La tematica della fiscalità delle imprese multinazionali attira sempre più attenzione nell’attuale economia globalizzata.
Le politiche dei Paesi in merito alla tassazione delle imprese multinazionali producono effetti sempre più determinanti nelle scelte di queste ultime. Tali influenze sono destinate a creare delle distorsioni nelle scelte delle imprese, con risvolti sia negativi sia positivi nell’ambito dell’ottimizzazione dei risultati economici aziendali.
Il problema di fondo in realtà è costituito dal fatto che i sistemi fiscali degli Stati sono troppo obsoleti per poter cogliere nella corretta misura i fenomeni che caratterizzano l’economia moderna.
L’approccio alla fiscalità internazionale che caratterizza gli ordinamenti tributari nazionali, infatti, trova sostanzialmente origine negli anni ’20, quando il commercio internazionale era costituito per la maggior parte da trasporto di merce da un Paese all’altro e, pertanto, l’operatività delle aziende all’estero necessitava della loro presenza fisica o legale nel territorio straniero.
A quel tempo, quindi, l’assenza della globalizzazione dei mercati, della digitalizzazione dell’economia e della valorizzazione dei beni materiali non creava i presupposti affinché le Nazioni si interrogassero sulle relative problematiche nel predisporre i rispettivi sistemi fiscali.
Ne deriva che attualmente, invece, quei vecchi sistemi fiscali non risultano più adeguati ad un’economia in cui i profitti non sono più allocati dov’è localizzata la sostanza economica dell’attività d’impresa, cosicché gli ordinamenti tributari fungono addirittura da strumenti a favore delle imprese multinazionali per decidere dove localizzare i propri investimenti a livello internazionale in modo da ottenere i migliori benefici fiscali.
La messa in atto di tali strategie fiscali comporta chiari effetti negativi sull’economia mondiale, sotto diversi profili.
Le misure fiscali messe in atto dai Paesi nei relativi ordinamenti tributari possono costituire “ostacoli alla concorrenza”, in quanto possono comportare distorsioni nei mercati internazionali, quando esse prevedono diversi trattamenti fiscali tra le imprese straniere e quelle domestiche.
Dette scelte possono produrre l’effetto di discriminare o limitare il commercio estero rispetto a quello interno o viceversa, creando i presupposti per distorsioni e restrizioni nel mercato.
Altresì, le scelte fiscali possono creare dei “disallineamenti” quando i sistemi tributari domestici hanno approcci differenti rispetto ai soggetti da tassare e ai presupposti impositivi, cosicché da sovrapporsi nella loro tassazione, dando luogo a fenomeni di “doppia imposizione”, oppure in modo da non tassarli, creano i presupposti per la loro “doppia non imposizione”.
Contro dette disparità di trattamento diverse misure sono state adottare dall’Unione europea, nell’ambito del relativo mercato unico, e più recentemente anche dall’OCSE nell’ambito del Rapporto BEPS, in un contesto globale.
Come predetto, alcune volte le misure poste in essere dagli Stati possono risultare inadeguate quando gli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria non sono idonei ad intercettare la realtà economica delle imprese assoggettate a imposizione e, quindi, non sono capaci di tassare il “valore” laddove questo viene realmente creato.
In tale contesto, l’approccio alla tassazione dei soggetti economici come “entità separate” procura delle distorsioni derivanti dalla scelta delle imprese circa la forma giuridica attraverso la quale svolgere l’attività.
D’altra parte, anche l’approccio della tassazione dei profitti in base alla loro collocazione nella “catena del valore” delle aziende (“transfer pricing”), distorce anch’esso le decisioni in relazione al luogo in cui più conviene concentrare gli investimenti.
Per risolvere le distorsioni economiche che possono derivare dalle scelte fiscali dei Paesi le imprese dovrebbero essere assoggettate a trattamenti tributari neutrali, fermo restando il fatto che i soggetti economici che abbiano legami con un Paese devono essere chiamati a contribuire al relativo benessere collettivo.
In particolare, in un mercato globalizzato gli utili non dovrebbero essere tassati in diverso modo a seconda di dove l’azienda sia residente (o solo dove l’attività venga svolta), se nel mercato domestico oppure internazionale.
Probabilmente un sistema adatto ad una tassazione globale potrebbe essere quello che tenga in considerazione i flussi di cassa e che applichi l’imposta sugli utili una volta sola nel Paese più vicino alla fonte del reddito.
Una tale soluzione implicherebbe che i Paesi cedano parte della propria sovranità per dar luogo ad un sistema di tassazione unico, sull’esempio del meccanismo escogitato dalla Commissione UE per una “base imponibile consolidata” (CCCTB) nel mercato unico europeo, attraverso la suddivisione della tassazione sulle società tra i Paesi che hanno contribuito a produrlo, secondo una particolare formula di ripartizione.
Anche l’OCSE si è mossa verso una soluzione armonizzata al problema, attraverso l’adozione delle misure contenute nel Rapporto BEPS. Tuttavia la riuscita di questo processo di cambiamento dipenderà, da un lato, dalla effettiva volontà politica degli Stati di cambiare le cose e, dall’altro, dalla possibilità di risolvere il problema dell’individuazione dei corretti criteri per allocare il “valore” laddove viene effettivamente prodotto. Da quest’ultimo punto, infatti, il Rapporto BEPS non è ancora riuscito a fornire risposte definitive; basti pensare al fatto che ancora oggi le misure per la tassazione dell’economia digitale sono ancora oggetto di discussione.
Resta l’auspicio che una risposta venga presto data a questi interrogativi, affinché le imprese possano operare in un mercato libero da distorsioni e i contribuenti possano fruire dei servizi alimentati dalla tassazione del valore correttamente imputabile al relativo Paese, con l’effetto di limitare il fenomeno della Fiscalità liquida©.
Qualora la soluzione non dovesse essere trovata, la prospettiva sarebbe quella di una prosecuzione della “concorrenza” fiscale tra i Paesi, attraverso la riduzione delle aliquote fiscali ai fini della tassazione delle imprese multinazionali, compensata da un incremento della tassazione sul “lavoro dipendente” e sui “consumi”.
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