Il principio del trattamento della nazione più favorita contro il «treaty shopping» nell’Unione Europea

Con la lezione tenuta il 3 giugno nell’ambito del Master in Pianificazione Tributaria Internazionale dell’Università “Sapienza” di Roma ho avuto il piacere di esporre alcune mie posizioni, maturate presso l’International Tax Center di Leiden, in merito ad alcune nuove misure che sarebbe auspicabile adottare nell’ambito dell’Unione europea al fine stroncare sul nascere i fenomeni di “treaty shopping” e dare concretezza al principio di “neutralità” del Mercato Interno.

Il problema principale da cui siamo partiti, sotto il profilo pratico, è quello della possibilità per gli Stati dell’Unione europea, specialmente quando agiscono come Paesi della fonte dei redditi, di discriminare gli investitori non residenti a seconda del loro Stato di residenza e delle Convenzioni contro le doppie imposizioni in vigore con quest’ultimo.

In questo contesto, anche in presenza di situazioni del tutto identiche sotto il profilo sostanziale, lo Stato della fonte è autorizzato a concedere un “beneficio convenzionale” ad un investitore estero e a negarlo ad un altro per il solo fatto che ciò sia disposto da una Convenzione contro le doppie imposizioni e non da un’altra.

Per quanto la Corte di Giustizia UE (cfr. caso D., C-376/03, e caso ACT Group Litigation, C-374/04) abbia negato, nell’ambito della fiscalità diretta, che la situazione sopra descritta possa configurare una c.d. “discriminazione orizzontale”, in realtà, sotto il profilo sostanziale, proprio di questo si tratta, con l’effetto che il differente trattamento dei diversi investitori esteri determina la violazione delle libertà fondamentali dell’Unione europea, la “distorsione” del meccanismo della concorrenza e la conseguente violazione del principio di “neutralità” del Mercato Interno UE.

In altri termini, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Giustizia, ritengo che nei predetti casi, il diverso trattamento di investitori esteri a seconda del Paese di residenza e delle Convenzioni contro le doppie imposizioni che li interessano, debba configurare una c.d. “discriminazione orizzontale” e che lo Stato della fonte debba estendere agli investitori esteri i miglioribenefici convenzionali” che trovano luogo nelle proprie Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Tale principio di “Most Favoured Nation treatment”  fungerebbe da chiaro deterrente dei fenomeni di “treaty shopping”, venendo gli investitori esteri posti sullo stesso piano (considerazioni particolari, inoltre, sono state operate a seconda che trattasi di investitori residenti in Paesi UE oppure extra-UE).

Chiaramente il fatto che sussista una c.d. “discriminazione orizzontale” degli investitori non residenti non significa che questa non possa essere giustificata, soprattutto quando l’estensione del “beneficio convenzionale” (per ristabilire il pari trattamento) venga negato nelle ipotesi di “abuso del diritto”.

Detto approccio, oltre a ristabilire Mercato Interno UE un principio di “equità sostanziale” avrebbe anche l’interessante effetto di conciliare le misure dell’Azione 6 BEPS con l’ordinamento dell’Unione europea, il cui rapporto attualmente soffre di numerose “intolleranze”.

Non è questa la sede per ripercorrere gli innumerevoli presupposti e dettagli della teoria in questione, essendo piuttosto opportuno esemplificare che, mentre la Corte di Giustizia, nel negare il pari trattamento agli investitori non residenti abbia “avvelenato l’acquario insieme a tutti i pesci, buoni e cattivi, che vi nuotano”, dimostrando di tenere più agli interessi di “competizione fiscale” dei Paesi che alla “neutralità” del Mercato Interno UE, la mia proposta sarebbe quella di “lasciar vivere nell’acquario i pesci buoni, utilizzando speciali esche per catturare i pesci cattivi”, privilegiando un “principio di equità sostanziale” che preservi la “concorrenzialità” e la “neutralità” del Mercato Interno UE.

Per gli approfondimenti si rimanda all’articolo dal titolo “EU Most Favoured Nation treatment v. tax treaty shopping: re-evaluating the anti-abuse justification in the «rule of reason» doctrine“, pubblicato sulla rivista International Tax Law Review (Sapienza Università Editrice).

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.