L’adozione del Common Reporting Strandard (CRS), quale standard globale per lo scambio automatico delle informazioni in materia finanziaria, determinando la definitiva caduta del “segreto bancario” a livello mondiale, mette al bando i conti e le società offshore, facendo piena trasparenza sulle attività estere dei soggetti fiscalmente residenti in Italia e consentendo all’Agenzia delle Entrate di effettuare gli adeguati controlli sulla posizione fiscale di questi ultimi.
La riprova sta nel fatto che il Common Reporting Strandard è già stato adottato da Paesi che venivano storicamente considerati come “paradisi fiscali”, quali ad esempio: Anguilla, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Gibilterra, Jersey, Liechtenstein, Seychelles, che hanno effettuato il primo scambio di informazioni finanziarie già nel 2017, ed altri Paesi, come ad esempio: Andorra, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Barbados, Belize, Hong Kong, Monaco, Panama, Qatar, Arabia Saudita, Singapore, Svizzera, Emirati Arabi Uniti, per i quali si prevede il primo scambio di informazioni finanziarie si è avuto nell’anno 2018.
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1. Il principio di trasparenza finanziaria globale alla base del Common Reporting Standard
Lo sviluppo dell’economia globalizzata negli ultimi anni ha permesso ai contribuenti di svolgere le proprie attività all’estero nonché di detenere conti correnti e società in Paesi diversi rispetto a quelli della propria residenza fiscale.
In tale contesto, la presenza di Paesi definibili come “paradisi fiscali” – in ragione del basso livello di tassazione e della scarsa “trasparenza” rispetto alle attività condotte dai contribuenti esteri nel proprio territorio (il cui anonimato è stato spesso garantito dal “segreto bancario”) – ha messo a disposizione dei contribuenti diverse “scappatoie” per occultare i propri redditi e conti esteri, al fine di evadere le imposte nei Paesi della rispettiva residenza, nei quali sarebbero dovuti essere tassati in base al principio della “tassazione mondiale dei redditi” (c.d. worldwide taxation principle).
I problemi di evasione ed elusione fiscale che ne sono derivati hanno riguardato numerosi Paesi i quali, condividendo l’interesse per la tutela della potestà impositiva sui redditi di propria competenza, hanno deciso di unire le forze per abolire il “segreto bancario” a livello mondiale, attraverso la creazione di un sistema di trasparenza finanziaria e fiscale globale.
2. I lavori dell’OCSE per l’introduzione del Common Reporting Standard
Le azioni dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) per l’implementazione della trasparenza a livello globale sono andate intensificandosi negli ultimi anni.
Se prima dell’anno 2012 l’OCSE si era concentrata nell’elaborazione di standard per lo scambio di informazioni “su richiesta”, “spontaneo” e “automatico”(come il Modello di Convenzione per lo Mutua Assistenza Amministrativa in Materia Fiscale, l’art. 26 del Modello di Convenzione Contro le Doppie Imposizioni e il Modello di Convenzione per lo Scambio di Informazioni Fiscali), successivamente gli sforzi dell’Organizzazione si sono concentrati nella elaborazione di un modello per lo scambio di informazioni di natura finanziaria di tipo “automatico”.
Un grande impulso all’azione dell’OCSE in questa direzione è stato dato dall’adozione, da parte del Governo degli Stati Uniti della normativa FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) la quale, con l’obiettivo di tutelare la potestà impositiva di quest’ultimo Paese e per sconfiggere i fenomeni di evasione e di elusione fiscale perpetrati dai contribuenti americani, ha introdotto un sistema di scambio di informazioni finanziarie di tipo “automatico” con i numerosi Paesi esteri che vi hanno aderito.
