La notifica dell’atto fiscale è momento essenziale, perché se non eseguita correttamente rischia di compromettere l’intera procedura accertativa. Si pensi alla notifica effettuata in un luogo o con modalità diverse da quelle prescritte dalla legge. Tale circostanza, comporta la nullità dell’avviso di accertamento, finendo così per vanificare la sua stessa finalità.
Il problema si aggrava ulteriormente, qualora l’attività della Amministrazione finanziaria sia indirizzata oltre i confini del territorio nazionale, come nel caso in esame in cui il destinatario della pretesa fiscale è un cittadino italiano residente all’estero.
La disciplina sulle notificazioni in questione è contenuta nella Legge n. 890 del 20/11/1982 recante “Notificazioni di atti a mezzo posta di comunicazioni a mezzo posta connesso con la notificazione di atti giudiziari”.
Ebbene, secondo l’art. 1 della citata disposizione normativa per la notifica degli atti civili e amministrativi da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l’amministrazione tributaria, l’ufficiale giudiziario deve “avvalersi del servizio postale, salvo che la parte chieda che la notificazione sia eseguita di persona”
Il successivo art. 8 dispone anche che la notificazione si considera validamente eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della data di rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, “decorrendo da tale momento il termine per l’impugnazione dell’atto notificato“.
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1. Il caso: l’avviso di accertamento notificato all’estero
Protagonisti della vicenda giudiziaria tributaria in commento sono un contribuente italiano, residente all’estero, regolarmente iscritto all’A.I.R.E., e l’Agenzia delle Entrate.
Quest’ultima, aveva notificato al predetto contribuente un avviso di accertamento prodromico all’avviso di iscrizione ipotecaria, unitamente allo stesso avviso di iscrizione ipotecaria e la notifica era avvenuta presso la Casa Comunale di La Thuile, ove lo stesso era all’epoca residente.
Successivamente alla ricezione di tale, il contribuente ne aveva eccepito la nullità per vizi di notifica, in quanto eseguita dall’Ufficio senza l’osservanza delle norme e delle modalità prescritte dalla legge in materia.
Dopo il primo grado di giudizio, che si concludeva con la vittoria del contribuente, l’amministrazione decideva di proporre appello dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale competente.
Ebbene, i giudici della Commissione Tributaria per la Regione Valle d’Aosta, con la sentenza in commento (sentenza n. 21 del 15 ottobre 2018) hanno respinto l’appello, affermando il seguente principio di diritto: “deve considerarsi illegittima la notifica diretta al contribuente residente all’estero ed iscritto all’A.I.R.E. effettuata a mezzo del Servizio postale dello Stato estero qualora dalle indicazioni desumibili dalle relate di tale servizio (postale) non sia possibile dedurre le informazioni richieste dalla legge 890/1982 in materia di notificazioni a mezzo posta di atti giudiziari“.
Nel caso in esame, non era stato, infatti, possibile rilevare le ragioni per cui vi era stata l’impossibilità di effettuare la consegna a mani dell’atto al suo destinatario, né era stato possibile determinare il momento in cui tale tentativo fosse fallito. Difettava, peraltro, anche ogni riferimento ad avvisi di giacenza della raccomandata indirizzati al destinatario, “adempimento essenziale -affermano i giudici della Commissione– affinché possa dirsi perfezionato, sia pure sotto il profilo della compiuta giacenza, il provvedimento di notifica”.
Tali rilievi, per nulla inconsistenti, erano stati evidenziati anche dai giudici della CTP, i quali avevano altresì, segnalato che le etichette apposte dalle poste francesi sulla missiva coprivano indicazioni essenziali quali quelle relative all’indirizzo del destinatario:” da dette etichette si evince semplicemente che il plico non era distribuibile e che non è stato reclamato”.
Per i giudici del gravame, non vi sono stati, allora, dubbi per respingere l’appello dell’Agenzia fiscale e a supporto della loro decisione hanno richiamto una recente ordinanza emessa dalla Corte di Cassazione, n. 2047 del 2 febbraio 2016, nella quale è stato affermato che “ in tema di notificazione dell’atto impositivo effettuata a mezzo posta direttamente dall’Ufficio finanziario, al fine di garantire il bilanciamento tra l’interesse del notificante e quello del notificatario, deve farsi applicazione in via analogica della regola dettata dall’art. 8 comma 4 della L. n. 890 del 1982, secondo cui la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di rilascio dell’avviso di giacenza, ovvero dalla data del ritiro del piego, se anteriore, decorrendo da tale momento il termine per l’impugnazione dell’atto notificato”.
