La black list dei paradisi fiscali è andata costantemente modificandosi nel corso degli ultimi anni, ragione per cui è sempre consigliabile seguire gli aggiornamenti normativi per identificare l’attuale posizione dei singoli Stati esteri con i quali si intrattengono rapporti economici.
A rendere articolata la disciplina della lista dei paradisi fiscali, tuttavia, non è solo la loro costante modifica, a seconda della performance dei Paesi in essa inclusi, ma anche il fatto che diverse sono le black list previste a seconda dello scopo che intende perseguire la normativa fiscale presa di volta in volta a riferimento.
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1. Come vengono individuati i Paesi black list?
Le caratteristiche dei Paesi black list ,da considerarsi come paradisi fiscali, sono state identificate dall’OCSE già nel 1998, in occasione della pubblicazione del rapporto “Harmful Tax Competition – An Emerging Global Issue”, nei seguenti punti:
- sostanziale mancanza di imposte sui redditi delle imprese costituite nei propri territori;
- assenza, all’interno dei rispettivi ordinamenti giuridici, dell’obbligo per le società ivi costituite di svolgere un’affettiva attività d’impresa nei relativi territori;
- poca trasparenza del sistema legislativo e amministrativo, che consente a determinati soggetti di beneficiare di privilegi in termini di ridotta tassazione dei redditi;
- assenza di alcun meccanismo di scambio delle informazioni fiscali tra tali Paesi e gli altri Stati finalizzato a garantire la potestà impositiva di questi ultimi e a combattere i fenomeni di evasione ed elusione fiscale internazionale.
Per quanto attualmente continuino a persistere numerosi Paesi con un basso livello di tassazione sulle società, essendo tale aspetto relegato alle autonome strategie adoperate dagli Stati per la gestione delle relative finanze pubbliche, a grandi progressi si è assistito negli ultimi anni sotto il diverso aspetto dell’implementazione della trasparenza fiscale a livello internazionale.
Infatti si sono moltiplicati gli accordi bilaterali stipulati tra gli Stati sull’esempio dell’art. 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni e del Modello di TIEA (Tax Information Exchange Agreement) dell’OCSE.
Infine, si ricorda l’approvazione in sede OCSE nell’anno 2014 dello standard globale per lo scambio automatico multilaterale delle informazioni finanziarie (Standard for Automatic Exchange of Financial Information in Tax Matters), implementato sulla base del modello di Convenzione multilaterale sulla assistenza amministrativa del 1988.
2. Paesi black list secondo l’Unione Europea
Con decisione del 4 ottobre 2022 il Consiglio UE ha aggiornato la Black List dell’Unione Europea, individuati sulla base delle indagini portate avanti dalla Commissione UE.
La scelta della nuova lista dei paradisi fiscali è stata stilata esaminando la posizione di numerosi Paesi alla luce dei seguenti criteri:
- trasparenza fiscale e scambio di informazioni;
- presenza di regimi fiscali privilegiati e non necessità dei requisiti di sostanza economica delle attività;
- sistemi con imposizione inconsistente o uguale a zero.
Di seguito vengono indicati i nuovi Paesi della Black List UE:
- American Samoa
- Anguilla
- Bahamas
- Fiji
- Guam
- Palau
- Panama
- Samoa
- Trinidad and Tobago
- Turks and Caicos Islands
- US Virgin Islands
- Vanuatu
Lo strumento della Black List è utilizzato dall’Unione Europea per rilevare i rischi di abuso fiscale e concorrenza fiscale dannosa a livello internazionale associata ai diversi Paesi. A fronte della creazione di tale meccanismo di controllo dei Paesi esteri, la Commissione Europea ha avuto la possibilità di avviare un fattivo dialogo con le giurisdizioni estere al fine di concordare le misure idonee a rendere queste ultime compatibili con gli standard di trasparenza fiscale e di concorrenza fiscale non dannosa dell’Unione Europea.