In Italia la normativa FATCA è stata attuata attraverso la sottoscrizione, il 10 gennaio 2014, dell’accordo intergovernativo tra Italia e USA (IGA – Intergovernamental Agreement Model 1), in base al quale l’Agenzia delle Entrate si impegna a scambiare con le Autorità fiscali americane le informazioni finanziarie relative ai contribuenti statunitensi che dispongono di “conti finanziari” in Italia. Chiaramente dette informazioni pervengono all’Agenzia delle Entrate da parte delle istituzioni finanziarie italiane che verificano la “americanità” dei propri clienti.
Ebbene, essendo riusciti gli Stati Uniti a demolire nei propri confronti il “segreto bancario” di numerosi Paesi (come la Svizzera), non vi erano più valide ragioni per impedire che questi ultimi fornissero le informazioni finanziarie anche agli altri Paesi impegnati nella lotta all’evasione e all’elusione fiscale internazionale.
Prendendo spunto dal sistema di scambio di informazioni “automatico” della normativa FATCA, quindi, l’OCSE si è determinata ad elaborare un proprio standard di scambio di informazioni finanziarie “automatico”, vale a dire il Common Reporting Standard approvato il 15 luglio 2014, il quale si differenzia dal FATCA per la sua natura multilaterale nonché per il fatto che il modello statunitense fa riferimento, non solo alla “residenza”, ma anche alla “cittadinanza” dei contribuenti, prevedendo, inoltre, un sistema di ritenute non previsto dallo standard dell’OCSE.
Per adottare il Common Reporting Standard i Paesi aderenti hanno dovuto sottoscrivere il c.d. Model Competent Authority Agreement (CAA), vale a dire un modello elaborato dall’OCSE il quale permette la trasmissione dei dati finanziari attraverso l’utilizzato degli strumenti giuridici l’art. 26 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni oppure l’art. 6 della Convenzione Multilaterale sulla Mutua Assistenza in Materia Fiscale. Quest’ultima, per la sua natura multilaterale è stata indicata dall’OCSE come lo strumento prediletto per la più efficiente implementazione dello scambio “automatico” delle informazioni secondo il Common Reporting Standard.
L’elaborazione della normativa FATCA da parte degli Stati Uniti e del Common Reporting Standard a livello OCSE ha dato una grande spinta al processo di implementazione dello scambio automatico delle informazioni finanziarie all’interno dell’Unione europea, che ha portato quest’ultima a modificare, nell’anno 2014, con la Direttiva 2014/107/UE (c.d. DAC 2), la precedente Direttiva 2011/16/UE (c.d. DAC 1), estendendo lo scambio automatico delle informazioni ai conti finanziari (rispetto ai dati relativi a: interessi, dividendi e altri proventi, al saldo e agli importi derivanti dalla cessione di prodotti finanziari). Ulteriori integrazioni sono state previste dalla Direttiva 2015/2376/UE (c.d. DAC 3), per introdurre lo scambio automatico dei cross-border tax rulings e degli advance pricing arrangements nonché, da ultimo, con la Direttiva 2016/881/UE (c.d. DAC 4) del 25 maggio 2016, per lo scambio dei c.d. Country-by-Country Reports relativamente ai dati riguardanti l’allocazione delle risorse e dei redditi dei gruppi di imprese multinazionali.
3. Scopo e funzionamento del Common Reporting Standard
Lo scopo principale del Common Reporting Standard è quello di garantire un sistema efficiente di scambio di informazioni relativamente agli investimenti detenuti e ai redditi (quali interessi, dividendi e altre tipologie di redditi) conseguiti all’estero dai contribuenti residenti dei diversi Paesi aderenti.
Consapevole del fatto che spesso i fenomeni di evasione ed elusione fiscale internazionale vengono perpetrati dai contribuente attraverso strumenti societari e fiduciari – quali, trust, società fiduciarie, shell companies, conduit compaies, oppure altre entità interposte rispetto al relativo diretto interessato – l’OCSE ha ritenuto opportuno richiedere agli intermediari finanziari di adottare un approccio “look through” per individuare il “beneficiario effettivo” che si “nasconda” dietro le entità fiduciarie e societarie con le quali vengono di volta in volta in contatto.
