Il nuovo scenario dello scambio di informazioni a livello internazionale

1. Fine dei paradisi fiscali e nuove scelte di investimento

Coloro che non hanno ancora optato per la emersione fiscale dei capitali esteri devono fare i conti con le nuove regole in materia di scambio di informazioni tra l’Agenzia delle Entrate e le autorità fiscali dei Paesi stranieri, le quali non potranno essere trascurate anche da coloro che si accingono ad effettuare nuovi investimenti all’estero.

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2. Tipologie di scambio di informazioni

Lo scambio di informazioni tra autorità fiscali di differenti Paesi può assumere differenti caratteri, quali:

1) su richiesta: quando uno Stato richiede all’altro Stato informazioni dettagliate con riferimento ad un determinato contribuente già sottoposto a verifica nel primo Stato, a condizione che dette informazioni siano prevedibilmente rilevanti per l’applicazione della legge interna dello stesso Stato che ne ha fatto richiesta;

2) spontaneo: lo Stato che possiede informazioni fiscali presumibilmente utili all’altro Stato le trasmette a quest’ultimo a prescindere da una sua preventiva richiesta;

3) automatico: qualora gli Stati si accordano per scambiarsi informazioni di rilevanza fiscale con riferimento ai soggetti fiscalmente residenti nell’altro Stato a prescindere da una preventiva richiesta.

3. Le fonti normative internazionali dello scambio di informazioni

Per evitare che i redditi prodotti all’estero vengano sottratti ad imposizione nel nostro Paese da parte di coloro che si sottraggono agli obblighi di monitoraggio fiscale (Quadro RW), nel corso degli anni l’Italia ha provveduto a sottoscrivere diversi accordi che permettessero all’Agenzia delle Entrate di entrare in possesso delle informazioni sui patrimoni detenuti e sui redditi prodotti all’estero da parte dei soggetti ivi fiscalmente residenti.

Più precisamente, si individuano le fonti normative degli strumenti utilizzati dall’Italia per lo scambio di informazioni fiscali a livello internazionale.

1) Normativa dell’Unione Europea

Tra i Paesi dell’Unione Europea lo scambio di informazioni fiscali è regolato, in via principale, dalla Direttiva 2011/16/UE, che ha sostituito la Direttiva 2003/48/CE, da ultimo integrata dalla Direttiva 2014/107/UE, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 29, le quali prevedono lo scambio automatico delle seguenti informazioni:

  • redditi di lavoro (dal 1° gennaio 2014);
  • compensi degli amministratori (dal 1° gennaio 2014);
  • assicurazioni sulla vita, escluse quelle già previste da altri strumenti di scambio di informazioni (dal 1° gennaio 2014);
  • pensioni (dal 1° gennaio 2014);
  • proprietà e altri redditi immobiliari (dal 1° gennaio 2014);
  • disponibilità sui conti bancari (dal 1° gennaio 2016).

2) Convenzioni contro le doppie imposizioni

L’Italia ha stipulato con diversi Paesi stranieri le Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni nelle quali ha trovato ingresso il contenuto dell’art. 26 del Modello OCSE sullo scambio di informazioni fiscali incentrato sulla collaborazione dei diversi Stati nella lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale internazionale. Questo è lo standard adottato anche dei rapporti con la Svizzera, la cui convenzione è stata modificata (23 febbraio 2015) come effetto della caduta del segreto bancario elvetico, prevedendosi uno scambio di informazioni su richiesta.

3) Accordi TIEA

 Altra tipologia di accordo internazionale, a carattere bilaterale o multilaterale, è il TIEA (“Tax Information Exchange Agreements”) ispirato anch’esso alle linee guida fissate dall’OCSE, il quale a differenza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, che contengono anche norme di coordinamento dell’esercizio del potere impositivo dello Stato delle fonte (del reddito) e di quello di residenza (del contribuente), disciplina solo l’oggetto e le modalità dello scambio delle informazioni fiscali tra i Paesi contraenti. Tale è stato lo schema adottato dall’Italia per regolare lo scambio di informazioni con il Liechtenstein (26 febbraio 2015) e il Principato di Monaco (2 marzo 2015).

4) Convenzioni multilaterali OCSE

Nell’anno 2014 l’OCSE ha elaborato un nuovo modello di scambio automatico di informazioni fiscali (e finanziarie) a livello internazionale per combattere il fenomeno dell’evasione internazionale, definito nel documento Common Reporting Standard, il quale si compone di due moduli:

  • il Competent Authority Agreement (CAA) che fissa le regole per la condivisione delle informazioni;
  • il Common Reporting and Due Diligence Standard (CRS) riguardo alle procedure che dovranno essere adottate dalle istituzioni finanziarie per la gestione dei relativi dati.

5) Accordo FATCA con gli Stati Uniti

L’accordo FATCA (Foreign Account Tax Compliance Act) stipulato dall’Italia con gli Stati Uniti per lo scambio di informazioni relative ai soggetti fiscalmente residenti nei rispettivi Paesi, ai fini della lotta della evasione fiscale internazionale.

6) Particolarità degli accordi con Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco

Il nostro Paese ha stipulato i suddetti accordi sullo scambio di informazioni con Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco in concomitanza con l’attivazione della procedura di emersione dei capitali illegittimamente detenuti all’estero o Voluntary disclosure (Legge 15 dicembre 2014, n. 18) per effetto della quale la riemersione, entro il termine del 30 novembre 2015, delle ricchezze detenute in tali Paesi scontava l’applicazione di sanzioni ridotte.

Per coloro che non hanno aderito alla Voluntary disclosure è alta la probabilità di essere “rintracciati” dall’Agenzia delle Entrate, dal momento che quest’ultima è autorizzata ad inoltrare ai citati Stati esteri non solo richieste riferite a singoli contribuenti ma anche “richieste di gruppo”, vale a dire ad interrogare le autorità straniere rispetto ad una moltitudine di contribuenti nei seguenti casi:

  • chiusura dei conti, con prelevamento di somme o trasferimenti verso Paesi non collaborativi rispetto allo scambio di informazioni fiscali;
  • cospicui prelevamenti, per conti che precedentemente all’accordo avevano un saldo superiore ad euro 15.000 e che a seguito alla Voluntary disclosure è diminuito di oltre il 50%;
  • conti “dormienti”, per i quali non vi sono stati né chiusura né prelevamenti.

