. n. 1020289, il quale prevede che:
- il versamento degli importi stabiliti dalla norma deve avvenire in un’unica soluzione entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione di cui all’articolo 44 del D.L. n. 78/2010, che, per i soggetti che si sono trasferiti fiscalmente in Italia prima del 2020, coincide con la conclusione del terzo periodo d’imposta successivo a quello del trasferimento della residenza fiscale in Italia (si ricorda che i termini che scadono di sabato o in un giorno festivo sono prorogati al primo giorno feriale successivo). Per coloro i quali il primo quadriennio di fruizione dell’agevolazione si è concluso entro il 31 dicembre 2021, il versamento andava effettuato entro il 27 settembre 2022;
- i docenti e i ricercatori lavoratori dipendenti, a condizione che mantengano la residenza fiscale in Italia, possono esercitare l’opzione mediante la presentazione di una richiesta scritta al datore di lavoro, entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo quadriennio di fruizione dell’agevolazione. Per coloro i quali tale quadriennio si è concluso entro il 31 dicembre 2021, l’opzione andava effettuata entro il 27 settembre 2022. Il datore di lavoro opera le ritenute sul 10 per cento degli emolumenti erogati, nel caso di lavoratori che, al momento dell’opzione, abbiano comunicato di essere in possesso dei requisiti e di soddisfare le condizioni per l’applicazione delle rispettive misure di detassazione del reddito di lavoro dipendente e assimilati;
- i docenti e ricercatori che esercitano un’attività di lavoro autonomo, invece, comunicano l’opzione nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale hanno effettuato il versamento degli importi del 10 o del 5 per cento dei redditi di lavoro agevolabili prodotti nel periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione.
I docenti e ricercatori che hanno esercitato l’opzione possono fruire del regime agevolato per gli ulteriori periodi d’imposta nei quali mantengono la residenza fiscale in Italia, perdendo la possibilità di applicare il regime di favore a partire dal periodo d’imposta in cui viene meno tale requisito.
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3. Agevolazione docenti e ricercatori: iscrizione AIRE non necessaria
Lo stesso Decreto Crescita 2019 ha stabilito per il futuro, contrariamente a quanto previsto dalla precedente normativa, che l’iscrizione all’AIRE non sia più condizione necessaria per accedere all’agevolazione per i docenti e i ricercatori, essendo sufficiente a tal proposito che il precedente trasferimento all’estero della residenza fiscale sia avvenuto in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese estero di riferimento.
Bisogna notare come tale modifica ha effetto retroattivo, coprendo anche i docenti e i ricercatori che già avevano usufruito dell’agevolazione fiscale, sebbene mai iscritti all’AIRE, inclusi i casi in cui coloro che hanno ricevuto un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate per il recupero dell’agevolazione fiscale precedentemente ritenuta indebita.
Anche in questo caso l’agevolazione rimane applicabile sempre a condizione che i lavoratori abbiano avuto la residenza fiscale all’estero per il passato in applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese estero in questione.
Solo nell’ipotesi in cui il contribuente, sebbene avente diritto all’agevolazione sulla base di tale regola retroattiva, abbia già provveduto al pagamento delle imposte per intero, non avrà diritto al relativo rimborso.
A tal proposito non si può fare a meno di notare che, se il requisito formale dell’iscrizione all’AIRE, previsto in precedenza, era facilmente dimostrabile attraverso il relativo certificato, la riconducibilità all’estero della residenza fiscale ai sensi della normativa convenzionale andrà dimostrata prendendo in considerazione elementi di natura sostanziale, quali, in primo luogo, il luogo dell’abitazione permanente del contribuente e il relativo centro degli interessi personali ed economici.
Tale valutazione deve essere svolta in maniera molto accurata, tenendo in considerazione tutti i legami dell’interessato sia con l’Italia sia con il Paese estero, onde evitare che, a seguito di un controllo dell’Agenzia delle Entrate, questi non sia in grado di fornire la prova della regolarità della fruizione delle agevolazioni per i docenti e i ricercatori.
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4. Agevolazione docenti e ricercatori: la posizione dell’Agenzia delle Entrate
Intervenendo a chiarire i requisiti relativi all’applicazione degli incentivi fiscali per docenti e ricercatori, con la Risposta ad Interpello n. 307 del 3 settembre 2020 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che, come già da essa stabilito con la Circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, circa i requisiti soggettivi (ai sensi dall’art. 44 del D.L. n. 78 del 2010), i docenti e ricercatori possono beneficiare dellatassazione agevolata, al verificarsi delle seguenti condizioni:
- essere in possesso di un titolo di studio universitario o equiparato;
- essere stati non occasionalmente residenti all’estero;
- aver svolto all’estero documentata attività di ricerca o docenza per almeno due anni continuativi, presso centri di ricerca pubblici o privati o università;
- svolgere l’attività di docenza e ricerca in Italia;
- acquisire la residenza fiscale nel territorio dello Stato.
Viene, quindi, sottolineata la logica della norma, data dall’esigenza di porre rimedio al c.d. fenomeno della “fuga dei cervelli” e di favorire lo sviluppo tecnologico e scientifico del Paese.
Condizione necessaria per l’applicazione dell’agevolazione in commento, tra le altre, è che il ricercatore acquisisca e mantenga la residenza in Italia.
Con riferimento, invece, al requisito della residenza fiscale nel territorio dello Stato, la norma precisa che la stessa si applica ai soggetti che trasferiscono la residenza in Italia, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, il quale considera residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato la residenza o il domicilio ai sensi del codice civile.