Quando, invece, alla individuazione degli intermediari finanziari obbligati allo scambio automatico di informazioni, l’OCSE ha esteso l’ambito di applicazione non solo alle banche, ma anche ad altre istituzioni finanziarie come brokers, veicoli collettivi di investimento e alcune tipologie di compagnie assicurative.
In pratica, in linea generale, in base agli obblighi previsti dal Common Reporting Standard a carico degli istituti finanziari, questi sono tenuti:
- a identificare i soggetti residenti all’estero che richiedono l’apertura di un nuovo conto corrente o che erano già titolari di un conto corrente;
- comunicare alle Autorità fiscali i dati relativi ai soggetti non residenti i quali vengono da queste successivamente trasmessi alle Amministrazioni finanziarie dei Paesi di rispettiva residenza dei contribuenti.
4. Gli ex paradisi fiscali aderenti al Common Reporting Standard
Tra i Paesi storicamente considerati “paradisi fiscali”, che hanno attualmente aderito al Common Reporting Standard, troviamo ad esempio i seguenti:
– Anguilla, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman, Gibilterra, Jersey, Liechtenstein, Seychelles, che effettueranno il primo scambio di informazioni finanziarie già nel 2017;
– Andorra, Antigua e Barbuda, Aruba, Bahamas, Barbados, Belize, Hong Kong, Monaco, Panama, Qatar, Arabia Saudita, Singapore, Svizzera, Emirati Arabi Uniti, per i quali si prevede il primo scambio di informazioni finanziarie nell’anno 2018.
5. Scambio internazionale delle informazioni: il passaggio dai Paesi black list ai Paesi white list
Quanto ai Paesi black list considerati tali per la riluttanza rispetto allo scambio di informazioni con gli altri Stati, con la descritta implementazione dei meccanismi di trasparenza fiscale internazionale, ben pochi sono gli Stati che hanno rifiutato di collaborare con la restante comunità internazionale.
Ne deriva che a tale proposito è più sensato individuare una white list dei Paesi che hanno sottoscritto i predetti standard di trasparenza globale i quali, con specifico riferimento allo scambio automatico obbligatorio di informazioni fiscali, sono stati individuati con gli Allegati C e D del DM 28 dicembre 2015 e successive medifiche.
Per differenza, pertanto, è possibile ricavare i Paesi black list che ancora resistono a condividere la più diffusa logica di trasparenza fiscale globale e quelli che ancora non hanno sviluppato le procedure per garantire l’effettivo scambio di informazioni.
Si evidenzia che i Paesi white list che attualmente si sono impegnati a scambiare le informazioni (predetto Allegato D), anche alla luce delle modifiche intervenute il D.M. 4 maggio 2022, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 110 del 12 maggio 2022 (quest’ultimo inserendo nella white list anche Paesi quali: Giamaica, Kenya, Moldavia e Uganda), risultano i seguenti:
- Albania
- Andorra
- Antigua e Barbuda
- Arabia Saudita
- Argentina
- Australia
- Austria
- Arzebaijan
- Barbados
- Bahamas
- Bahrain
- Belgio
- Belize
- Bermuda
- Bonaire
- Brasile
- Brunei
- Bulgaria
- Canada
- Cile
- Cipro
- Colombia
- Corea
- Costa Rica
- Croazia
- Curacao
- Danimarca
- Dominica
- Ecuador
- Emirati Arabi Uniti
- Estonia
- Federazione Russa
- Finlandia
- Francia
- Germania
- Ghana
- Giamaica
- Giappone
- Gibilterra
- Grecia
- Grenada
- Groenlandia
- Guernsey
- Hong Kong
- India
- Indonesia
- Irlanda
- Islanda
- Isola di Man
- Isole Cook
- Isole Faroe
- Isole Marshal
- Isole Turks e Caicos
- Isole Vergini Britanniche
- Israele
- Jersey
- Kazakistan
- Kenya