Strano è il fatto che alcuni Paesi inseriti nella Black List UE siano ancora annoverati dall’Italia tra i Paesi white list di cui al D.M. 4 settembre 1996, relativamente al regime di esenzione dell’imposta sostitutiva sugli interessi da titoli pubblici, quotati o altre tipologie similari, pur essendo considerati dei paradisi fiscali dall’Unione Europea.
3. Paesi black list 2023 per l’Italia
Se quello precedentemente descritto costituisce il panorama dei caratteri dei Paesi black list condiviso a livello di Unione Europea, di seguito si riporta l’impostazione adottata dall’Italia per l’identificazione dei paradisi fiscali sotto diversi profili.
3.1. Costi Black List
La Legge di Bilancio 2023 introduce nell’art. 110 del TUIR i commi da 9-bis a 9-quinquie, con l’obiettivo di riattivare la disciplina speciale dei Costi Black List, ovvero relativa alle spese e agli altri componenti negativi di reddito derivanti da operazioni intercorse con imprese e professionisti localizzati in Stati o territori non cooperativi a fini fiscali.
Nello specifico, il comma 9-bis dispone la deducibilità di spese e altri componenti negativi di reddito, derivanti da operazioni intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali, nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’articolo 9 del TUIR, qualora tali operazioni abbiano avuto concreta esecuzione.
A tali componenti non trova applicazione il regime ordinario di deducibilità previsto dall’articolo 110 TUIR, restando deducibili solo entro il limite del valore normale, qualora derivino da operazioni che abbiano avuto concreta esecuzione.
SI ricorda che, ai sensi dell’art. 9 del TUIR, “valore normale” si definisce il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi.
Per determinare il valore normale occorre fare riferimento, ove possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Diversamente, per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.
Invece, per alcune categorie di beni il valore normale è determinato secondo queste regole art. 9, comma 4, del TUIR):
- per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;
- per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti;
- per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo.
Vengono considerati Paesi o territori non cooperativi a fini fiscali le giurisdizioni individuate nella Black List UE (lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali), adottata con conclusioni del Consiglio dell’Unione europea.
La citata disciplina di limite alla deduzione dei Costi Black List non si applica in presenza di due condizioni, che devono essere provate dalle imprese residenti in Italia:
- che le operazioni perfezionate rispondano ad un effettivo interesse economico;
- che tali operazioni abbiano avuto concreta esecuzione.
Per cui, qualora il costo risulti inferiore o uguale al valore normale del bene o servizio, lo stesso sarà deducibile per l’intero valore.
Al contrario, se il costo in questione risulta superiore, lo stesso sarà comunque ammesso in deduzione fino a concorrenza del valore normale. L’eccedenza rispetto al valore normale potrà essere dedotta dal reddito d’impresa del soggetto residente, qualora sia dimostrato che le operazioni perfezionate rispondono a un effettivo interesse economico e che le stesse hanno avuto concreta esecuzione.
Sotto il profilo degli adempimenti fiscali, viene precisato che le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni con Paesi Black List, nei limiti del loro valore normale o in assenza dell’applicazione di tale limite, devono essere separatamente indicati nella dichiarazione dei redditi.
A garanzia del contribuente viene stabilito che l’Agenzia delle Entrate, prima di procedere all’emissione dell’avviso di accertamento d’imposta o di maggiore imposta, deve notificare all’interessato un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove richiese dalla norma, relativamente alla effettiva esecuzione dell’operazione (per la deducibilità limitata, al valore normale) e l’ulteriore presenza di un effettivo interesse economico (per l’applicazione del regime ordinario).
Quando l’Agenzia delle Entrate non ritiene idonee le prove fornite dal contribuente, deve fornirne adeguata e specifica motivazione nell’avviso di accertamento.
Al contribuente è stata comunque la possibilità di avvalersi dello strumento dell’interpello probatorio all’Agenzia delle Entrate (art. 11, comma 1, lett. b), della Legge n. 212/2000), al fine di interpellare Agenzia delle Entrate in merito alla deducibilità di determinati costi che possano ricadere nella disciplina in commento.
