Il trasferimento dei pensionati all’estero, in Paesi come Portogallo, Bulgaria, Malta, Thailandia o nelle Isole Canarie, spesso con il fine di subire una tassazione più “leggera” sulla pensione, è una pratica oramai sempre più diffusa negli ultimi anni.
Risulta, quindi, di fondamentale importanza per i pensionati all’estero individuare il regime di tassazione applicabile, stabilendo, in primo luogo, il Paese di residenza fiscale, per poi verificare come vengono tassate le pensioni nei rapporti tra gli Stati coinvolti.
Tale analisi assume ancora più importanza alla luce del fatto che l’Agenzia delle Entrate ha avviato una politica di controlli fiscali sui pensionati all’estero, per verificare l’effettivo trasferimento all’estero della loro residenza fiscale e la corretta tassazione delle pensioni italiane percepite all’estero.
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1. La residenza fiscale dei pensionati all’estero
Il primo elemento in base al quale i pensionati all’estero restano comunque tassati in Italia è costituito dal mantenimento della residenza fiscale in Italia.
Infatti, quello della residenza fiscale è il criterio di collegamento in ragione del quale un Paese tassa i redditi ovunque prodotti dai contribuenti, con l’effetto che, in linea generale, tale potestà impositiva viene meno in caso di perdita della residenza fiscale italiana da parte di questi ultimi.
Ebbene, per perdere la residenza fiscale italiana è necessario che i pensionati all’estero rispettino in maniera cumulativa tre requisiti.
- Iscrizione all’ AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero)
In primo luogo, è necessario che i pensionati all’estero richiedano la loro cancellazione dal registro della popolazione residente in Italia, per iscriversi all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero).
Detto ultimo adempimento, però, non fa scaturire una presunzione di effettivo trasferimento all’estero della residenza fiscale, in quanto i pensionati all’estero devono anche rispettare le seguenti due condizioni, in difetto delle quali continueranno ad essere fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell’art. 2 del D.P.R. 917/9186.
- Domicilio civilistico all’estero
Secondo presupposto per individuare il Paese della residenza fiscale delle persone fisiche è costituito dal domicilio civilistico, inteso come il luogo dove una persona vuole stabilire la sede principale dei propri affari e interessi, a prescindere dalla effettiva presenza in quel luogo (art. 43 del Codice civile).
Ne deriva che i pensionati all’estero, intanto possono perdere la residenza fiscale italiana, in quanto abbiano effettivamente trasferito all’estero il rispettivo centro degli affari e degli interessi vitali, il quale ricomprende, non solo i rapporti di natura patrimoniale ed economica, ma anche quelli familiari, sociali e morali.
- Residenza civilistica all’estero
Infine, la residenza fiscale di una persona fisica è individuata in ragione della relativa residenza civilistica, quale luogo dove essa dimora abitualmente (art. 43 del Codice civile).
Pertanto, i pensionati all’estero abbandonano la residenza fiscale italiana solo se permangono concretamente all’estero con l’intenzione di volervi restare per un lasso di tempo consistente.
Detti 3 requisiti, che i pensionati all’estero devono rispettare contestualmente per non essere considerati fiscalmente residenti in Italia, secondo la legge, devono anche avverarsi per “la maggior parte del periodo d’imposta”, vale a dire per un periodo almeno di 183 giorni all’anno (o 184 giorni per l’anno bisestile).
Quanto detto, però, non vale nell’ipotesi in cui i pensionati si trasferiscano in un Paese considerato dall’Italia come “paradiso fiscale” ai fini della residenza fiscale.
Infatti, spetta ai contribuenti dimostrare l’effettiva perdita della “residenza fiscale” italiana quando si trasferiscono in Paesi come, ad esempio: Andorra, Bermuda, Costa Rica, Emirati Arabi Uniti, Ecuador, Filippine, Gibilterra, Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Vergini Britanniche, Libano, Liechtenstein, Panama, Principato di Monaco, Singapore, Svizzera, Taiwan e altri. Diversamente, si presume, per legge, che i pensionati all’estero mantengono la residenza fiscale in Italia.
2. La tassazione dei pensionati all’estero nei rapporti tra gli Stati
Principio generale della normativa fiscale italiana è quello per cui le pensioni sono tassabili in Italia, se pagate dallo Stato italiano, da soggetti residenti nel territorio italiano o da stabili organizzazioni qui localizzate di società estere, in favore sia di soggetti fiscalmente residenti in Italia sia di contribuenti fiscalmente residenti all’estero (art. 23 del D.P.R. 917/1986).
Prendendo in considerazione la sola normativa italiana, ne deriverebbe che i pensionati all’estero sarebbero tassati sulla pensione italiana anche qualora riuscissero a perdere la residenza fiscale italiana e ad acquisire quella del Paese straniero.
Tuttavia, qualora la pensione italiana venisse tassata, oltre che in Italia, anche all’estero, si verificherebbe un fenomeno di doppia imposizione fiscale, il quale viene escluso, ove esistenti, dalle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dal nostro Paese con i singoli Stati esteri di riferimento sulla base del Modello OCSE.
L’art. 18 del Modello OCSE, infatti, stabilisce che: “Fatte salve le disposizioni del paragrafo 2 dell’art. 19, le pensioni e le altre remunerazioni analoghe, pagate ad un residente di uno Stato contraente in relazione ad un cessato impiego, sono imponibili soltanto in detto Stato”.
Per cui i redditi provenienti da pensioni e altre simili remunerazioni sono tassabili solo nello Stato in cui è residente il beneficiario.