- Kuwait
- Lettonia
- Libano
- Liberia
- Liechtenstein
- Lituania
- Lussemburgo
- Malesia
- Malta
- Marocco
- Mauritius
- Messico
- Moldavia
- Monaco
- Monserrat
- Nauru
- Nigeria
- Niue
- Norvegia
- Nuova Zelanda
- Oman
- Paesi Bassi
- Pakistan
- Panama
- Perù
- Polonia
- Portogallo
- Qatar
- Regno Unito
- Repubblica Ceca
- Repubblica Popolare Cinese
- Repubblica Slovacca
- Romania
- Saba
- Saint Kitts e Nevis
- Saint Lucia
- Saint Vincent e Granadines
- Samoa
- San Marino
- Seychelles
- Singapore
- Sint Eustatius
- Slovenia
- Spagna
- Sudafrica
- Svezia
- Svizzera
- Turchia
- Uganda
- Ungheria
- Uruguay
- Vanuatu
Nella nuova era della trasparenza fiscale internazionale non vi è più spazio per strategie commerciali e fiscali estere avventate, stante il potere del Fisco di individuare i movimenti esteri dei soggetti residenti nel proprio Paese, per cui le operazioni internazionali necessitano di adeguate valutazioni di costi-benefici, attraverso le quali resta comunque possibile realizzare gli obiettivi di incremento dei profitti, del legittimo risparmio d’imposta oppure della protezione del patrimonio.
6. Redditi e conti esteri alla prova del Common Reporting Standard
Per i contribuenti italiani che conseguono redditi o detengono conti all’estero non dichiarati all’Agenzia delle Entrate, l’effetto immediato Common Reporting Standard consiste nel fatto che i relativi dati finanziari – compresi quelli agli stessi riconducibili per il tramite di trust, società fiduciarie e shell companies – verranno trasmessi al Fisco italiano, il quale può utilizzarli per controllare la regolarità della relativa posizione fiscale.
Nei casi di riscontro di violazioni, l’Agenzia delle Entrate procede al recupero delle rispettive imposte evase e delle consequenziali sanzioni, nonché nell’ipotesi in cui l’evasione assuma rilevanza penale, a trasmettere la relativa notizia di reato all’Autorità giudiziaria che avvia l’azione penale.
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7. Le strategie dell’Agenzia delle Entrate per la lotta all’evasione fiscale internazionale: utilizzo dei dati derivanti dallo scambio di informazioni
7.1. L’attività di contrasto agli illeciti fiscali internazionali
Con la Circolare 7 maggio 2021, n. 4/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiare indicazioni in merito alle strategie di lotta all’evasione fiscale internazionale per i prossimi anni, le quali appaiono incentrate anche sull’utilizzo dei dati derivanti dallo scambio di informazioni fiscali a livello internazionale, le cui indicazioni di seguito si riportano.
Al fine di mantenere un presidio di legalità nell’ambito dell’economia globalizzata, preservando gli interessi erariali del Paese, l’Agenzia – ed in particolare il Settore contrasto illeciti – promuove, sul fronte internazionale, il contrasto ai fenomeni di illecito fiscale più diffusi, ad oggi realizzati prevalentemente mediante:
- l’allocazione fittizia all’estero della residenza fiscale;
- l’illecito trasferimento e/o la detenzione all’estero di attività produttive di reddito (anche per il tramite di altri soggetti esteri, interposti o esterovestiti).
L’Agenzia delle Entrate osserva come nell’attuale contesto, l’attività di contrasto agli illeciti fiscali, sia di matrice domestica, sia a connotazione transnazionale, non ha comunque subìto rallentamenti, continuando ad assicurare un efficace presidio rispetto alle fattispecie maggiormente lesive degli interessi della collettività, ancora più necessario nell’attuale scenario socio-economico.