In caso di individuazione delle ricchezze nascoste al Fisco italiano, l’Agenzia delle Entrate procederà ad accertare le violazioni della normativa in materia di monitoraggio dei capitali detenuti all’estero (Quadro RW), le imposte evase nonché la commissione di reati fiscali al superamento delle soglie di rilevanza penale previste dal D.Lgs. 74/2000.

4. La normativa interna

Nell’ordinamento interno italiano, la disciplina della scambio automatico delle informazioni viene prevista dall’art. 31-bis del D.P.R. n. 600/1973, il quale dispone quanto segue:

1. L’Amministrazione finanziaria provvede allo scambio, con le altre autorità competenti degli Stati membri dell’Unione europea, delle informazioni necessarie per assicurare il corretto accertamento delle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto dell’amministrazione finanziaria e delle ripartizioni territoriali, comprese le autorità locali. Essa, a tale fine, può autorizzare la presenza nel territorio dello Stato di funzionari delle amministrazioni fiscali degli altri Stati membri. 

2. L’Amministrazione finanziaria provvede alla raccolta delle informazioni da trasmettere alle predette autorità con le modalità ed entro i limiti previsti per l’accertamento delle imposte sul reddito.

2-bis. In sede di assistenza e cooperazione nello scambio di informazioni l’amministrazione finanziaria opera nel rispetto dei termini indicati agli articoli 7, 8, 8-bis, 8 bis bis, 8 bis ter e 10 della direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 del Consiglio, che ha abrogato la direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977. 

3. Le informazioni non sono trasmesse quando possono rivelare un segreto commerciale, industriale o professionale, un processo commerciale o un’informazione la cui divulgazione contrasti con l’ordine pubblico. La trasmissione delle informazioni può essere, inoltre, rifiutata quando l’autorità competente dello Stato membro richiedente, per motivi di fatto o di diritto, non è in grado di fornire lo stesso tipo di informazioni.

4. Le informazioni sono trattate e tenute segrete con i limiti e le modalità previsti dal CAPO IV, condizioni che disciplinano la cooperazione amministrativa, e VI, relazioni con i Paesi terzi, della direttiva 2011/16/UE. 

5. Non è considerata violazione del segreto d’ufficio la comunicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria alle autorità competenti degli altri Stati membri delle informazioni atte a permettere il corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio.

5-bis. In sede di assistenza e cooperazione per lo scambio di informazioni, la presenza negli uffici amministrativi e la partecipazione alle indagini amministrative di funzionari delle amministrazioni fiscali degli altri stati membri dell’Unione europea, è disciplinata dall’articolo 11 della direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011 del Consiglio. Alla presenza dei funzionari dell’Amministrazione finanziaria, che esercitano il coordinamento delle indagini amministrative, i funzionari esteri possono interrogare i soggetti sottoposti al controllo ed esaminare la relativa documentazione, a condizione di reciprocità e previo accordo tra l’autorità richiedente e l’autorità interpellata. I funzionari dell’Amministrazione finanziaria utilizzano direttamente le informazioni scambiate durante le indagini svolte all’estero. 

6. Quando la situazione di uno o più soggetti di imposta presenta un interesse comune o complementare con altri Stati membri, l’Amministrazione finanziaria può decidere di procedere a controlli simultanei con le Amministrazioni finanziarie degli altri Stati membri, ciascuno nel proprio territorio, allo scopo di scambiare le informazioni così ottenute quando tali controlli appaiano più efficaci di un controllo eseguito da un solo Stato membro.

7. L’Amministrazione finanziaria individua, autonomamente, i soggetti d‘imposta sui quali intende proporre un controllo simultaneo, informando le autorità competenti degli altri Stati membri interessati circa i casi suscettibili di un controllo simultaneo. A tale fine, essa indica, per quanto possibile, i motivi per cui detti casi sono stati scelti e fornisce le informazioni che l’hanno indotta a proporli, indicando il termine entro il quale i controlli devono essere effettuati.

8. Qualora l’autorità competente di un altro Stato membro proponga di partecipare ad un controllo simultaneo, l’Amministrazione finanziaria comunica alla suddetta autorità l’adesione o il rifiuto ad eseguire il controllo richiesto, specificando, in quest’ultimo caso, i motivi che si oppongono all’effettuazione di tale controllo.

9. Nel caso di adesione alla proposta di controllo simultaneo avanzata dall’autorità competente di un altro Stato membro, l’Amministrazione finanziaria designa un rappresentante cui compete la direzione e il coordinamento del controllo.

10. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e l’Amministrazione competente provvede all’espletamento delle attività ivi previste con le risorse umane strumentali e finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Le strategie dell’Agenzia delle Entrate per la lotta all’evasione fiscale internazionale: utilizzo dei dati derivanti dallo scambio di informazioni

5.1. L’attività di contrasto agli illeciti fiscali internazionali 

Con la Circolare 7 maggio 2021, n. 4/E, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiare indicazioni in merito alle strategie di lotta all’evasione fiscale internazionale per i prossimi anni, le quali appaiono incentrate anche sull’utilizzo dei dati derivanti dallo scambio di informazioni fiscali a livello internazionale, le cui indicazioni di seguito si riportano.

Al fine di mantenere un presidio di legalità nell’ambito dell’economia globalizzata, preservando gli interessi erariali del Paese, l’Agenzia – ed in particolare il Settore contrasto illeciti – promuove, sul fronte internazionale, il contrasto ai fenomeni di illecito fiscale più diffusi, ad oggi realizzati prevalentemente mediante:

  1. l’allocazione fittizia all’estero della residenza fiscale;
  2.  l’illecito trasferimento e/o la detenzione all’estero di attività produttive di reddito (anche per il tramite di altri soggetti esteri, interposti o esterovestiti).

