L’Agenzia delle Entrate ha risposto ad un interpello con il quale una contribuente chiedeva se le agevolazioni per il c.d. rientro dei cervelli (prevista dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015) fosse compatibile con il c.d. regime forfettario previsto per i lavoratori autonomi (di cui all’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014).
1. Il quesito della contribuente sulla compatibilità tra agevolazioni fiscali e regime forfettario
Con istanza di interpello presentata dinanzi all’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 11 (comma 1, lett.a) della Legge n. 212/2000, una cittadina italiana esponeva di essere in possesso di laurea nonché di aver risieduto all’estero per più di 5 anni d’imposta e di voler rientrare in Italia per ivi beneficiare del trattamento fiscale di favore previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 per il c.d. rientro dei cervelli.
Dal momento che l’interessata rientrava in Italia al fine di svolgere un’attività di lavoro autonomo, ella riteneva che, oltre a poter beneficiare del regime fiscale agevolato per il c.d. rientro dei cervelli, potesse altresì fruire del c.d. regime forfettario ordinariamente previsto, dall’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014, per i lavoratori autonomi che ne rispettano le condizioni.
Chiaramente l’interpello veniva proposto dalla contribuente per ottenere conferma del Fisco circa l’interpretazione fornita sulla combinata applicazione dei due trattamenti fiscali di favore, in luogo della tassazione in misura ordinaria dei redditi di lavoro autonomo che sarebbero stati prodotti al suo rientro in Italia.
2. La risposta dell’Agenzia delle Entrate: incompatibilità tra i due trattamenti fiscali
L’Agenzia delle Entrate nell’esaminare l’istanza di interpello della contribuente ha preliminarmente ripercorso la normativa agevolativa sul c.d. rientro dei cervelli.
In particolare, il Fisco ha ricordato come l’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 abbia introdotto un regime speciale dedicato ai “lavoratori impatriati” con lo scopo di attrarre in Italia lavoratori con elevato grado di qualificazioni e specializzazioni e, quindi, di favorire lo sviluppo del tessuto economico italiano.
Per effetto dell’applicazione di tale regime, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo dei soggetti che rientrano in Italia concorrono (almeno secondo la normativa vigente al 31 dicembre 2018, successivamente modificata) alla formazione del reddito imponibile nella sola misura del 50% (con l’effetto che la restante parte del 50% rimane non imponibile ovvero “esente”), per un periodo di 5 anni (l’anno in cui avviene il trasferimento della residenza in Italia e per i 4 anni successivi).
Ne discende che l’agevolazione fiscale in commento agisce sul reddito di lavoro dipendente o autonomo, base imponibile per l’applicazione dell’IRPEF, sulla quale devono essere anche scomputati gli oneri deducibili (art. 10 del TUIR) e dalla cui imposta devono essere operate le detrazioni (art. 12 del TUIR).
Diversamente, nel caso del c.d. regime forfettario, di cui all’art. 1, comma 54, della Legge n. 190/2014 (così come da ultimo modificato con Legge n. 145/2018), applicabile ai lavoratori autonomi che ne soddisfino i requisiti, l’IRPEF (e le relative addizionali, così come l’IVA e l’IRAP) non trova applicazione, venendo rimpiazzata da un’imposta sostitutiva, nella misura del 15%, applicata su un ammontare pari al 78% (c.d. coefficiente di redditività) dei compensi del professionista.
In altri termini, quando si applica il c.d. regime forfettario, il reddito in questione, proprio perché assoggettato ad “imposta sostitutiva”, non concorre alla formazione del reddito complessivo imponibile ai fini dell’IRPEF (ai sensi dell’art. 3, comma 3, lettera a), del TUIR).
Da ciò l’Agenzia delle Entrate ha ricavato che, in costanza di applicazione del c.d. regime forfettario, non concorrendo il reddito di lavoro autonomo alla formazione del reddito complessivo ai fini IRPEF, non residua alcuna base imponibile per l’applicazione del beneficio fiscale previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 per il c.d. rientro dei cervelli.
In definitiva, l’Agenzia delle Entrate, con Risposta ad interpello n. 283 del 19 luglio 2019, ha prospettato alla contribuente di compiere una delle due scelte (tra loro alternative):
- o assoggettare i propri redditi di lavoro autonomo al regime fiscale c.d. forfettario, non permettendo ai propri compensi di concorrere alla formazione del reddito complessivo imponibile ai fini IRPEF;
- oppure rinunciare al c.d. regime forfettario, optando per l’applicazione dei benefici fiscali previsti per il c.d. rientro dei cervelli e, quindi, assoggettare i propri redditi ad IRPEF calcolata su una base imponibile del 50% (secondo la normativa in vigore al 31 dicembre 2018, poi modificata).
Chiaramente spetta alla contribuente valutare quale delle due scelte possa consentirle una migliore ottimizzazione fiscale.
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