L’operatività si svolge, principalmente, attraverso il Settore Contrasto illeciti, su due principali macro-aree: il contrasto alle frodi fiscali e il contrasto agli illeciti fiscali internazionali, e deve muoversi, con sempre maggiore tempestività rispetto al perpetrarsi delle condotte fraudolente, su due piani distinti, ma interconnessi reciprocamente:
- individuazione delle fattispecie più ricorrenti, ai fini della definizione e della pianificazione delle più efficienti strategie di prevenzione e di contrasto;
- esecuzione dei controlli a maggiore complessità ed aventi ad oggetto gli illeciti di maggiore rilevanza e connotati da elementi di novità.
Le predette attività, condotte a livello centrale, forniscono impulso alle Direzioni regionali per operare un capillare presidio sul territorio, in attuazione delle direttive e dei percorsi investigativi proposti, e sottintendono, in continuità con il più recente passato, l’interlocuzione strategica e la stretta collaborazione tra l’Agenzia e gli altri attori istituzionali impegnati nelle attività di contrasto degli illeciti fiscali, anche in coordinamento con le Autorità giudiziarie coinvolte in ragione dei profili penali connessi ai controlli fiscali.
A tale ultimo proposito, fermo il carattere implicito di indifferibilità ed urgenza delle attività connesse ai procedimenti penali e a tutte le ipotesi di contrasto a rilevanti fattispecie di frode, continueranno – anche nel perdurare dell’emergenza sanitaria in corso – ad essere assicurate le attività esterne di controllo, nel rispetto rigoroso dei protocolli di sicurezza previsti.
Per cui, l’Agenzia delle Entrate ha intenzione di rafforzare la propria attività di presidio finalizzata al contrasto agli illeciti fiscali internazionali maggiormente riscontrati sul territorio e mirata, nel contempo, ad individuare nuove forme di pianificazione fiscale, così da contemperare le già richiamate esigenze, sia di repressione che di prevenzione.
Il Settore Contrasto Illeciti procede con l’attività di controllo relativamente alle violazioni di maggiore rilevanza alla normativa del «monitoraggio fiscale», sia nei confronti degli intermediari tenuti alla trasmissione delle comunicazioni all’uopo previste, sia nei confronti dei contribuenti assoggettati all’obbligo dichiarativo.
L’attività di controllo inerente al monitoraggio fiscale, in particolare, mira al raggiungimento di un duplice scopo:
- da una parte, l’attività di contrasto tende alla verifica del rispetto delle previsioni di cui al decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, attraverso un’apposita attività selettiva orientata ad individuare le posizioni che, anche sulla base delle informazioni acquisite per il tramite dei dati trasmessi degli intermediari finanziari, risultano aver omesso totalmente o parzialmente gli adempimenti dichiarativi in merito alle attività estere di natura finanziaria;
- dall’altra, le attività di controllo sono orientate ad approfondire l’origine delle provviste oggetto di trasferimento e/o detenzione all’estero, così da far emergere situazioni di illecita provenienza e/o di indebita sottrazione al prelievo fiscale domestico.
Per cui l’Agenzia delle Entrate appare intenzionata a voler reprimere le seguenti irregolarità:
- violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale;
- omessa indicazione in dichiarazione degli imponibili relativi ai redditi di fonte estera.
A tali fini, in linea con le disposizioni di cui al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia, Prot. n. 268208 del 21 luglio 2020 (di attuazione dell’articolo 2 del Decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1990, n. 227), la Sezione Analisi e Strategie per il Contrasto agli Illeciti Fiscali Internazionali (in qualità di unità speciale costituita in attuazione dell’articolo 12, comma 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), procederà a formulare richieste, anche per masse di contribuenti, ai soggetti individuati dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, anche in merito alle informazioni relative ai titolari effettivi, con riferimento a specifiche operazioni con l’estero o rapporti ad esse collegati.
