La tematica degli aiuti di Stato sta assumendo una sempre maggiore importanza nel ristabilire il principio di libera concorrenza e di uguaglianza competitiva tra le imprese nel mercato dell’Unione europea, laddove la Commissione europea svolge il ruolo di “cane da guardia” per evitare che alcuni operatori economici possano beneficiare, a dispetto di altri, di incentivi.
Particolare aspetto degli aiuti di Stato, che merita di essere approfondito per le sue implicazioni presenti e future, è quello della relazione tra la normativa degli aiuti di Stato e l’applicazione delle regole di transfer pricing (prezzi di trasferimento) nell’ambito delle transazioni infra-gruppo.
Proprio l’applicazione dei metodi di transfer pricing è stato negli ultimi tempi posto in discussione da parte della Commissione europea, sul rilievo che queste non sempre si sposerebbero con il principio di libera concorrenza (arm’s length principle), potendo alimentare delle distorsioni nel “mercato interno” dell’Unione europea.
1. Aiuti di Stato e transfer pricing: la problematica
In relazione agli aiuti di Stato, le problematiche legate all’applicazione dei metodi di transfer pricing, così come previsti dalle Linee Guida elaborate dall’OCSE, si pongono soprattutto con riferimento al riscontro del requisito della “selettività” della misura implementata dallo Stato membro in questione.
Il requisito della selettività si considera integrata quando, partendo dal sistema fiscale di riferimento (“reference system”) si rilevi una distorsione o discriminazione (“derogation”) nel trattamento di un gruppo di imprese, in simili circostanze sotto il profilo sia legale sia sostanziale in relazione all’oggetto del sistema impositivo di riferimento, che non sia adeguatamente giustificata (“justification”).
Quando il trattamento riservato ad alcuni operatori abbia rilevanza fiscale e, più precisamente, sia riconducibile all’applicazione di una particolare metodologia di transfer princing, occorre verificare se queste ultime regole possono essere prese in considerazione come sistema generale di riferimento oppure se costituiscano una deroga al sistema di tassazione generale.
La scelta dell’una o dell’altra soluzione può condurre a risultati opposti, ovvero a ritenere la misura fiscale a beneficio di alcuni operatori come discriminatoria o, al contrario, in linea con il sistema impositivo.
2. Aiuti di stato e transfer pricing: l’approccio della Commissione UE
La Commissione europea ha prestato particolare attenzione alle connessioni tra gli aiuti di Stato e l’applicazione delle metodologie di transfer pricing sulla base delle Linee Guida OCSE, al fine di verificare se alcune misure adottate nei confronti di alcune multinazionali fossero o meno in linea con il principio di libera concorrenza nell’ambito del mercato unico dell’Unione europea.
Così è stato, ad esempio, nelle indagini condotte dalla Commissione europea nei riguardi delle multinazionali Apple, Starbucks, Amazon, IKEA, Huhtamaki e per il regime c.d. Belgium Excess Profit.
La problematica involta in queste indagini è stata proprio quella di verificare se le regole che governano i transfer prices siano o meno il riflesso del c.d. arm’s length principle ovvero del principio di libera concorrenza all’interno del mercato unico dell’Unione europea.
Ebbene, la Commissione europea sembra non apprezzare questo abbinamento, ovvero sembra escludere che, in linea di principio, l’applicazione delle regole di transfer pricing, nell’ambito delle transazioni infra-gruppo, diano come effetto l’applicazione di prezzi in linea con quelli di mercato frutto della libera concorrenza tra le imprese.
Più nello specifico, come chiarito dalla Commissione europea con le sue Comunicazioni in materia di aiuti di Stato e accordi fiscali (tax ruling) del 2016, come già affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (Corte di giustizia del 22 giugno 2006, Regno del Belgio e Forum 187/Commissione, cause riunite C-182/03 e C-217/03), le misure fiscali che determinano la riduzione del carico fiscale incombente sulle imprese nell’ambito di transazioni infra-gruppo quale effetto dell’applicazione di prezzi di trasferimento diversi da quelli che sarebbero stati applicati da imprese indipendenti, determina un vantaggio selettivo per tali imprese, tale da falsare la concorrenza.
