Fiscalità internazionale: Fiscalità liquida

Il Blog di ITAXA e la Fiscalità liquida©

Il Blog di ITAXALa Fiscalità Internazionale in parole semplici” nasce nell’anno 2015 con lo scopo di fornire un punto di vista critico sulle moderne e concrete tematiche di Fiscalità internazionale, che si inseriscono nell’ambito dell’attuale contesto dell’economia globalizzata, affrontandole in maniera semplice.

L’idea che ispira il Blog è quella di guardare alla Fiscalità internazionale come ad una Fiscalità liquida©, vale a dire ad una materia che cambia, nel tempo e nello spazio, adattandosi ai mutevoli contesti dell’economia globalizzata.

Il Blog è quindi rivolto a coloro che cercano risposte a problematiche concrete di Fiscalità internazionale. Allo stesso tempo il Blog è dedicato a chi desidera intraprendere un “viaggio” di approfondimento della Fiscalità liquida© per capire  come essa influenza l’economia moderna e ne viene anche influenzata.

Gli articoli del Blog sono divisi per “categorie” e “parole chiave“, in modo da consentire al lettore di selezionare velocemente quelli che riguardano il preciso argomento d’interesse.

Inoltre il lettore ha la possibilità di iscriversi alla Newsletter per ricevere in anteprima gli articoli del Blog.

La Fiscalità internazionale come Fiscalità liquida©

Il contesto socio-economico dell’economia globalizzata

Nell’attuale contesto socio-economico, come già sostenuto dal sociologo Zygmunt Bauman (tra i più influenti intellettuali del Novecento) nell’ambito della sua metafora della “società liquida”, l’indipendenza degli Stati è influenzata dai poteri economici che si affermano a livello globale. Tali poteri, grazie alla loro extraterritorialità, alla velocità di movimento dei relativi capitali e alla capacità di rifuggire dall’applicazione delle leggi dei singoli Paesi, hanno la possibilità di sottrarsi al dominio di questi ultimi, creando proprie regole economiche di natura globale. Gli stessi Stati finiscono per essere influenzati da tali regole, diventandone spesso anche i destinatari.

Si verifica, quindi, che le esigenze dettate dai mercati finanziari e le istanze delle imprese multinazionali per l’implementazione della libertà di commercio internazionale, si impongono come pretese ai singoli Stati. I Paesi, dal canto loro, sono spesso chiamati a finanziare con la propria spesa pubblica il raggiungimento degli obiettivi dettati dai poteri globali.

I Paesi che non si adeguano a tali regole dettate dagli attori dell’economia globale vengono prontamente penalizzati da questi ultimi, attraverso la negazione dei prestiti o della riduzione del debito da parte del settore privato, la emarginazione dai programmi di investimento predisposti a livello globale e il disinvestimento delle risorse precedentemente allocate nei relativi territori. Nei casi più estremi alcuni Stati vengono anche minacciati dalle Nazioni più potenti in ragione della mancata cooperazione rispetto alla realizzazione dello scopo ultimo dello sviluppo dell’economia mondiale.

In questo contesto le imprese multinazionali costituiscono i soggetti che beneficiano dei considerevoli vantaggi economici, creando legami sempre più labili con i territori dei singoli Stati e adoperando i propri capitali in maniera sempre più veloce. Gli obiettivi in tal modo perseguiti sono quelli, da un lato, di difendersi dal controllo delle singole giurisdizioni Statali in cui operano e, dall’altro, di cogliere le opportunità di investimento ovunque si presentino sul piano globale.

L’attaccamento di tali imprese al territorio dei Paesi è adesso considerato come un elemento di debolezza, piuttosto che, come avveniva nel secolo scorso, un punto di forza, perché comporta costi di amministrazione da sostenere e rischi di cui bisogna tenere conto.

Le imprese multinazionali preferiscono “alleggerire” e “ridimensionare” la propria struttura e, tendenzialmente, ripugnano ogni strategia di attaccamento ad un determinato luogo. Sempre più frequenti, quindi, sono le operazioni di fusione tra le imprese internazionali tese ad acquisire un maggiore campo d’azione per ridimensionamenti e tagli degli insediamenti materiali che comportano dispendio di risorse economiche.

Anche il lavoro, inteso come capitale umano, ha perso la sua importanza.