L’Agenzia delle Entrate osserva come nell’attuale contesto, l’attività di contrasto agli illeciti fiscali, sia di matrice domestica, sia a connotazione transnazionale, non ha comunque subìto rallentamenti,  continuando ad assicurare un efficace presidio rispetto alle fattispecie maggiormente lesive degli interessi della collettività, ancora più necessario nell’attuale scenario socio-economico.

L’operatività si svolge, principalmente, attraverso il Settore Contrasto illeciti, su due principali macro-aree: il contrasto alle frodi fiscali e il contrasto agli illeciti fiscali internazionali, e deve muoversi, con sempre maggiore tempestività rispetto al perpetrarsi delle condotte fraudolente, su due piani distinti, ma interconnessi reciprocamente:

  • individuazione delle fattispecie più ricorrenti, ai fini della definizione e della pianificazione delle più efficienti strategie di prevenzione e di contrasto;
  • esecuzione dei controlli a maggiore complessità ed aventi ad oggetto gli illeciti di maggiore rilevanza e connotati da elementi di novità.

Le predette attività, condotte a livello centrale, forniscono impulso alle Direzioni regionali per operare un capillare presidio sul territorio, in attuazione delle direttive e dei percorsi investigativi proposti, e sottintendono, in continuità con il più recente passato, l’interlocuzione strategica e la stretta collaborazione tra l’Agenzia e gli altri attori istituzionali impegnati nelle attività di contrasto degli illeciti fiscali, anche in coordinamento con le Autorità giudiziarie coinvolte in ragione dei profili penali connessi ai controlli fiscali.

A tale ultimo proposito, fermo il carattere implicito di indifferibilità ed urgenza delle attività connesse ai procedimenti penali e a tutte le ipotesi di contrasto a rilevanti fattispecie di frode, continueranno – anche nel perdurare dell’emergenza sanitaria in corso – ad essere assicurate le attività esterne di controllo, nel rispetto rigoroso dei protocolli di sicurezza previsti.

Per cui, l’Agenzia delle Entrate ha intenzione di rafforzare la propria attività di presidio finalizzata al contrasto agli illeciti fiscali internazionali maggiormente riscontrati sul territorio e mirata, nel contempo, ad individuare nuove forme di pianificazione fiscale, così da contemperare le già richiamate esigenze, sia di repressione che di prevenzione.

Il Settore Contrasto Illeciti procede con l’attività di controllo relativamente alle violazioni di maggiore rilevanza alla normativa del «monitoraggio fiscale», sia nei confronti degli intermediari tenuti alla trasmissione delle comunicazioni all’uopo previste, sia nei confronti dei contribuenti assoggettati all’obbligo dichiarativo.

L’attività di controllo inerente al monitoraggio fiscale, in particolare, mira al raggiungimento di un duplice scopo:

  • da una parte, l’attività di contrasto tende alla verifica del rispetto delle previsioni di cui al decreto-legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, attraverso un’apposita attività selettiva orientata ad individuare le posizioni che, anche sulla base delle informazioni acquisite per il tramite dei dati trasmessi degli intermediari finanziari, risultano aver omesso totalmente o parzialmente gli adempimenti dichiarativi in merito alle attività estere di natura finanziaria;
  • dall’altra, le attività di controllo sono orientate ad approfondire l’origine delle provviste oggetto di trasferimento e/o detenzione all’estero, così da far emergere situazioni di illecita provenienza e/o di indebita sottrazione al prelievo fiscale domestico.

Per cui l’Agenzia delle Entrate appare intenzionata a voler reprimere le seguenti irregolarità:

  • violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale;
  • omessa indicazione in dichiarazione degli imponibili relativi ai redditi di fonte estera.

A tali fini, in linea con le disposizioni di cui al Provvedimento del Direttore dell’Agenzia, Prot. n. 268208 del 21 luglio 2020 (di attuazione dell’articolo 2 del Decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 1990, n. 227), la Sezione Analisi e Strategie per il Contrasto agli Illeciti Fiscali Internazionali (in qualità di unità speciale costituita in attuazione dell’articolo 12, comma 3, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), procederà a formulare richieste, anche per masse di contribuenti, ai soggetti individuati dal D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231, anche in merito alle informazioni relative ai titolari effettivi, con riferimento a specifiche operazioni con l’estero o rapporti ad esse collegati.

La fittizia allocazione all’estero della residenza fiscale continua ad essere oggetto di specifica analisi investigativa, sfruttando, in modo mirato e sistematico, le informazioni disponibili nelle banche dati in uso e i dati di fonte estera, anche di natura finanziaria, derivanti in particolare dallo scambio automatico, quali, inter alia, le informazioni pervenute tramite il Common Reporting Standard (CRS).

Le attività in argomento saranno svolte sia dalla struttura centrale dedicata, sia dalle Direzioni regionali, che potranno avvalersi degli applicativi già in uso, nonché dei percorsi investigativi già esistenti e che saranno sviluppati a livello centrale.

Anche con riferimento alle attività investigative rivolte a soggetti diversi dalle persone fisiche, proseguono e si intensificano i riscontri mirati ad intercettare situazioni connotate da schemi di pianificazione fiscale illecita, consolidati ovvero innovativi, perpetrati allo scopo di veicolare flussi finanziari e materia imponibile oltre i confini nazionali, con particolare riguardo anche agli intermediari finanziari e agli altri soggetti coinvolti, in violazione degli obblighi correlati agli adempimenti del monitoraggio fiscale e all’imposizione diretta ed indiretta.

A tal fine, sfruttando le informazioni acquisite, anche per il tramite della cooperazione amministrativa e dello scambio di informazioni su richiesta, vengono approfondite situazioni di fittizia interposizione nella titolarità di beni e redditi, allo scopo di intercettare le forme più complesse e articolate di evasione fiscale internazionale.