Su queste basi sono stati considerati alla stregua di aiuti di Stato gli accordi preventivi (tax ruling) sui prezzi di trasferimento che, attraverso l’applicazione di particolari metodologie di transfer pricing, conducano a risultati non conformi a quelli di mercato. Quindi, intanto i metodi di transfer pricing possono essere ritenuti utili per determinare i prezzi delle transazioni infra-gruppo, in quanto costituiscano buona approssimazione dei prezzi praticati in condizioni di libero mercato.
A stabilire se nel caso concreto i prezzi di trasferimento siano o meno in linea con il principio di libera concorrenza (arm’s length principle) è la Commissione europea, nell’ambito della verifica sugli aiuti di Stato di cui all’art. 107 TFUE.
La Commissione europea può procedere a contestare la sussistenza di un aiuto di Stato anche nell’ipotesi in cui il Paese membro di riferimento non abbia ancora provveduto ad implementare nel proprio ordinamento interno una normativa sui prezzi di trasferimento astrattamente idonea a rispettare tale principio, venendo quest’ultimo assunto come principio generale immanente nella legislazione dell’Unione europea. Si ritiene, infatti, che il principio di libera concorrenza sia l’elemento basilare del funzionamento dell’economia di libero mercato dell’Unione europea, laddove le società indipendenti non devono ricevere un trattamento peggiore rispetto a quelle facenti parte di un gruppo di imprese.
In definitiva, gli accordi conclusi tra gli Stati e le imprese per la determinazione dei prezzi di trasferimento possono essere ritenuti illegittimi, se non in linea con il principio di libera concorrenza (arm’s length principle) a prescindere dal fatto che lo Stato abbia implementato o meno oppure introdotto erroneamente un tale principio nel proprio ordinamento. Ne consegue che, in caso di accertamento di un aiuto di Stato, la cui misura non sia stata precedentemente notificata alla Commissione europea (ai sensi dell’art. 108, comma 3, TFUE), le stesse imprese sono chiamate a restituire al relativo Stato il beneficio goduto, senza nemmeno potersi avvalere di una giustificazione come quella del legittimo affidamento.
Nonostante le imprese multinazionali prendano in considerazione le Linee Guida OCSE in materia di transfer pricing per la determinazione dei prezzi delle transazioni infra-gruppo, bisogna notare che queste non offrono garanzia di conformità rispetto al principio di libera concorrenza vigente nell’Unione europea, così come concepito dalla Commissione europea, in quanto tutto dipende dalla capacità del metodo di transfer pricing applicato ad intercettare il prezzo dettato dalla libera concorrenza nel mercato di riferimento.
La preoccupazione che interessa la Commissione europea sembra, in ultima analisi, essere anche quella di evitare che la base imponibile prodotta nell’Unione europea venga spostata e, quindi, tassata in altri Paesi o, come è anche accaduto, che questa semplicemente non venga attribuita a nessuno Stato e, quindi, vada esente da imposta. Per quest’ultimo motivo meno problematiche sembrano essere le situazioni in cui la il trasferimento della base imponibile da un Paese all’altro avvenga sulla base dell’applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, ovvero quale effetto del “bilanciamento” del potere impositivo degli Stati nell’ambito dei Trattati che ne disciplinano i rapporti.
Così come emerso nel corso di un recente incontro con il Prof. Jérôme Monsenego (Professore di Diritto Tributario Internazionale presso l’Università di Stoccolma), il problema attuale è quello di comprendere fino a che punto la Commissione europea vorrà spingersi con l’elaborazione delle nuove regole alla base del principio di libera concorrenza (arm’s length principle) e in che misura queste si discosteranno dalle Linee Guida OCSE, il che assumerà ancor più rilevanza per il settore della Digital Economy, laddove siamo ancora lontani dall’intravedere metodologie impositive attendibili.
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