Con una recente risposta ad interpello l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito al regime impositivo da riservarsi ai contribuenti fiscalmente residenti in Italia impegnati come lavoratori nel settore marittimo a bordo di navi battenti bandiera estera.
Ebbene, il caso è quello di un lavoratore marittimo, cittadino spagnolo, impiegato alle dipendenze di una società con sede nelle Isole Vergini, per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, a bordo di una nave battente bandiera degli Stati Uniti, di proprietà di una società avente anch’essa sede negli Stati Uniti.
Essendo l’interessato intenzionato a trasferire la propria residenza fiscale in Italia a decorrere dall’anno 2020, ha chiesto all’Amministrazione finanziaria se i redditi prodotti all’estero, derivanti dal lavoro marittimo, sarebbero stati sottoposti ad imposizione in Italia con l’acquisizione della residenza fiscale italiana.
L’Agenzia delle Entrate ha analizzato la questione muovendo dalla questione della residenza fiscale del contribuente, evidenziando come l’acquisizione della residenza fiscale italiana si perfezioni, alternativamente, con l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente in Italia oppure con il trasferimento nel territorio italiano del “domicilio” o della “residenza” così come qualificati dal Codice Civile.
Chiaramente, non avendo il Fisco elementi sufficienti per determinare se, nel preciso caso concreto, il contribuente fosse effettivamente in possesso dei requisiti per definirsi fiscalmente residente in Italia nell’anno 2020, l’Agenzia delle Entrate assume astrattamente che detto trasferimento si sia perfezionato, proseguendo l’analisi rispetto alla tassazione dei redditi derivanti da lavoro marittimo prodotti da un soggetto fiscalmente residente in Italia.
Sotto quest’ultimo profilo, l’Amministrazione finanziaria ha rilevato che la disciplina dei redditi prodotti dai lavoratori marittimi operanti all’estero, per un periodo superiore a 183 giorni su un arco temporale di 12 mesi, è contenuta nella legge n. 88/2001, la quale ha fornito un’interpretazione autentica del vigente art. 51, comma 8-bis), del TUIR.
In particolare, quest’ultima disposizione viene interpretata “nel senso che per i lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera, per i quali, ai sensi dell’articolo 4, comma 1, e dell’articolo 5, comma 3, del decreto legge 31 luglio 1987, n. 317, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 1987, n. 398, non è applicabile il calcolo sulla base della retribuzione convenzionale, continua ad essere escluso dalla base imponibile fiscale il reddito derivante dall’attività prestata su tali navi per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi“.
In altri termini, per i lavoratori marittimi italiani, operanti su navi battenti bandiera estera per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, i redditi esteri non sono assoggettati ad imposizione in Italia, anche quando detti contribuenti mantengano la residenza fiscale italiana.
Ne consegue che tali soggetti sono esonerati dalla dichiarazione dei redditi prodotti all’estero (circolare dell’Agenzia delle Entrate del 20 giugno 2002 n. 55/E).
La problematica principale che si era posta nel caso di specie era che la norma di esenzione dei redditi si riferisca ai “lavoratori marittimi italiani“, per cui, ad una prima analisi, la disposizione sembrerebbe escludere dal beneficio fiscale i redditi percepiti dai cittadini stranieri che siano fiscalmente residenti in Italia.
D’altra parte, è apparso altrettanto evidente la potenziale discriminazione che avrebbe dato luogo il diverso trattamento di due contribuenti, entrambi fiscalmente residenti in Italia e impegnati nel lavoro marittimo all’estero, per il solo fatto di avere diversa nazionalità, italiana in un caso e spagnola nell’altro.
Proprio in ragione della potenziale discriminazione che avrebbe dato luogo l’esclusione del cittadino spagnolo dal beneficio della esenzione fiscale accordata ai cittadini italiani, l’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n. 134/2020, ha ritenuto che la norma in questione andasse letta alla luce del principio di “non discriminazione” che regola i rapporti tra l’Italia e la Spagna.
Nello specifico, l’art. 23, paragrafo 1, della Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia e la Spagna (ratificata con legge 29 settembre 1980, n. 663), prevede che: “I nazionali di uno Stato contraente, siano essi residenti o non di uno degli Stati contraenti, non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione od obbligo ad essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione“.
Proprio in applicazione di questa disposizione convenzionale, il Fisco ha osservato che il contribuente, cittadino spagnolo, nel momento in cui divenisse fiscalmente residente in Italia, non potrebbe essere discriminato rispetto agli italiani che si trovino nelle medesime condizioni giuridiche stabilite dalla legge.
Per tale motivo, la dicitura “lavoratori marittimi italiani” recata dalla legge n. 88 del 2001 è estesa, oltre che ai marittimi con nazionalità italiana, anche a tutti i soggetti con cittadinanza spagnola fiscalmente residenti nel territorio dello Stato italiano.
Una volta rispettato il principio di “non discriminazione” dei cittadini spagnoli, l’Agenzia delle Entrate è giunta alla conclusione che il reddito corrisposto al lavoratore marittimo istante, a fronte dell’attività lavorativa svolta in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi, anche a cavallo di due periodi d’imposta (cfr. articolo 51, comma 8-bis, del TUIR) su nave battente bandiera estera, deve essere escluso dalla base imponibile dell’anno o degli anni d’imposta di riferimento.
In definitiva, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto al contribuente l’esenzione fiscale sui redditi percepiti per il lavoro marittimo svolto all’estero, con l’effetto che tali redditi non devono essere né tassati nè dichiarati in Italia.
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