5.2. La cooperazione amministrativa in campo fiscale: incremento delle fonti informative derivanti dallo scambio automatico di informazioni

Lo scambio di informazioni rappresenta, nello specifico, una delle principali attività funzionali al contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale su scala internazionale.

In tal senso, l’Agenzia è impegnata a potenziare le attività connesse alle diverse tipologie di scambio di informazioni attivabili sulla base delle Direttive europee e degli accordi internazionali che disciplinano lo scambio su richiesta, spontaneo ed automatico.

La trasparenza fiscale, lo scambio di informazioni e, più in generale, la cooperazione internazionale rappresentano strumenti fondamentali per il contrasto ai meccanismi di sottodimensionamento di base imponibile, che sfruttano le asimmetrie impositive e informative tra gli Stati.

In tale ottica, prosegue il processo del Fisco di valorizzazione, nell’ambito del contrasto all’evasione e all’elusione internazionale, del patrimonio informativo disponibile, soprattutto attraverso il potenziamento degli strumenti di scambio automatico di informazioni e lo sforzo per garantire una maggiore efficienza e trasversalità dei flussi informativi sulle attività internazionali tra le strutture centrali e territoriali dell’Agenzia su cui tali attività impattano.

L’Agenzia delle entrate è, inoltre, impegnata nella valorizzazione delle attività di cooperazione internazionale relative alla mutua assistenza alla riscossione.

Nell’ottica di un potenziamento degli strumenti di riscossione internazionale, nel corso del 2021, è stato potenziato l’applicativo informatico che ha la finalità di promuovere il ricorso, da parte degli Uffici dell’Agenzia, alla cooperazione in materia di riscossione, come ulteriore mezzo di tutela del credito erariale, consentendo la selezione, in autonomia, dei crediti dell’Erario, per i quali vi siano i presupposti per l’attivazione della cooperazione internazionale, come, ad esempio, la possibile esistenza di redditi e/o di elementi patrimoniali di fonte estera.

In tale applicativo, è stato valorizzato, in particolare, il patrimonio informativo proveniente dallo scambio di informazioni automatico fra gli Stati europei, al fine di individuare potenziali redditi/beni aggredibili del soggetto debitore all’estero.

In tale contesto, è stato istituito anche un tavolo di lavoro con l’Agenzia delle entrate-Riscossione, al fine di rafforzare le sinergie con gli Agenti della riscossione e rendere più efficiente il flusso informativo relativo a tale forma di cooperazione.

Inoltre, l’Agenzia prosegue la sua opera di potenziamento delle attività connesse alle diverse tipologie di scambio di informazioni, attivabili sulla base delle Direttive europee e degli accordi internazionali che disciplinano lo scambio su richiesta, spontaneo ed automatico.

Per una corretta gestione dell’attività di scambio di informazioni su richiesta e spontaneo, sono in corso di aggiornamento le istruzioni operative per le strutture territoriali per migliorare l’efficacia dello scambio.

Per quanto concerne l’evoluzione dello scambio automatico, con particolare riguardo alle nuove tipologie di informazioni oggetto di scambio, si segnala che, nel corso del 2020, è stata finalizzata l’attuazione della direttiva (UE) n. 822/2018 del Consiglio che modifica la direttiva 2011/16/UE, per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale, relativamente ai meccanismi transfrontalieri soggetti all’obbligo di notifica (c.d. DAC6), mediante l’approvazione del decreto legislativo di recepimento (decreto legislativo 30 luglio 2020, n. 100), del decreto ministeriale di attuazione (decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 17 novembre 2020) e del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, Prot. n. 364425 del 26 novembre 2020. L’attività di raccolta delle informazioni sui meccanismi transfrontalieri soggetti alla notifica, in considerazione della facoltà di proroga dell’avvio, esercitata dall’Italia, in virtù della direttiva (UE) 2020/876 del 24 giugno 2020 del Consiglio, è stata avviata il 1° gennaio del 2021 e il primo scambio di informazioni tra Amministrazioni fiscali si è concluso a fine aprile 2021.

Inoltre, il 22 marzo 2021, il Consiglio ha approvato la Direttiva (UE) n. 2021/514 che modifica la Direttiva 2011/16/UE del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale (c.d. DAC 7). Tale direttiva, oltre ad apportare rilevanti innovazioni all’impianto originario della direttiva 2011/16/UE, per rafforzare il meccanismo di scambio di informazioni fra gli Stati membri, introduce una nuova forma di scambio automatico in relazione alle informazioni comunicate dai gestori di piattaforme.

Le disposizioni della Direttiva, fatta eccezione per quelle riguardanti le verifiche congiunte, che si applicheranno dal 1° gennaio 2024, saranno applicabili a decorrere dal 1° gennaio 2023.

In considerazione dell’incremento delle forme di scambio automatico e della necessità di rispondere alle istanze provenienti sia dall’interno che dagli Organismi internazionali, l’Ufficio Cooperazione Internazionale prosegue nello sviluppo degli strumenti informatici che consentano una maggiore efficacia nella gestione e nel monitoraggio dello scambio di informazioni.

Inoltre, è stato anche avviato, nel 2020, un progetto specifico avente ad oggetto la predisposizione e l’implementazione del quadro amministrativo italiano per la compliance delle istituzioni finanziarie nell’ambito del Common reporting standard – CRS, con l’obiettivo, tra gli altri, di elaborare linee guida e istruzioni per i controlli in coerenza con lo standard internazionale definito nel Modello comune per la comunicazione di informazioni su conti finanziari in materia fiscale, da parte di istituzioni finanziarie di giurisdizioni partecipanti alle rispettive autorità competenti, ai fini dello scambio automatico delle predette informazioni (Common reporting standard – CRS) e nel relativo Commentario, così come nel Manuale di attuazione del Common reporting standard (CRS Implementation handbook). Come sopra anticipato, all’esito della prima fase del progetto relativa ai controlli, svolta dalla Direzione Centrale Grandi Contribuenti, le attività saranno demandate alle Direzioni regionali successivamente allo svolgimento dell’attività di formazione rivolta alle strutture operative.