Le condizioni appena indicate sono tra loro alternative; pertanto, la sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
La disposizione non si rivolge soltanto ai cittadini italiani che intendono rientrare in Italia, ma interessa in linea generale tutti i ricercatori residenti all’estero, che trasferendosi nel territorio nazionale possono favorire lo sviluppo della ricerca in Italia in virtù delle loro particolari conoscenze scientifiche.
Sempre nella citata Circolare n. 17/E del 2017, è stato chiarito che per integrare il requisito della attività all’estero, la norma richiede che essa sia stata svolta presso una università o un centro di ricerca, pubblico o privato, per quanto riguarda l’attività da svolgere in Italia non dispone nulla in merito ai requisiti dei datori di lavoro e dei committenti dei docenti e ricercatori.
Si deve, pertanto, ritenere che non assuma rilievo la natura del datore di lavoro o del soggetto committente, che, per l’attività di ricerca, può essere una università, pubblica o privata, o un centro di ricerca pubblico o privato o una impresa o un ente che, in ragione della peculiarità del settore economico in cui opera, disponga di strutture organizzative finalizzate alla ricerca.
Con riferimento al caso esaminato con la propria risposta ad Interpello, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che, nel presupposto che l’Istante abbia trasferito la residenza in Italia nel periodo d’imposta 2020 per svolgere l’attività di ricercatore presso un’università italiana, si ritiene che lo stesso, laddove risultino soddisfatti gli altri requisiti sopra elencati, possa beneficiare dell’agevolazione fiscale di cui all’articolo 44 del d.l. n. 78 del 2010 – come modificato dall’articolo 5 del D.L. n.34 del 2019, convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, e successive modificazioni e integrazioni – per i redditi prodotti in Italia a decorrere dall’anno d’imposta 2020 e per i cinque periodi d’imposta successivi, sempre che permanga la residenza fiscale in Italia.
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5. Esenzione fiscale convenzionale per docenti e ricercatori che rientrano in Italia
Oltre agli incentivi fiscali per il rientro dei docenti e ricercatori in Italia sopra descritti, un altro strumento di ottimizzazione fiscale a beneficio di questi soggetti è il ricorso a determinate disposizioni contenute in alcune Convenzioni contro le doppie imposizioni tra l’Italia e numerosi Stati esteri (ad esempio, Paesi Bassi e Regno Unito), le quali prevedono un regime di esenzione fiscale per la durata (per la maggior parte) di 2 anni dal momento del trasferimento in Italia del docente o ricercatore che qui svolga la propria attività di insegnamento o ricerca.
Ed, infatti, se prendiamo, ad esempio, la Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e i Paesi Bassi, all’art. 20 (Rubricato “Professori e Ricercatori”) questa dispone che:
“1. Le remunerazioni che un professore, un altro membro del corpo insegnante o un ricercatore che
è, o che era immediatamente prima di recarsi in uno degli Stati, un residente dell’altro Stato e che
soggiorna nel primo Stato al solo fine di insegnarvi o di svolgervi ricerche, riceve in corrispettivo di
queste attività non sono imponibili in questo Stato per un periodo non superiore a due anni.
2. Le disposizioni del paragrafo 1 non si applicano alle remunerazioni ricevute in corrispettivo di
lavori di ricerca intrapresi non nell’interesse pubblico ma principalmente in vista della realizzazione
di un particolare vantaggio a favore di una o più persone determinate”.
La citata norma convenzionale, sebbene non rispecchi un’analoga previsione contenuta nel Modello OCSE, è diretta ad agevolare e incentivare l’interscambio culturale, scientifico e professionale a livello internazionale.
In sostanza, le Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia (con Paesi esteri) contenenti la medesima disposizione sopra riportata stabiliscono che le remunerazioni provenienti da uno Stato contraente e corrisposte a professori, membri del corpo insegnante e ricercatori che soggiornino in tale Stato a soli fini di insegnamento o ricerca, siano riconosciute di esclusiva pertinenza impositiva dello Stato contraente di residenza (Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 472/2020).
Il Paese della fonte, quindi, rinuncia al suo potere di tassazione, seppure con un limite temporale che il Trattato stabilisce in 2 anni.
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6. Attenzione ai particolari del caso concreto
Se quelle esposte sono in generale le misure di incentivo fiscale previste a livello sia di legislazione domestica italiana (agevolazione fiscale) a sia di normativa convenzionale (esenzione fiscale) a favore di docenti e ricercatori che si trasferiscono in Italia per svolgere la propria attività, la loro applicazione deve essere sempre preceduta da un’attenta valutazione sul riscontro dei requisiti di legge per il singolo caso in esame.
Tale analisi assume una importanza fondamentale, onde evitare che, a distanza di anni, in un ipotetico controllo fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate, tali incentivi fiscali vengano negati per irregolarità, magari meramente formali, con il conseguente recupero a tassazione dei redditi precedentemente ritenuti non imponibili da parte del contribuente.
7. Consulenza fiscale internazionale per il caso concreto
La verifica da parte di un professionista specializzato in Fiscalità internazionale circa l’applicabilità degli incentivi per il “rientro dei cervelli” nel preciso caso concreto costituisce un passaggio fondamentale.
Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza nell’applicazione degli incentivi in questione e nella comprensione dell’approccio dell’Amministrazione finanziaria rispetto ai relativi casi, anche sulla base di risposte dell’Agenzia delle Entrate non pubblicate.
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