In particolare, precedentemente il lavoro costituiva un fattore fondamentale per il capitale tanto quanto il capitale necessitava del lavoro per la produzione del valore. Al contrario, nell’attuale epoca della globalizzazione, il capitale si è reso autonomo dal lavoro, velocizzando ancora di più i propri spostamenti a livello globale e lasciando l’incombenza della risoluzione delle problematiche sociali dei lavoratori ai governi locali. Questi ultimi, invece, si dimostrano sempre più inadeguati a gestire le citate questioni, proprio perché, nel frattempo, devono sottostare alle regole dettate dai poteri economici globali.

La massima espressione di tale procedimento di evoluzione socio-economico della economia globalizzata si rinviene nel crescente valore che oramai assumono le “idee” rispetto agli oggetti fisici, come avviene per la creazione degli intangibles, quali ad esempio software, marchi, brevetti e altre proprietà intellettuali. Lo sfruttamento delle “idee”, infatti, permette al capitale di “slegarsi” dal fattore lavoro (nonché dalle altre componenti materiali che lo “appesantiscono” e lo riconducono ad un determinato territorio) e di spaziare a livello internazionale, senza alcun vincolo che non sia costituito dalla ricerca della sua migliore allocazione sul piano globale.

Le principali fonti di profitto, quindi, non sono più i beni materiali, ma le “idee”, le quali non dipendono dai lavoratori e si propagano velocemente a livello internazionale seducendo un quantitativo esponenziale di consumatori. Ai lavoratori, invece, è attribuito il compito di replicare dette “idee” su scala internazionale.

Assumendo i consumatori un ruolo fondamentale per il conseguimento dei profitti, la competizione tra gli attori economici globali non si realizza più tra i produttori, ma proprio rispetto ai clienti. La clientela costituisce quindi l’unico vero fattore da cui dipende il buon andamento dell’impresa multinazionale. Per tale motivo assume un ruolo fondamentale la capacità di raccogliere le informazioni sulle abitudini di consumo delle popolazioni, al fine di intercettare bacini di clienti sempre più ampi e aumentare esponenzialmente le vendite.

In definitiva, su questi presupposti, attualmente il capitale viaggia “leggero”, “snello”, “veloce”, quasi annullando la dimensione dello “spazio”, rispettando le sole regole dettate dagli attori economici della scena internazionale. Gli Stati, invece, sono incapaci di dominare con le proprie leggi i fenomeni economici globali.

In tali circostanze, solo i poteri forti e le multinazionali conoscono le leggi che reggono l’attuale economia e hanno la disponibilità delle informazioni utili a sfruttare a proprio vantaggio le condizioni dell’attuale economia globale. Ciò significa che le stesse imprese multinazionali adoperano tali informazioni privilegiate per realizzare le strategie di pianificazione tributaria più idonee ad abbattere il carico impositivo complessivo gravante sulle attività condotte a livello mondiale.

Ne consegue che l’accesso alle informazioni delle multinazionali diventa un bene prezioso per gli Stati, al fine di studiarne le dinamiche di funzionamento interno e i meccanismi di “creazione” del valore.

L’imputazione dei profitti delle multinazionali alle singole giurisdizioni in cui essi vengono effettivamente prodotti, costituisce il presupposto imprescindibile per chiamare tali soggetti a contribuire alle finanze pubbliche degli Stati in cui viene “creato” il valore, attraverso il pagamento delle imposte, come contrappeso ai servizi da questi ultimi erogati e ai costi economici e sociali sostenuti.

La teoria della Fiscalità liquida©

Nel descritto sistema economico globale si assiste ad una crescente contrapposizione tra i numerosi Stati, che esercitano il proprio potere sovrano all’interno dei rispettivi territori, e le imprese multinazionali che, operando attraverso le diverse giurisdizioni, hanno la possibilità di sottrarsi al potere coercitivo dei singoli Paesi.

In questo contesto i singoli Stati non sono più capaci di disciplinare la fiscalità dei fenomeni economici globali che travalicano i propri confini.

Infatti, in alcuni casi gli Stati compiono scelte di Fiscalità internazionale per tassare i redditi transnazionali di imprese multinazionali e persone fisiche secondo regole non omogenee rispetto a quelle adottate dagli altri Stati, cosicché i medesimi redditi rischiano di essere tassati più volte.

Altre volte, al contrario, gli Stati adottano politiche di Fiscalità internazionale per attrarre nuovi capitali esteri di imprese e persone fisiche nei rispettivi territori, garantendo una minore tassazione rispetto agli altri Paesi. Per quanto riguarda l’Italia, si pensi ad esempio alle misure a favore delle imprese che investono in Italia, contenute nel c.d. Decreto internazionalizzazione (D.Lgs. n. 147/2015), oppure al regime fiscale previlegiato previsto per i soggetti “facoltosi” che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia (art. 24 bis del D.P.R. n. 917/1986).