5.3. Utilizzo dei dati provenienti da scambio automatico di informazioni

L’accresciuto numero di iniziative in materia di scambio automatico di informazioni, nonché dei crescenti flussi di dati e della numerosità di soggetti coinvolti, evidenzia la necessità, per l’Agenzia, di dotarsi di strumenti operativi che consentano di gestire in maniera adeguata e proficua i predetti flussi.

Per quanto riguarda l’utilizzo delle informazioni ricevute mediante lo scambio automatico, l’Agenzia delle Entrate prosegue l’attività di validazione anagrafica, che consente l’effettiva fruibilità dei dati da parte degli Uffici dell’Agenzia.

Tutti i dati scambiati in via automatica vengono, al momento, gestiti essenzialmente a livello centrale.

Nell’ottica di un approccio centralizzato all’utilizzo dei dati e volto alla valorizzazione delle sinergie interne, finalizzate a rendere l’utilizzo dei dati direttamente funzionale alla promozione delle attività di compliance e di mirate attività di contrasto dell’evasione, sono state definite, per ciascuna tipologia di scambio automatico, le procedure per la messa a disposizione e il conseguente utilizzo dei dati da parte delle strutture competenti della Divisione Contribuenti.

Inoltre, l’Ufficio Cooperazione Internazionale sta sviluppando strumenti di data warehouse per l’analisi dei dati che consentano di massimizzare il potenziale informativo dello scambio automatico, sia sotto il profilo del patrimonio informativo disponibile, che del corretto funzionamento dello scambio di informazioni.

5.4. Accordi preventivi e risoluzione controversie internazionali

Gli accordi preventivi assumono carattere rilevante nel processo di tax compliance delle aziende che operano in ambito internazionale; la disciplina si è di recente evoluta, passando dal ruling internazionale disciplinato dall’articolo 8 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 agli accordi preventivi per le imprese con attività internazionale disciplinati dall’art.31-ter del D.P.R. n. 600/1973, recentemente modificato dalla Legge 30 dicembre 2020, n. 178 (legge di bilancio per il 2021), con riguardo al periodo temporale di efficacia dell’accordo.

Il comma 5 del citato art. 31-ter stabilisce che, per i periodi d’imposta per i quali l’accordo è in vigore, l’Amministrazione finanziaria esercita i poteri di cui agli artt. 32 e seguenti del sopra citato D.P.R., soltanto in relazione a questioni diverse da quelle oggetto dell’accordo medesimo. Il successivo comma 6 prevede che, con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia, sono definite le modalità con le quali il competente Ufficio procede alla verifica del rispetto dei termini dell’accordo e del sopravvenuto mutamento delle condizioni di fatto e di diritto su cui l’accordo si fonda.

A tal riguardo, il Provvedimento direttoriale, Prot. n. 42295 del 21 marzo 2016, al paragrafo 7.2, prevede, tra l’altro, che l’Ufficio che ha stipulato l’accordo unilaterale o bilaterale può: “durante il periodo di vigenza dell’accordo, invitare l’impresa per fornire chiarimenti e documentazione utile ai fini della verifica dello stesso“.

Alla luce delle disposizioni sopra richiamate, sarà cura delle Direzioni regionali, qualora nel corso di un controllo fosse sottoposta a verifica la corretta applicazione delle norme contemplate dall’articolo 31-ter da parte di grandi contribuenti, attivare tempestivamente il coordinamento con l’Ufficio che ha stipulato l’accordo, al fine di evitare di sovrapporre azioni che implichino l’esecuzione delle medesime attività istruttorie.

Si rammenta, pertanto, di utilizzare l’applicativo SERPICO per il riscontro dell’esistenza di procedure di accordo preventivo in corso o concluse con le relative informazioni di sintesi.

Nel corso del 2021, continuerà l’attività di controllo del rispetto degli accordi unilaterali o bilaterali stipulati, da parte, rispettivamente, dell’Ufficio Accordi Preventivi o dell’Ufficio Risoluzione e Prevenzione Controversie Internazionali della Direzione Centrale Grandi Contribuenti.

Sarà, inoltre, effettuato il controllo del rispetto degli accordi per la determinazione del reddito agevolabile ai fini del c.d. patent box, la cui disciplina è contenuta nell’articolo 1, commi da 37 a 45, della legge 23 dicembre 2014, n. 190. Sempre nell’ottica di uniformare l’azione degli Uffici competenti a effettuare tale controllo, la Direzione Centrale Grandi Contribuenti predisporrà una specifica direttiva, che metterà a frutto l’esperienza maturata nel corso della gestione degli accordi di patent box, sia a livello centrale che regionale.

Con riguardo alle Mutual Agreement Procedure (MAP), si invita alla massima collaborazione in termini di raccordo tra l’attività di accertamento esplicata dalle Direzioni regionali e la gestione dei relativi esiti in sede di confronto diretto con le Amministrazioni fiscali estere.

Riguardo all’attività di controllo su fattispecie riconducibili al transfer pricing, si rammenta che essa deve sempre essere caratterizzata da un elevato grado di approfondimento dei fatti e delle circostanze del caso. A tal fine, la Direzione Centrale Grandi Contribuenti ha il compito di predisporre le direttive per migliorare l’uniformità dell’attività accertativa in tema di prezzi di trasferimento e avvierà un ciclo di incontri finalizzati a discutere i temi e le criticità maggiormente ricorrenti in sede di accertamento e di procedure amichevoli internazionali.

5.5. Lettera di compliance dell’Agenzia delle Entrate

Con Provvedimento n. 40601 del 2022 l’Agenzia delle Entrate ha stabilito di continuare l’invio di comunicazioni per la promozione dell’adempimento spontaneo nei riguardi di contribuenti che non hanno dichiarato (in tutto o in parte) le attività finanziaria (es. conto corrente) detenute all’estero, così come richiesto dalla normativa sul monitoraggio fiscale (Quadro RW), e gli eventuali redditi derivanti da dette attività estere.