I vincoli previsti in materia di Costi Black List, invece, non trovano applicazione in caso di operazioni intercorse con soggetti non residenti per cui risulti applicabile l’art. 167 del TUIR, riguardante la normativa in materia di imprese estere controllate (CFC – Controlled Foreign Companies). Si ricorda che la normativa sulle CFC ha l’obiettivo di rendere imponibili in capo ai soggetti residenti o stabiliti in Italia gli utili prodotti dalle società estere controllate che beneficiano di una tassazione ridotta nello Stato di insediamento e che, al tempo stesso, risultano titolari di determinate categorie di proventi (passive income), senza svolgere un’attività economica effettiva. L’imposizione derivante dall’applicazione delle disposizioni previste dalla disciplina CFC viene applicata al soggetto controllante italiano, in proporzione alla quota di partecipazione agli utili e in modo separato, a prescindere dalla effettiva percezione degli stessi utili sotto forma di dividendi.
E’ interessate notare come la Legge di Bilancio 2023 estenda i vincoli in materia di Costi Black List anche alle prestazioni di servizi rese dai professionisti domiciliati in Paesi Black List (Paesi o territori non collaborativi a fini fiscali).
Viene, altresì, stabilito che le sanzioni per le violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni (art. 8 del D.Lgs. n. 471/1997) trovino applicazione anche alle violazioni in materia di Costi Black List. Per l’effetto, quando l’omissione o incompletezza riguardi l’indicazione delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con Paesi Black List, si applica una sanzione amministrativa pari al 10% dell’importo complessivo delle spese e dei componenti negativi non indicati nella dichiarazione dei redditi, con un minimo di 500 ed un massimo di 50.000 euro.
Infine, alle imprese con attività internazionale che hanno accesso al regime dell’adempimento collaborativo, viene concessa la possibilità di sottoscrivere accordi preventivi (art. 31-ter, comma 2, del TUIR), in contraddittorio col Fisco, volti a definire i metodi di calcolo del valore normale delle operazioni con Paesi Black List da cui discendono componenti di reddito negativi parzialmente deducibili (ai sensi del comma 9-bis dell’art. 110 TUIR.
3.2. Società estere controllate: criteri per individuare i Paesi Black List
In attuazione della Direttiva ATAD dell’Unione Europea (n. 2016/1164/UE), con il D.Lgs. 29 novembre 2018, n. 142, è stata modificata la definizione dei Paesi black list ai fini della disciplina delle società estere controllare (CFC – Controlled Foreign Companies) localizzate nei paradisi fiscali, di cui all’art. 167, comma 4, del D.P.R. n. 917/1986.
Più in particolare, a decorrere dal 2019 un Paese può definirsi black list se, oltre a non far parte dell’Unione europea e nemmeno dello Spazio economico europeo, garantisce alle imprese controllate una tassazione effettiva inferiore al 50% di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia (unitamente anche al fatto che oltre 1/3 dei proventi conseguiti siano riconducibili a passive income o a determinate operazioni economiche a “rischio evasione”, salvo che il soggetto non sia dotato di una certa sostanza economica).
3.3. Residenza fiscale: Paesi black list ai fini della presunzione di “esterovestizione”
Per l’anno 2019 non vengono meno i Paesi black list per i quali vale la presunzione di permanenza in Italia della residenza fiscale delle persone fisiche, prevista dall’art. 2, comma 2-bis, del D.P.R. n. 917/1986.
Nella sostanza, se un contribuente persona fisica si trasferisce in uno di tali Paesi black list il Fisco italiano presume che egli non abbia perso la residenza fiscale italiana, senza nemmeno dover dimostrare, ad esempio, che il contribuente abbia mantenuto in Italia il suo centro degli interessi vitali.
Grava, al contrario, sul contribuente l’onere di provare che il trasferimento della propria residenza fiscale è effettivamente avvenuto e che a tale scopo sono stati rispettati i requisiti previsti dalla normativa italiana.