Da qui è possibile teorizzare lo sviluppo di una Fiscalità internazionale che, mutando sia nello spazio sia nel tempo, si rivela una vera e propria Fiscalità liquida©.

La Fiscalità internazionale è una Fiscalità liquida© per il fatto che le relative regole cambiano a seconda del sistema fiscale interno del Paese di riferimento.

Ancora, queste regole interne ai singoli Stati spesso entrano in contrasto con quelle previste dalla normativa sovranazionale (es. Unione europea) oppure internazionale, cosicché si assiste a continui cambiamenti delle legislazioni interne che cercano di adeguarsi ai sistemi gerarchicamente superiori.

In tale processo la Fiscalità internazionale si conferma Fiscalità liquida© anche per il continuo mutare della normativa degli Stati nel corso del tempo, così come testimoniato, negli ultimi anni, anche in Italia dalla veloce proliferazione di novità e modifiche della normativa fiscale interna.

A ciò bisogna aggiungere che, con riferimento all’Italia, la Fiscalità liquida© si manifesta anche nella mutevolezza degli orientamenti della giurisprudenza.

Infatti, nella giurisprudenza tributaria di merito, è possibile verificare che le medesime questioni vengono quotidianamente risolte nelle maniere più differenti possibili, spesso senza alcun riferimento alla normativa oppure alla giurisprudenza di legittimità, ma solo sulla base delle regole del “comune sentire”.

Anche la giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione non è immune da tale critica, potendosi assistere a frequenti mutamenti dei relativi orientamenti (spesso veri e propri esercizi di “creazione” del diritto), che spesso non si arrestano nemmeno di fronte alle pronunce delle Sezioni Unite.

A “liquefare” ancor di più la materia della Fiscalità internazionale si aggiunge la prassi dell’Agenzia delle Entrate (es. circolari, risoluzioni ecc.) che spesso si allontana dalla lettera della legge, per dar vita ad interpretazione della normativa fiscale internazionale a solo beneficio del Fisco, anche quando lo scopo della norma da applicarsi è quello di agevolare il contribuente.

La Fiscalità liquida© è quindi l’effetto del descritto quadro che contraddistingue attualmente la Fiscalità internazionale.

Un segnale positivo verso la creazione di una Fiscalità globale proviene dall’azione intrapresa dalla comunità internazionale attraverso l’OCSE, finalizzata ad una regolamentazione della Fiscalità internazionale a livello globale. Da ultimo, infatti, si è assistito all’adozione del Rapporto BEPS, contenente misure di trasparenza fiscale e di contrasto dei fenomeni di erosione della base imponibile e di trasferimento degli utili con riferimento alle imprese multinazionali, le quali sono destinate a incidere in maniera decisiva sul descritto tessuto socio-economico.

In definitiva si ritiene che per ristabilire chiarezza ed equità nell’attuale contesto della Fiscalità internazionale sia necessario prendere consapevolezza del fatto che gli Stati non possono pretendere singolarmente di dare risposta a problematiche fiscali di portata globale, perché la risoluzione di tali questioni necessita di una risposta altrettanto globale.

Nell’ambito della regolamentazione della Fiscalità internazionale a livello globale un ruolo fondamentale è giocato dalla determinazione di regole fiscali certe, perché solo dalla certezza del diritto possono derivare sia l’equità dei sistemi fiscali sia la garanzia per i diritti dei contribuenti. Infatti, solo partendo da regole certe è possibile difendere la posizione dei contribuenti contro ingiuste pretese del Fisco oppure tassare presupposti impositivi attualmente non disciplinati.

Una disciplina della Fiscalità internazionale che non muova da un approccio giuridico e, quindi, dalla certezza del diritto, al contrario, è destinato solo ad alimentare il fenomeno della Tassazione liquida©.

La stessa analisi delle problematiche di Fiscalità internazionale o la difesa nell’ambito del processo tributario a favore di società e persone fisiche non può che essere condotta partendo dalla precisa base giuridica di riferimento in cui si inquadrano le fattispecie, perché operando diversamente i diritti dei contribuenti non possono trovare nessuna tutela nell’attuale contesto della Fiscalità liquida©.

Avv. Antonio Merola

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna agli articoli