Le comunicazioni vengono inviate ai contribuenti che riscontrano delle “anomalie” fiscali più evidenti, ovvero selezionati in base a criteri che permettano di identificare solo i soggetti ad alto rischio di evasione fiscale, con l’esclusione di coloro che, invece, non tenuti ai predetti adempimenti fiscali o per i quali le irregolarità sussistano sul piano prettamente formale.

Queste comunicazioni contengono le seguenti informazioni:

a) codice fiscale, cognome e nome del contribuente;

b) numero identificativo della comunicazione e anno d’imposta;

c) codice atto;

d) descrizione della tipologia di anomalia riscontrata, che può riguardare gli obblighi di monitoraggio fiscale e/o l’indicazione degli imponibili relativi ai redditi di fonte estera;

e) possibilità per il destinatario di verificare i dati di fonte estera che lo riguardano, accedendo alla sezione “l’Agenzia scrive” del proprio Cassetto fiscale;

f) istruzioni (contenute in un apposito allegato) circa gli adempimenti necessari per regolarizzare la propria posizione, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso;

g) invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione, anche tramite il canale di assistenza CIVIS, nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nelle informazioni pervenute dalle Amministrazioni estere o che abbia già assolto gli obblighi dichiarativi per il tramite di un intermediario residente;

h) modalità per richiedere ulteriori informazioni, contattando la Direzione Provinciale competente, prioritariamente mediante PEC, e-mail o telefono, e, per tutta la durata dell’emergenza Coronavirus, recandosi in ufficio solo nei casi assolutamente indispensabili e dopo averne verificato, previo
contatto telefonico, l’effettiva esigenza, come da indicazioni presenti sul sito internet dell’Agenzia delle entrate.

Inoltre, con Provvedimento n. 439255 del 2022, l’Agenzia delle Entrate ha fornito indicazioni anche relativamente alle Lettere di compliance per la promozione dell’adempimento spontaneo nei confronti dei contribuenti che risultano fiscalmente residenti in Italia e che non hanno dichiarato, in tutto o in parte, redditi di lavoro dipendente e/o pensione di fonte estera ed eventuali redditi di lavoro dipendente e/o pensione corrisposti da sostituti d’imposta italiani.

Quindi, per stimolare il corretto assolvimento degli obblighi tributari nonché di favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, l’Agenzia delle Entrate mette a disposizione dei contribuenti che risultano fiscalmente residenti in Italia i dati dei redditi percepiti di lavoro dipendente e/o pensione di fonte estera, trasmessi dalle Amministrazioni fiscali estere nell’ambito dello scambio automatico di informazioni (Direttiva 2011/16/UE), nonché i dati relativi ad eventuali altri redditi di lavoro dipendente e/o pensione corrisposti da sostituti d’imposta di cui all’articolo 23 del D.P.R. n. 600/1973.

Al contribuente sono rese disponibili le informazioni opportune per permettergli una valutazione in ordine alla correttezza dei dati in possesso dell’Agenzia delle Entrate. Per cui egli ha la possibilità di fornire elementi, fatti e circostanze dalla stessa non conosciuti in grado di giustificare le possibili anomalie.

Nella comunicazione vengono indicate le seguenti informazioni:

a) codice fiscale, cognome e nome del contribuente;

b) numero identificativo della comunicazione e anno d’imposta;

c) codice atto;

d) descrizione della tipologia di anomalia riscontrata;

e) indicazioni circa la possibilità per il destinatario di verificare i dati che lo riguardano, accedendo alla sezione “l’Agenzia scrive” del proprio Cassetto fiscale;

f) istruzioni circa gli adempimenti necessari per regolarizzare la propria

posizione, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso;

g) invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione tramite il canale di assistenza CIVIS, nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nei dati in possesso dell’Agenzia delle entrate;

h) modalità per richiedere ulteriori informazioni, contattando la Direzione

Provinciale competente, mediante PEC o e-mail.

L’Agenzia delle Entrate trasmette una comunicazione, contenente le Predette informazioni agli indirizzi di Posta Elettronica Certificata ovvero per posta ordinaria, nei casi di indirizzo PEC non attivo o non registrato nel pubblico elenco denominato Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI PEC), istituito presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Infine, i dati sopra indicati vengono trasmessi anche alla Guardia di Finanza mediante condivisione tra le due unità organizzative del partner tecnologico Sogei Spa di supporto all’Agenzia delle entrate e alla Guardia di Finanza, previa autorizzazione da parte delle strutture titolari dei dati dell’Agenzia delle Entrate.

I dati di fonte estera includono:

  • la tipologia di reddito percepito;
  • la denominazione del soggetto estero che ha corrisposto gli emolumenti;
  • l’ammontare dei redditi esteri percepiti;
  • lo Stato estero che ha trasmesso l’informazione.

Qualora il contribuente, ricevuta la comunicazione, si rendesse conto di non poter adeguatamente giustificare o difendere le anomalie riscontrate a proprio carico, ha la possibilità di regolarizzare la propria posizione fiscale presentando una dichiarazione integrativa, di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997, versando le imposte dovute e le sanzioni ridotte (oltre interessi).

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6. La validità dell’avviso di accertamento derivante dallo scambio di informazioni irregolare: la posizione della Corte di Cassazione

Con l’Ordinanza 29 gennaio 2021, n. 2082, la Corte di Cassazione ha svolto importanti considerazioni in merito alla utilizzabilità, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle risultanze derivanti dallo scambio di informazioni con le Autorità fiscali estere, anche nel caso in cui il procedimento seguito sia irregolare per violazioni delle regole valide per il procedimento penale, approvando comunque la validità dell’attività di accertamento fiscale in tal modo svolta.