2. La notifica dell’avviso di accertamento
Occorre premettere che gli atti fiscali sono, per propria natura, atti ricettizi, nel senso che essi producono effetti solo se e dal momento in cui vengono portati a conoscenza del destinatario.
Tale momento si perfeziona con la notifica. È con essa che l’atto in questione entra nella disponibilità, almeno legale, del destinatario.
Dall’altra parte, la notifica costituisce l’unico mezzo idoneo ad impedire la decadenza del relativo potere da parte dell’amministrazione (Cass. sent. n. 25095 del 27 novembre 2006).
A ciò deve aggiungersi che la violazione delle regole fissate in materia di notificazione può comportare, a seconda dei casi, vizi del relativo procedimento tributario.
Tali vizi possono consistere nella inesistenza, nullità o nella semplice irregolarità dell’atto.
La distinzione è tutt’altro che irrilevante dal momento che a ciascuna di tali fattispecie di invalidità fanno seguito diverse conseguenze, a partire dalla possibilità di sanatoria dell’atto, ipotesi espressamente consentita nei casi di nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c.
A tal proposito, la Corte di Cassazione ha spesso chiarito la differenza tra ritualità e scopo, tra forma e sostanza della notificazione. “La validità di un avviso di accertamento dipende dall’esistenza dei requisiti stabiliti dalle singole leggi d’imposta e non dalla ritualità della sua notificazione, che integra un atto distinto e successivo, esclusivamente finalizzato a portare a conoscenza del contribuente la pretesa dell’ente impositore” (Corte di Cassazione, sez. tributaria, sentenza n. 12051 del 6 marzo 2008).
Ne deriva che la notifica dell’avviso di accertamento tributario affetta da nullità rimane sanata, con effetto “ex tunc”, dalla tempestiva proposizione del ricorso del contribuente avverso tale avviso, così rendendo applicabile l’art. 160 del codice di rito, il quale a sua volta, attraverso il rinvio al precedente art. 156 c.p.c., prevede appunto che la nullità non possa mai essere pronunciata se l’atto ha raggiunto il suo scopo.
Secondo l’art. 160 c.p.c., infatti, la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data.
Diverso è il caso della inesistenza. Una notificazione può dirsi giuridicamente inesistente quando l’atto esce completamente dallo schema legale degli atti di notificazione: “l’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito, tale, cioè, da non consentire l’assunzione nel tipico atto di notificazione delineato dalla legge” (Cass. sentenza n. 3260 del 16 maggio 1986).
Fatte queste premesse e come poc’anzi accennato le difficoltà, in materia di notificazione di atti tributari, aumentano laddove questi ultimi siano indirizzati, come nel caso in esame, a cittadini italiani residenti all’estero e regolarmente iscritti all’A.I.R.E.
Ebbene, sul punto, la normativa nazionale ha subito una evoluzione. La linea di demarcazione tra il passato e il presente è segnata dalla D.L. n. 223/2006 (cd. Decreto Incentivi) che con l’art. 37, co. 27 ha aggiunto all’art. 60, co. 1 del D.P.R. 600/1973, la lett. e) -bis e ha altresì, introdotto, dopo il comma 3° un ulteriore comma 4°.
3. Luogo della notifica dell’avviso di accertamento
Secondo le vigenti disposizioni (art. 60 del D.P.R. 600/73, lett. c) salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario.
Per i residenti all’estero (art. 60 del D.P.R. 600/73, lett. e-bis) è facoltà del contribuente che non ha la residenza nello Stato e non vi ha eletto domicilio, o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, comunicare al competente ufficio locale, l’indirizzo estero per la notificazione degli avvisi e degli altri atti che lo riguardano; salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione degli avvisi o degli atti è eseguita mediante spedizione a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
La Commissione Tributaria di Torino (sez. 20, sent. del 08/20/12) ha chiarito che la notificazione di un atto di accertamento tributario nei confronti di un contribuente trasferitosi all’estero e iscritto all’A.I.R.E. va eseguita nel domicilio fiscale italiano qualora l’attività di notifica sia posta in essere entro i sessanta giorni successivi a quello dell’intervenuta iscrizione all’ A.I.R.E.