La fittizia allocazione all’estero della residenza fiscale continua ad essere oggetto di specifica analisi investigativa, sfruttando, in modo mirato e sistematico, le informazioni disponibili nelle banche dati in uso e i dati di fonte estera, anche di natura finanziaria, derivanti in particolare dallo scambio automatico, quali, inter alia, le informazioni pervenute tramite il Common Reporting Standard (CRS).
Le attività in argomento saranno svolte sia dalla struttura centrale dedicata, sia dalle Direzioni regionali, che potranno avvalersi degli applicativi già in uso, nonché dei percorsi investigativi già esistenti e che saranno sviluppati a livello centrale.
Anche con riferimento alle attività investigative rivolte a soggetti diversi dalle persone fisiche, proseguono e si intensificano i riscontri mirati ad intercettare situazioni connotate da schemi di pianificazione fiscale illecita, consolidati ovvero innovativi, perpetrati allo scopo di veicolare flussi finanziari e materia imponibile oltre i confini nazionali, con particolare riguardo anche agli intermediari finanziari e agli altri soggetti coinvolti, in violazione degli obblighi correlati agli adempimenti del monitoraggio fiscale e all’imposizione diretta ed indiretta.
A tal fine, sfruttando le informazioni acquisite, anche per il tramite della cooperazione amministrativa e dello scambio di informazioni su richiesta, vengono approfondite situazioni di fittizia interposizione nella titolarità di beni e redditi, allo scopo di intercettare le forme più complesse e articolate di evasione fiscale internazionale.
7.2. La cooperazione amministrativa in campo fiscale: incremento delle fonti informative derivanti dallo scambio automatico di informazioni
Lo scambio di informazioni rappresenta, nello specifico, una delle principali attività funzionali al contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale su scala internazionale.
In tal senso, l’Agenzia è impegnata a potenziare le attività connesse alle diverse tipologie di scambio di informazioni attivabili sulla base delle Direttive europee e degli accordi internazionali che disciplinano lo scambio su richiesta, spontaneo ed automatico.
La trasparenza fiscale, lo scambio di informazioni e, più in generale, la cooperazione internazionale rappresentano strumenti fondamentali per il contrasto ai meccanismi di sottodimensionamento di base imponibile, che sfruttano le asimmetrie impositive e informative tra gli Stati.
In tale ottica, prosegue il processo del Fisco di valorizzazione, nell’ambito del contrasto all’evasione e all’elusione internazionale, del patrimonio informativo disponibile, soprattutto attraverso il potenziamento degli strumenti di scambio automatico di informazioni e lo sforzo per garantire una maggiore efficienza e trasversalità dei flussi informativi sulle attività internazionali tra le strutture centrali e territoriali dell’Agenzia su cui tali attività impattano.
L’Agenzia delle entrate è, inoltre, impegnata nella valorizzazione delle attività di cooperazione internazionale relative alla mutua assistenza alla riscossione.
Nell’ottica di un potenziamento degli strumenti di riscossione internazionale, nel corso del 2021, è stato potenziato l’applicativo informatico che ha la finalità di promuovere il ricorso, da parte degli Uffici dell’Agenzia, alla cooperazione in materia di riscossione, come ulteriore mezzo di tutela del credito erariale, consentendo la selezione, in autonomia, dei crediti dell’Erario, per i quali vi siano i presupposti per l’attivazione della cooperazione internazionale, come, ad esempio, la possibile esistenza di redditi e/o di elementi patrimoniali di fonte estera.
In tale applicativo, è stato valorizzato, in particolare, il patrimonio informativo proveniente dallo scambio di informazioni automatico fra gli Stati europei, al fine di individuare potenziali redditi/beni aggredibili del soggetto debitore all’estero.
In tale contesto, è stato istituito anche un tavolo di lavoro con l’Agenzia delle entrate-Riscossione, al fine di rafforzare le sinergie con gli Agenti della riscossione e rendere più efficiente il flusso informativo relativo a tale forma di cooperazione.