I Paesi black list ai fini della predetta presunzione sulla residenza fiscale delle persone fisiche è contenuta nel Decreto Ministeriale 4 maggio 1999, il quale riporta i seguenti Stati:
- Alderney (Aurigny)
- Andorra (Principat d’Andorra)
- Anguilla
- Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda)
- Antille Olandesi (Nederlandse Antillen)
- Aruba, Bahama (Bahamas)
- Bahrein (Dawlat al-Bahrain)
- Barbados
- Belize
- Bermuda
- Brunei (Negara Brunei Darussalam)
- Costa Rica (Republica de Costa Rica)
- Dominica
- Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-‘Arabiya al Muttahida)
- Ecuador (Repuplica del Ecuador)
- Filippine (Pilipinas)
- Gibilterra (Dominion of Gibraltar)
- Gibuti (Djibouti)
- Grenada, Guernsey (Bailiwick of Guernsey)
- Hong Kong (Xianggang)
- Isola di Man (Isle of Man)
- Isole Cayman (The Cayman Islands)
- Isole Cook
- Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands)
- Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands)
- Jersey
- Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya)
- Liberia (Republic of Liberia)
- Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein)
- Macao (Macau)
- Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia)
- Maldive (Divehi)
- Maurizio (Republic offMauritius)
- Monserrat
- Nauru (Republic of Nauru)
- Niue
- Oman (Saltanat ‘Oman)
- Panama (Republica de Panama`)
- Polinesia Francese (Polynesie Francaise)
- Monaco (Principaute` de Monaco)
- Sark (Sercq)
- Seicelle (Republic of Seychelles)
- Singapore (Republic of Singapore)
- Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts and Nevis)
- Saint Lucia
- Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and the Grenadines)
- Svizzera (Confederazione Svizzera)
- Taiwan (Chunghua MinKuo)
- Tonga (Puleanga Tonga)
- Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands)
- Tuvalu (The Tuvalu Islands)
- Uruguay (Republica Oriental del Uruguay)
- Vanuatu (Republic of Vanuatu)
- Samoa (Indipendent State of Samoa).
3.4. Scambio internazionale delle informazioni: il passaggio dai Paesi black list ai Paesi white list
Quanto ai Paesi black list considerati tali per la riluttanza rispetto allo scambio di informazioni con gli altri Stati, con la descritta implementazione dei meccanismi di trasparenza fiscale internazionale, ben pochi sono gli Stati che hanno rifiutato di collaborare con la restante comunità internazionale.
Ne deriva che a tale proposito è più sensato individuare una white list dei Paesi che hanno sottoscritto i predetti standard di trasparenza globale i quali, con specifico riferimento allo scambio automatico obbligatorio di informazioni fiscali, sono stati individuati con gli Allegati C e D del DM 28 dicembre 2015 e successive medifiche.
Per differenza, pertanto, è possibile ricavare i Paesi black list che ancora resistono a condividere la più diffusa logica di trasparenza fiscale globale e quelli che ancora non hanno sviluppato le procedure per garantire l’effettivo scambio di informazioni.