Vengono escluse dall’applicazione di tale norma, al contrario, le pensioni pubbliche, a cui fa riferimento il successivo art. 19, percepite per i servizi resi ad uno Stato o suddivisione o ente locale.
Bisogna notare come le somme versate ai dipendenti per l’impiego cessato non sono considerate in maniera omogenea da tutti gli Stati, venendo identificate in alcuni casi come pensioni pagate in un’unica soluzione, in altri casi come liquidazione per l’attività svolta e, in altri casi ancora, come somme non tassabili, per cui diversi effetti fiscali possono derivarne, i quali devono essere valutati nei singoli casi concreti.
Con riferimento alle pensioni pubbliche l’art. 19, paragrafo 2), del citato Modello OCSE stabilisce, invece, che:
“a) Le pensioni corrisposte da uno Stato contraente o da una sua suddivisione politica o da un suo ente locale, sia direttamente sia mediante prelevamento da fondi da essi costituiti,a una persona fisica in corrispettivo di servizi resi a detto Stato o a detta suddivisione od ente, sono imponibili soltanto in questo Stato.
b) Tuttavia tali pensioni sono imponibili soltanto nell’altro Stato contraente qualora la persona fisica sia un residente di questo Stato o ne abbia la nazionalità”.
Quindi le pensioni pubbliche italiane percepite dai pensionati all’estero sono tassabili soltanto in Italia, se qui è stata svolta l’attività lavorativa.
In questo caso i pensionati all’estero continuano ad essere tassati solamente in Italia, pur avendo trasferito la residenza fiscale fuori dal Paese.
Invece, i pensionati all’estero sono tassati soltanto nello Stato straniero in cui hanno trasferito la propria residenza fiscale, se sono cittadini e residenti di questo Paese.
Dette regole generali devono, poi, essere applicate ai singoli casi concreti anche in considerazione delle particolari disposizioni presenti nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia con i singoli Stati di volta in volta coinvolti.
3. I controlli dell’Agenzia delle Entrate sui pensionati all’estero
Nella propria attività di verifica della correttezza fiscale della situazione dei contribuenti, l’Agenzia delle Entrate ha di recente intensificato i controlli a carico dei pensionati all’estero per accertare, in primo luogo, l’effettivo trasferimento all’estero della loro residenza fiscale e, anche in costanza di trasferimento della residenza all’estero, per recuperare le imposte comunque dovute al Fisco italiano.
Tale attività di controllo fiscale a carico dei pensionati all’estero è stata di recente agevolata grazie all’implementazione degli strumenti per lo scambio di informazioni tra l’Amministrazione finanziaria e i Paesi esteri, utili ad individuare fenomeni di “esterovestizione” e, in ogni caso, di evasione fiscale.
Sotto il profilo della lotta alla “esterovestizione” dei pensionati all’estero, sono stati coinvolti anche i comuni di ultima residenza i quali, entro 6 mesi dalla richiesta di iscrizione all’AIRE dell’interessato, verificano che questo abbia effettivamente cessato di essere residente nel relativo territorio, dandone notizia all’Agenzia delle Entrate.
Inoltre, nei 3 anni successivi alla richiesta di iscrizione all’AIRE sia il comune sia l’Agenzia delle Entrate compiono le opportune attività di indagine per verificare che i pensionati all’estero abbiano effettivamente cessato di essere residenti nel territorio nazionale.
Da ultimo, con il D.L. n. 193/2016 viene previsto che, entro 6 mesi dalla richiesta di iscrizione all’AIRE, i comuni devono trasmettere i dati dei soggetti richiedenti all’Agenzia delle Entrate, che forma delle liste selettive di contribuenti nei cui confronti procedere ai controlli fiscali relativi alle attività finanziarie e agli investimenti patrimoniali non dichiarati.
Tale disposizione ha applicazione retroattiva, cosicché possono essere trasmessi i dati relativi ai pensionati all’estero che hanno chiesto l’iscrizione all’AIRE a decorrere dal 1° gennaio 2010.
I controlli sui casi di ipotesi di “esterovestizione” e di evasione fiscale dei pensionati all’estero non erano stati molto frequenti negli scorsi anni, non avendo l’Agenzia delle Entrate adeguate informazioni sulle vicende estere che interessavano i contribuenti.
Tuttavia attualmente la situazione è radicalmente cambiata, potendo il Fisco italiano contare su numerosi strumenti per lo scambio di informazioni con i Paesi esteri, quali: lo standard globale del Common Reporting Standard, l’accordo FATCA siglato con gli Stati Uniti, le misure contenute nelle Direttive UE sulla cooperazione amministrativa valide nei rapporti con gli Stati dell’Unione europea, gli accordi bilaterali siglati dall’Italia anche con i Paesi esteri storicamente ritenuti come Paradisi fiscali (es. Svizzera, San Marino, Principato di Monaco, Panama, Singapore ecc.).
Quando l’Agenzia delle Entrate, eventualmente anche avvalendosi dei nuovi strumenti per lo scambio di informazioni, rileva le irregolarità commesse, procede a recuperare le imposte evase e a comminare le rispettive sanzioni.
In definitiva, per beneficiare dei vantaggi fiscali derivanti dal trasferimento all’estero della residenza fiscale, per valutare il Paese migliore in cui trasferirsi, in termini di legittimo risparmio d’imposta, nonché per prevenire violazioni della normativa fiscale italiana ai pensionati che intendono trasferirsi all’estero è consigliabile svolgere una preventiva analisi fiscale internazionale sulla propria specifica posizione.
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