Inoltre, l’Agenzia prosegue la sua opera di potenziamento delle attività connesse alle diverse tipologie di scambio di informazioni, attivabili sulla base delle Direttive europee e degli accordi internazionali che disciplinano lo scambio su richiesta, spontaneo ed automatico.
Per una corretta gestione dell’attività di scambio di informazioni su richiesta e spontaneo, sono in corso di aggiornamento le istruzioni operative per le strutture territoriali per migliorare l’efficacia dello scambio.
Per quanto concerne l’evoluzione dello scambio automatico, con particolare riguardo alle nuove tipologie di informazioni oggetto di scambio, si segnala che, nel corso del 2020, è stata finalizzata l’attuazione della direttiva (UE) n. 822/2018 del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE, per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica (c.d. DAC6), mediante l’approvazione del decreto legislativo di recepimento (decreto legislativo 30 luglio 2020, n. 100), del decreto ministeriale di attuazione (decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 17 novembre 2020) e del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, Prot. n. 364425 del 26 novembre 2020. L’attività di raccolta delle informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti alla notifica, in considerazione della facoltà di proroga dell’avvio, esercitata dall’Italia, in virtù della direttiva (UE) 2020/876 del 24 giugno 2020 del Consiglio, è stata avviata il 1° gennaio del 2021 e il primo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali si è concluso a fine aprile 2021.
Inoltre, il 22 marzo 2021, il Consiglio ha approvato la Direttiva (UE) n. 2021/514 che modifica la Direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (c.d. DAC 7). Tale direttiva, oltre ad apportare rilevanti innovazioni all’impianto originario della direttiva 2011/16/UE, per rafforzare il meccanismo di scambio di informazioni fra gli Stati membri, introduce una nuova forma di scambio automatico in relazione alle informazioni comunicate dai gestori di piattaforme.
Le disposizioni della Direttiva, fatta eccezione per quelle riguardanti le verifiche congiunte, che si applicheranno dal 1° gennaio 2024, saranno applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2023.
In considerazione dell’incremento delle forme di scambio automatico e della necessità di rispondere alle istanze provenienti sia dall’interno che dagli Organismi internazionali, l’Ufficio Cooperazione Internazionale prosegue nello sviluppo degli strumenti informatici che consentano una maggiore efficacia nella gestione e nel monitoraggio dello scambio di informazioni.
Inoltre, è stato anche avviato, nel 2020, un progetto specifico avente ad oggetto la predisposizione e l’implementazione del quadro amministrativo italiano per la compliance delle istituzioni finanziarie nell’ambito del Common reporting standard – CRS, con l’obiettivo, tra gli altri, di elaborare linee guida e istruzioni per i controlli in coerenza con lo standard internazionale definito nel Modello comune per la comunicazione di informazioni su conti finanziari in materia fiscale, da parte di istituzioni finanziarie di giurisdizioni partecipanti alle rispettive autorità competenti, ai fini dello scambio automatico delle predette informazioni (Common reporting standard – CRS) e nel relativo Commentario, così come nel Manuale di attuazione del Common reporting standard (CRS Implementation handbook). Come sopra anticipato, all’esito della prima fase del progetto relativa ai controlli, svolta dalla Direzione Centrale Grandi Contribuenti, le attività saranno demandate alle Direzioni regionali successivamente allo svolgimento dell’attività di formazione rivolta alle strutture operative.
7.3. Utilizzo dei dati provenienti da scambio automatico di informazioni
L’accresciuto numero di iniziative in materia di scambio automatico di informazioni, nonché dei crescenti flussi di dati e della numerosità di soggetti coinvolti, evidenzia la necessità, per l’Agenzia, di dotarsi di strumenti operativi che consentano di gestire in maniera adeguata e proficua i predetti flussi.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle informazioni ricevute mediante lo scambio automatico, l’Agenzia delle Entrate prosegue l’attività di validazione anagrafica, che consente l’effettiva fruibilità dei dati da parte degli Uffici dell’Agenzia.