Si evidenzia che i Paesi white list che attualmente si sono impegnati a scambiare le informazioni (predetto Allegato D), anche alla luce delle modifiche intervenute il D.M. 4 maggio 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 12 maggio 2022 (quest’ultimo inserendo nella white list anche Paesi quali: Giamaica, Kenya, Moldavia e Uganda), risultano i seguenti:
- Albania
- Andorra
- Antigua e Barbuda
- Arabia Saudita
- Argentina
- Australia
- Austria
- Arzebaijan
- Barbados
- Bahamas
- Bahrain
- Belgio
- Belize
- Bermuda
- Bonaire
- Brasile
- Brunei
- Bulgaria
- Canada
- Cile
- Cipro
- Colombia
- Corea
- Costa Rica
- Croazia
- Curacao
- Danimarca
- Dominica
- Ecuador
- Emirati Arabi Uniti
- Estonia
- Federazione Russa
- Finlandia
- Francia
- Germania
- Ghana
- Giamaica
- Giappone
- Gibilterra
- Grecia
- Grenada
- Groenlandia
- Guernsey
- Hong Kong
- India
- Indonesia
- Irlanda
- Islanda
- Isola di Man
- Isole Cook
- Isole Faroe
- Isole Marshal
- Isole Turks e Caicos
- Isole Vergini Britanniche
- Israele
- Jersey
- Kazakistan
- Kenya
- Kuwait
- Lettonia
- Libano
- Liberia
- Liechtenstein
- Lituania
- Lussemburgo
- Malesia
- Malta
- Marocco
- Mauritius
- Messico
- Moldavia
- Monaco
- Monserrat
- Nauru
- Nigeria
- Niue
- Norvegia
- Nuova Zelanda
- Oman
- Paesi Bassi
- Pakistan
- Panama
- Perù
- Polonia
- Portogallo
- Qatar
- Regno Unito
- Repubblica Ceca
- Repubblica Popolare Cinese
- Repubblica Slovacca
- Romania
- Saba
- Saint Kitts e Nevis
- Saint Lucia
- Saint Vincent e Granadines
- Samoa
- San Marino
- Seychelles
- Singapore
- Sint Eustatius
- Slovenia
- Spagna
- Sudafrica
- Svezia
- Svizzera
- Turchia
- Uganda
- Ungheria
- Uruguay
- Vanuatu
Nella nuova era della trasparenza fiscale internazionale non vi è più spazio per strategie commerciali e fiscali estere avventate, stante il potere del Fisco di individuare i movimenti esteri dei soggetti residenti nel proprio Paese, per cui le operazioni internazionali necessitano di adeguate valutazioni di costi-benefici, attraverso le quali resta comunque possibile realizzare gli obiettivi di incremento dei profitti, del legittimo risparmio d’imposta oppure della protezione del patrimonio.
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4. Consulenza fiscale internazionale per il caso concreto
Le informazioni sopra indicate hanno carattere meramente generale, perché all’atto pratico la normativa fiscale internazionale è costellata di eccezioni e deroghe da applicarsi a seconda dei dettagli del preciso caso concreto in esame e che, quindi, non possono essere sottovalutate.
La fiscalità internazionale è la materia dei dettagli. Spesso accade che, anche un singolo dettaglio del caso concreto, apparentemente irrilevante, richieda una soluzione della problematica completamente diversa da quella ritenuta adeguata a un primo sguardo della situazione.
Inoltre, l’approfondimento della situazione concreta spesso esclude delle irregolarità che il contribuente pensava di aver commesso e, invece, mette in luce delle problematiche che il contribuente nemmeno pensava di avere.
Questo può capitare se il contribuente esamina la propria posizione dal punto di vista di una sola norma ritenuta “a priori” applicabile, quando, invece, il caso deve essere inquadrato, attraverso la necessaria analisi condotta alla luce dell’intero ordinamento tributario, sotto il profilo di una diversa norma.
Quindi, l’analisi fiscale internazionale è necessaria per inquadrare tutti i dettagli sostanziali del caso in esame ed evitare errori di valutazione da cui possano scaturire violazioni fiscali che darebbero luogo al recupero delle imposte evase e all’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, tali da erodere il reddito prodotto dal contribuente e causargli un grave danno economico.
D’altra parte, la difesa da un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non può mai essere efficace quanto la prevenzione delle violazioni fiscali attuata con una strategia di analisi preventiva.
Quindi la verifica da parte di un professionista specializzato in fiscalità internazionale circa le problematiche del preciso caso concreto costituisce un passaggio essenziale.
Lo Studio ITAXA ha maturato una esperienza pluriennale nell’analisi delle questioni di fiscalità internazionale.
Se desideri richiedere una consulenza fiscale internazionale allo Studio ITAXA per il tuo preciso caso concreto, scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.
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