All’esito della seduta del 5 dicembre 2017 il Consiglio dell’Unione europea ECOFIN ha pubblicato la black list UE dei paradisi fiscali, ovvero dei Paesi riluttanti a collaborare in ambito tributario, nella quale compaiono le seguenti giurisdizioni: American Samoa, Bahrain, Barbados, Grenada, Guam, Corea del Sud, Macao, Isole Marshall, Mongolia, Namibia, Palau, Panama, Saint Lucia, Samoa, Trinidad e Tobago, Tunisia, Emirati Arabi Uniti.
Black list UE: i lavori per l’individuazione dei paradisi fiscali
La deliberazione del Consiglio ECOFIN in merito alla nuova black list UE dei paradisi fiscali fa seguito ad un anno di lavori dell’Unione europea volti, in primo luogo, a stabilire i criteri di selezione dei Paesi non collaborativi sotto il profilo fiscale e, quindi, a individuare e interpellare queste giurisdizioni per verificare le misure che intendevano assumere per non essere incluse nella black list UE.
In particolare, con la deliberazione del Consiglio ECOFIN dell’8 novembre 2016 venivano individuati i criteri da osservare per la creazione della black list UE dei paradisi fiscali.
I criteri individuati erano i seguenti:
- trasparenza fiscale: recepimento dei meccanismi elaborati dall’OCSE per lo scambio di informazioni tributarie a livello internazionale;
- tassazione equa: assenza di misure fiscali preferenziali e di meccanismi che agevolano la creazione di strutture societarie mirate esclusivamente all’attrazione dei profili i quali non riflettono l’attività effettivamente svolta nella giurisdizione di riferimento;
- implementazione delle misure anti-BEPS: l’adozione da parte delle giurisdizioni delle misure elaborate dall’OCSE, nell’ambito del Progetto BEPS, per combattere i fenomeni fiscalmente elusivi di erosione della base imponibile e di trasferimento dei profitti a livello internazionale (BEPS – Base Erosion and Profit Shifting).
La selezione delle giurisdizioni fiscali non collaborative da inserire nella black list UE veniva affidato al Gruppo “Codice di condotta (Tassazione delle imprese)”, istituito dal Consiglio UE nel 1998 per valutare le misure fiscali da adottare in coerenza con il codice di condotta in materia di tassazione delle imprese adottato nel 1997.
Black list UE: elenco dei paradisi fiscali
Sulla base dei descritti criteri il Consiglio ECONFIN, nella seduta del 5 dicembre 2017, portando a termine il lavoro durato un anno, ha deliberato la formazione della black list UE dei paradisi fiscali, inserendovi le seguenti giurisdizioni ritenute non collaborative:
– American Samoa;:
– Bahrain;
– Barbados;
– Grenada;
– Guam;
– Corea del Sud;
– Macao;
– Isole Marshall;
– Mongolia;
– Namibia;
– Palau;
– Panama;
– Saint Lucia;
– Samoa;
– Trinidad;
– Tobago;
– Tunisia;
– Emirati Arabi Uniti.
In pratica quelle elencate sono le giurisdizioni che, oltre a non rispettare i predetti requisiti minimi, nemmeno hanno dimostrato all’Unione europea di voler adottare nel breve periodo delle misure idonee a qualificarle come collaborative sotto il profilo fiscale.
Infatti nell’ambito del proprio lavoro di selezione, il Gruppo “Codice di condotta (Tassazione delle imprese)” rendeva noto alle giurisdizioni estere gli aspetti dei relativi ordinamenti fiscali che ne giustificavano l’inserimento della black list.
A fronte di tali segnalazioni, le predette giurisdizioni non hanno dimostrato un atteggiamento accondiscendente con l’Unione europea, spingendo il Consiglio a qualificarli come paradisi fiscali.
Diversamente, altre giurisdizioni alle quali il Consiglio manifestava le proprie perplessità, hanno avviato un dialogo propositivo, impegnandosi ad adottare le misure adeguate per diventare fiscalmente collaborativi secondo i criteri dinanzi evidenziati.
Queste ultime giurisdizioni non sono state inserite dal Consiglio nella black list UE, bensì in una sorta di gray list dei Paesi sotto osservazione, in attesa che divengano completamente collaborativi con l’Unione europea sotto il profilo fiscale.
Tuttavia, nell’attesa di tali cambiamenti, il Consiglio ha previsto la possibilità per l’Unione europea di adottare delle misure di difesa sia fiscale sia extra fiscale, al fine di prevenire l’erosione della base imponibile degli Stati membri.
D’altra parte, la black list UE dei paradisi fiscali è solo temporanea, dovendo essere aggiornata in funzione delle nuove giurisdizioni che decideranno di collaborare con l’Unione europea oppure, al contrario, di quelle che non terranno fede agli impegni assunti per rendersi collaborative.
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