Tutti i dati scambiati in via automatica vengono, al momento, gestiti essenzialmente a livello centrale.
Nell’ottica di un approccio centralizzato all’utilizzo dei dati e volto alla valorizzazione delle sinergie interne, finalizzate a rendere l’utilizzo dei dati direttamente funzionale alla promozione delle attività di compliance e di mirate attività di contrasto dell’evasione, sono state definite, per ciascuna tipologia di scambio automatico, le procedure per la messa a disposizione e il conseguente utilizzo dei dati da parte delle strutture competenti della Divisione Contribuenti.
Inoltre, l’Ufficio Cooperazione Internazionale sta sviluppando strumenti di data warehouse per l’analisi dei dati che consentano di massimizzare il potenziale informativo dello scambio automatico, sia sotto il profilo del patrimonio informativo disponibile, che del corretto funzionamento dello scambio di informazioni.
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7.4. Lettera di compliance dell’Agenzia delle Entrate
Con Provvedimento n. 40601 del 2022 l’Agenzia delle Entrate ha stabilito di continuare l’invio di comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo nei riguardi di contribuenti che non hanno dichiarato (in tutto o in parte) le attività finanziaria (es. conto corrente) detenute all’estero, così come richiesto dalla normativa sul monitoraggio fiscale (Quadro RW), e gli eventuali redditi derivanti da dette attività estere.
Le comunicazioni vengono inviate ai contribuenti che riscontrano delle “anomalie” fiscali più evidenti, ovvero selezionati in base a criteri che permettano di identificare solo i soggetti ad alto rischio di evasione fiscale, con l’esclusione di coloro che, invece, non tenuti ai predetti adempimenti fiscali o per i quali le irregolarità sussistano sul piano prettamente formale.
Queste comunicazioni contengono le seguenti informazioni:
a) codice fiscale, cognome e nome del contribuente;
b) numero identificativo della comunicazione e anno d’imposta;
c) codice atto;
d) descrizione della tipologia di anomalia riscontrata, che può riguardare gli obblighi di monitoraggio fiscale e/o l’indicazione degli imponibili relativi ai redditi di fonte estera;
e) possibilità per il destinatario di verificare i dati di fonte estera che lo riguardano, accedendo alla sezione “l’Agenzia scrive” del proprio Cassetto fiscale;
f) istruzioni (contenute in un apposito allegato) circa gli adempimenti necessari per regolarizzare la propria posizione, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso;
g) invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione, anche tramite il canale di assistenza CIVIS, nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nelle informazioni pervenute dalle Amministrazioni estere o che abbia già assolto gli obblighi dichiarativi per il tramite di un intermediario residente;
h) modalità per richiedere ulteriori informazioni, contattando la Direzione Provinciale competente, prioritariamente mediante PEC, e-mail o telefono, e, per tutta la durata dell’emergenza Coronavirus, recandosi in ufficio solo nei casi assolutamente indispensabili e dopo averne verificato, previo
contatto telefonico, l’effettiva esigenza, come da indicazioni presenti sul sito internet dell’Agenzia delle entrate.
Qualora il contribuente, ricevuta la comunicazione, si rendesse conto di non poter adeguatamente giustificare o difendere le anomalie riscontrate a proprio carico, ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione fiscale presentando una dichiarazione integrativa, di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, versando le imposte dovute e le sanzioni ridotte (oltre interessi).
Di seguito, invece, approfondiamo:
- i poteri di informativi dell’Agenzia delle Entrate sulle attività detenute all’estero dai contribuenti fiscalmente residenti in Italia;
- l’attività di accertamento fiscale dell’Amministrazione finanziaria conseguente al riscontro di anomalie fiscali a carico dei contribuenti.
Leggi anche: Fiscalità internazionale: errori da evitare per tutelarsi.