Esterovestizione e reati tributari

Di recente si discute sugli effetti penali della cd. esterovestizione delle società, vale a dire in che termini gli indebiti vantaggi fiscali che ne conseguono, oltre a rilevare sotto il profilo strettamente fiscale, possano integrare le fattispecie di reati fiscali di cui al D.Lgs. 74/2000, anche alla luce della nuova nozione di abuso del diritto introdotta nel nostro ordinamento ad opera del D.Lgs. 5 agosto 2015, n. 128 (Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente).

1. Esterovestizione cd. evasiva

A tal riguardo è opportuno ricordare che la esterovestizione, intesa come fittizia localizzazione della residenza fiscale al di fuori del nostro Paese, può manifestarsi in via sostanziale quando, in base all’art 73, comma 3, D.P.R. 917/1986, la società abbia la propria sede legale, la sede amministrativa o l’oggetto principale all’estero, oppure in via meramente formale, ai sensi dell’art . 73, commi 5-bis e 5-ter, D.P.R. 917/1986, per effetto delle presunzioni di legge ivi previste.

Nelle dette ipotesi la esterovestizione, violando una specifica norma di legge, dà luogo ad un fenomeno di evasione fiscale, con l’effetto che potrà configurarsi, se l’imposta evasa è superiore a euro 50.000, il reato di omessa presentazione della dichiarazione fiscale ai sensi dell’art. 5 D.Lgs. 74/2000 che prevede la pena della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

2. Esterovestizione cd. abusiva

A questo punto viene da chiedersi se oltre ad un tipo di esterovestizione cd. evasiva si possa anche parlare di una esterovestizione cd. abusiva ovvero derivate da scelte che, pur non violando alcuna specifica norma dell’ordinamento, permettono di conseguire un indebito vantaggio fiscale dallo svolgimento della propria attività economica all’estero piuttosto che in Italia.

Tale ultima ipotesi, in ragione del recente art. 10-bis dello Statuto del Contribuente (legge 27 luglio 2000, n. 212), che introduce nel nostro ordinamento la nozione di abuso del diritto, può verificarsi qualora la società estera, pur avendo formalmente la sede legale, la sede amministrativa e l’oggetto sociale nel Paese straniero, sia priva di sostanza economica perché la relativa struttura non persegue alcuna strategia imprenditoriale che non sia quella di ottenere un mero vantaggio fiscale.

Rispetto alla rilevanza penale delle condotte di esterovestizione cd. abusiva la risposta è stata data dal legislatore il quale, ponendo fine ad una diatriba giurisprudenziale che andava avanti da tempo, ha stabilito che le operazioni abusive non danno luogo a fatti penalmente rilevanti, a differenza di quanto continua a valere per i casi di  esterovestizione cd. evasiva innanzi vista.

Ne deriva che per stabilire la rilevanza penale della esterovestizione passaggio principale è quello di verificare se sia stata violata una specifica norme di legge. L’operazione non è sempre così semplice, considerato che anche in presenza della sostanza economica non può escludersi che la società non abbia violato una disposizione di legge attraverso la sua interpretazione “tendenziosa”  (cd. evasione interpretativa).

E’ questa l’ipotesi, sostenuta da parte della giurisprudenza, della società che pur avendo all’estero una struttura societaria dotata di sostanza economica, venga indirizzata e coordinata dalla holding italiana che però non si occupi anche della sua direzione. In questo caso la contestazione dell’Agenzia delle Entrate potrebbe spingersi fino ad attribuire alla società estera la residenza fiscale italiana sulla base di una interpretazione restrittiva del concetto di sede amministrativa, nella quale vengano ricomprese anche le attività di indirizzo e coordinamento oltre che di direzione e, quindi, finanche a sostenere la consumazione del citato reato di omessa dichiarazione.

Tali conclusioni, tuttavia, non farebbero altro che contraddire quanto più volte affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia (vedi cause C-349/07 “Sopropé” e C-129/13 “Kamino International Logistics BV”), secondo la quale va attribuita primaria rilevanza alla sostanza della realtà organizzativa della società idonea ad escludere la artificiosità della relativa struttura e, quindi, l’abusività della scelta imprenditoriale.

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.