Nello specifico la Suprema Corte ha ritenuto che il diritto interno, sia in materia di imposte dirette sia in tema di imposta sul valore aggiunto consente che gli accertamenti fiscali si svolgano con l’utilizzo di elementi comunque acquisiti, e quindi con prove atipiche o con dati acquisiti con forme diverse de quelle regolamentata.

Peraltro, non sarebbe necessario che gli indizi siano plurimi, in quanto anche un unico indizio, se dotato dei requisiti della gravità e della precisione, può fondare una legittima ripresa a tassazione (Cassazione, 5 dicembre 2019, n. 31779, e con riferimento alle uniche risultanze rappresentante dalla lista Falciani, Cassazione, sez. 5, 12 febbraio 2018, n. 3276).

Viene, infatti, confermato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in materia tributaria, gli elementi raccolti a carico del contribuente dai militari della Guardia di Finanza senza il rispetto delle regole di garanzia difensiva prescritte per il procedimento penale sono inutilizzabili in tale sede ai sensi dell’articolo 191 c.p.p., ma sono pienamente utilizzabili nel procedimento di accertamento fiscale, stante l’autonomia del procedimento penale rispetto a quello di accertamento tributario, secondo un principio, oltre che sancito dalle norme sui reati tributari.

Ciò sarebbe desumibile anche dalle disposizioni generali dettate dagli articoli 2 e 654 c.p.p. ed espressamente previsto dall’articolo 220 disp. att. c.p.p., che impone l’obbligo del rispetto delle disposizioni del codice di procedura penale quando, nel corso di attività ispettive, emergano indizi di reato ma soltanto ai fini dell’applicazione della legge penale (Cass., sez. 6, 28 maggio 2018, n. 13353; Cass., sez. 5, 24 novembre 2017, n. 28060). A non dover essere violate sono solo le disposizioni tributarie di cui agli artt. 33 e 52 del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 63 del D.P.R. n. 633/1972, in materia di imposte dirette e IVA (si veda anche Cassazione, sez. 5, 17 gennaio 2018, n. 959).

Secondo la Corte di Cassazione, Infatti, non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento comporta, di per sè, l’inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, esclusi i casi in cui viene in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio (Cass., sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27149).

La Corte di legittimità ricorda che l’art. 31-bis del D.P.R. n. 600/1973, dispone che “l’amministrazione finanziaria provvede allo scambio, con le altre Autorità competenti degli Stati membri dell’Unione Europea, delle informazioni necessarie per assicurare il corretto accertamento delle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto dell’Amministrazione finanziaria e delle ripartizioni territoriali“, pur sottolineando che “non è considerata violazione del segreto d’ufficio la comunicazione da parte dell’Amministrazione finanziaria alle autorità’ competenti degli altri stati membri delle informazioni atte a permettere il corretto accertamento delle imposte sul reddito e sul patrimonio“.

Pertanto, il principio di generale inutilizzabilità degli elementi di prova irritualmente acquisiti, sancito dall’articolo 191 c.p.p., costituisce regola propria del procedimento penale e non è immediatamente trasferibile in ambito tributario, neppure utilizzando il richiamo contenuto nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 70, stante la natura sussidiaria e residuale di tale disposizione, che legittima il ricorso alle norme del codice penale di rito nel solo ed esclusivamente nell’ipotesi in cui l’accertamento della violazione tributaria non trovi una specifica disciplina delle disposizioni fiscali (Cass., sez. 5, 14 novembre 2019, n. 29632; Cass., sez. 5, 17 gennaio 2018, n. 959).

Ebbene, tali violazioni amministrative in sede di accertamento non troverebbero lungo qualora l’Amministrazione finanziaria eserciti i propri istruttori ai fini fiscali ai sensi degli artt. 32 e seguenti nonché dell’art. 31-bis del D.P.R. n. 600/1973, con riferimento agli scambi di informazioni tra l’Amministrazione finanziaria italiana e le Autorità competenti degli altri paesi esteri, senza la possibilità di ravvisare spazi residuali di ricorso alle norme del procedimento penale.

Ciò deriverebbe da quanto già affermato in precedenza rispetto alla “Lista Falciani”, laddove la Suprema Corte ha affermato che è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento con valore indiziario, anche acquisito in modo irrituale, ad eccezione di quelli la cui inutilizzabilità discende da specifica previsione di legge e salvi i casi in cui venga in considerazione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale.

In quel caso erano stati ritenuti utilizzabili ai fini della pretesa fiscale, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari trasmessi dall’Autorità finanziaria francese a quella italiana, ai sensi della Direttiva 77/799/CEE del 19 dicembre 1977, senza onere di preventiva verifica da parte dell’Autorità destinataria, sebbene acquisiti con modalità illecite ed in violazione del diritto alla riservatezza bancaria (Cassazione, 19 dicembre 2019, n. 33893; Cassazione, sez. 6-5, 28 aprile 2015, n. 8605; Cassazione, sez. 6-5, 8606/2015; Cassazione, 65-, 17183/2015; Cassazione 6-5, 16950/2015; per la lista Vaduz cfr. Cassazione, sez. 5, 19 agosto 2015, n. 16950; per la lista Pessina vedi Cassazione, sez. 5, 26 agosto 2015, n. 17183).

Tali evidenze, come anzidetto, possono permettere al giudice tributario, in sede di ricorso avverso l’atto risultante dello scambio di informazioni, di fondare il proprio convincimento anche su una sola presunzione semplice, purché grave e precisa (caso Falciani, Cassazione, sez. 5, 12 febbraio 2018, n. 3276).

Si è ritenuto, quindi, che gli elementi istruttori frutto di rogatorie internazionali ben possono essere utilizzati ai fini della emissione degli avvisi di accertamento, quando non risultino violati in alcun modo i diritti fondamentali presidiati dalla Costituzione, come la libertà personale e l’inviolabilità del domicilio, e non sussistendo una ipotesi di generale inutilizzabilità, come accade invece per il processo penale ai sensi dell’articolo 191 c.p.p.