4. La decisione della Corte
Ebbene, con la sentenza in commento, i giudici della Commissione Tributaria Regionale delle Valle d’Aosta hanno inteso ribadire proprio l’importanza delle indicazioni contenute nella Legge n. 890/1982 in materia di notificazioni di atti giudiziari all’estero.
Nella specie devono considerarsi essenziali l’indicazione dei motivi per cui non è stato possibile effettuare la consegna a mani, il momento in cui tale tentativo sia avvenuto e fallito, e i riferimenti relativi agli avvisi di giacenza indirizzati al destinatario.
Ha pertanto, motivo di avere ragione il contribuente che impugna l’atto impositivo notificatogli direttamente nel domicilio estero che difetti di tali requisiti sostanziali.
5. La difesa tributaria di uno Studio Legale Tributario
Nonostante la predetta vicenda abbia avuto esito favorevole per il contribuente, bisogna sempre verificare con attenzione se alla medesima conclusione è possibile giungere per ipotesi simili ma non identiche.
Alla luce del fatto che il contenzioso tributario diventa sempre più “aleatorio” e le conseguenze della soccombenza particolarmente gravose per il contribuente, bisogna rivalutare il dialogo e il confronto con il Fisco e, in primo luogo, con l’Agenzia delle Entrate.
Soprattutto nelle questioni di fiscalità internazionali, particolarmente complesse e ricche di apprezzamenti valutativi, stabilire un rapporto dialettico con l’Agenzia delle Entrate – specialmente in sede di contraddittorio preventivo rispetto all’azione di accertamento – può evitare il protrarsi delle contestazioni in sede contenziosa, dove le Commissioni Tributarie potrebbero non avere la stessa “sensibilità” di un brillante funzionario del Fisco su materie come “transfer pricing”, “Controlled Foreign Companies”, “stabile organizzazione“ e “crediti per imposte estere”.
Ebbene, in questi casi è meglio lasciare il contenzioso tributario come “ultima spiaggia”, ammesso che ve ne siano i presupposti, pena la “scure” della condanna al pagamento delle spese di giudizio.
In queste scelte costituisce un passaggio fondamentale quello di rivolgersi ad uno Studio Legale Tributario, al fine di valutare con la massima cura:
- la strategia più adatta per difendersi dall’avviso di accertamento;
- la presenza di vizi che possano giustificare la presentazione di un ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale;
- le possibilità che il ricorso possa essere accolto in Commissione Tributaria Provinciale.
Trattasi, quindi, di una valutazione estremamente tecnica e meticolosa, che non può essere svolta dallo stesso contribuente che non abbia adeguata competenza ed esperienza nel contenzioso tributario.
In assenza delle predette valutazioni, da operarsi con l’assistenza di uno Studio Legale Tributario, il contribuente potrebbe correre il concreto pericolo:
- o di sottovalutare degli strumenti per la definizione in “transazione” dell’avviso di accertamento e di avviare un contenzioso perso in partenza che lo vedrà costretto a pagare, oltre alle imposte e alle sanzioni dovute, anche le spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate (magari anche per diversi gradi di giudizio);
- oppure, di pagare le somme richieste con l’avviso di accertamento, nonostante questo sia affetto da un grave vizio che, se denunciato con ricorso, avrebbe indotto la Commissione Tributaria Provinciale ad annullare l’intero atto impositivo, con nessuna imposta e sanzione dovuta dal contribuente.
Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza in materia di contenzioso tributario, assistendo persone fisiche e società nelle valutazioni degli strumenti più adatti al preciso caso concreto per la migliore difesa degli interessi del contribuente, le quali vengono svolte in 3 fasi:
- analisi preliminare circa la sussistenza di vizi dell’avviso di accertamento e dello strumento più adeguato per farli valere;
- valutazioni circa l’opportunità di avviare un contenzioso tributario;
- eventuale assistenza del contribuente nella presentazione del ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.
Per richiedere la difesa tributaria o una consulenza fiscale internazionale scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.
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