7. Prospettive future per gli investimenti all’estero

Alla luce del nuovo contesto internazionale, è chiaro che permangono pochissimi paradisi fiscali dove trasferire le proprie ricchezze, tra i quali troviamo ancora Panama, Libano, Brunei, Trinidad e Tobago, pertanto d’ora in avanti sarà altamente dannoso optare per soluzioni di evasione o elusione fiscale.

Infatti, con la progressiva implementazione dello scambio di informazioni fiscali a livello internazionale sarà sempre più facile per l’Agenzia delle Entrate scovare gli evasori fiscali e provvedere al recupero delle imposte evase, all’applicazione delle sanzioni fiscali nonché alla segnalazione all’Autorità giudiziaria dei fatti costituenti reati fiscali.

Chiaro è che in questa nuova prospettiva sarà meglio puntare su scelte d’investimento che consentano un legittimo risparmio d’imposta, strada che può essere percorsa con ottimi risultati se preceduta da un preciso studio dei profili fiscali internazionali delle operazioni da compiersi.

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8. Consulenza fiscale internazionale per il caso concreto

Le informazioni sopra indicate hanno carattere meramente generale, perché all’atto pratico la normativa fiscale internazionale è costellata di eccezioni e deroghe da applicarsi a seconda dei dettagli del preciso caso concreto in esame e che, quindi, non possono essere sottovalutate.

La fiscalità internazionale è la materia dei dettagli. Spesso accade che, anche un singolo dettaglio del caso concreto, apparentemente irrilevante, richieda una soluzione della problematica completamente diversa da quella ritenuta adeguata a un primo sguardo della situazione.

Inoltre, l’approfondimento della situazione concreta spesso esclude delle irregolarità che il contribuente pensava di aver commesso e, invece, mette in luce delle problematiche che il contribuente nemmeno pensava di avere.

Questo può capitare se il contribuente esamina la propria posizione dal punto di vista di una sola norma ritenuta “a priori” applicabile, quando, invece, il caso deve essere inquadrato, attraverso la necessaria analisi condotta alla luce dell’intero ordinamento tributario, sotto il profilo di una diversa norma.

Quindi, l’analisi fiscale internazionale è necessaria per inquadrare tutti i dettagli sostanziali del caso in esame ed evitare errori di valutazione da cui possano scaturire violazioni fiscali che darebbero luogo al recupero delle imposte evase e all’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, tali da erodere il reddito prodotto dal contribuente e causargli un grave danno economico.

D’altra parte, la difesa da un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non può mai essere efficace quanto la prevenzione delle violazioni fiscali attuata con una strategia di analisi preventiva.

Quindi la verifica da parte di un professionista specializzato in fiscalità internazionale circa le problematiche del preciso caso concreto costituisce un passaggio essenziale.

Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza nell’analisi delle questioni di fiscalità internazionale.  

Se desideri richiedere una consulenza fiscale internazionale allo Studio ITAXA per il tuo preciso caso concreto, scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.

9. La difesa tributaria di uno Studio Legale Tributario

Nel caso in cui il contribuente abbia ricevuto un avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria, alla luce del fatto che il contenzioso tributario diventa sempre più “aleatorio” e le conseguenze della soccombenza particolarmente gravose per il contribuente, bisogna rivalutare il dialogo e il confronto con il Fisco e, in primo luogo, con l’Agenzia delle Entrate.

Soprattutto nelle questioni di fiscalità internazionali, particolarmente complesse e ricche di apprezzamenti valutativi, stabilire un rapporto dialettico con l’Agenzia delle Entrate – specialmente in sede di contraddittorio preventivo rispetto all’azione di accertamento – può evitare il protrarsi delle contestazioni in sede contenziosa, dove le Commissioni Tributarie potrebbero non avere la stessa “sensibilità” di un brillante funzionario del Fisco su materie come “transfer pricing”Controlled Foreign Companies”, “stabile organizzazione  e “crediti per imposte estere”.

Ebbene, in questi casi è meglio lasciare il contenzioso tributario come “ultima spiaggia”, ammesso che ve ne siano i presuppostipena la “scure” della condanna al pagamento delle spese di giudizio.

In queste scelte costituisce un passaggio fondamentale quello di rivolgersi ad uno Studio Legale Tributario, al fine di valutare con la massima cura:

  • la strategia più adatta per difendersi dall’avviso di accertamento;
  • la presenza di vizi che possano giustificare la presentazione di un ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale;
  • le possibilità che il ricorso possa essere accolto in Commissione Tributaria Provinciale.

Trattasi, quindi, di una valutazione estremamente tecnica e meticolosa, che non può essere svolta dallo stesso contribuente che non abbia adeguata competenza ed esperienza nel contenzioso tributario.

In assenza delle predette valutazioni, da operarsi con l’assistenza di uno Studio Legale Tributario, il contribuente potrebbe correre il concreto pericolo:

  • o di sottovalutare degli strumenti per la definizione in “transazione” dell’avviso di accertamento e di avviare un contenzioso perso in partenza che lo vedrà costretto a pagare, oltre alle imposte e alle sanzioni dovute, anche le spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate (magari anche per diversi gradi di giudizio);
  • oppure, di pagare le somme richieste con l’avviso di accertamento, nonostante questo sia affetto da un grave vizio che, se denunciato con ricorso, avrebbe indotto la Commissione Tributaria Provinciale ad annullare l’intero atto impositivo, con nessuna imposta e sanzione dovuta dal contribuente.

Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza in materia di contenzioso tributario, assistendo persone fisiche e società nelle valutazioni degli strumenti più adatti al preciso caso concreto per la migliore difesa degli interessi del contribuente, le quali vengono svolte in 3 fasi:

  • analisi preliminare circa la sussistenza di vizi dell’avviso di accertamento e dello strumento più adeguato per farli valere;
  • valutazioni circa l’opportunità di avviare un contenzioso tributario;
  • eventuale assistenza del contribuente nella presentazione del ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale.

Per richiedere la difesa tributaria o una consulenza fiscale internazionale scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.