Reati tributari da evasione fiscale: i nuovi reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione

La recente riforma del sistema dei reati tributari (D.Lgs. 158/2015) ha rimodellato i reati tributari di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione in senso più favorevole al contribuente, con l’innalzamento delle soglie di rilevanza penale della condotta e la punibilità delle sole ipotesi di reale evasione fiscale, escludendo i casi in cui il superamento delle soglie penali sia dovuto ad elementi meramente valutativi, al fine di non far dipendere la configurazione dei reati tributari dalla mera discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria.

1. Evasione fiscale attraverso la dichiarazione infedele (art. 4 del D.Lgs. 74/2000)

Il reato tributario di dichiarazione infedele nella sua nuova conformazione, introdotta con il D.Lgs. 158/2015 che ha modificato l’art. 4 del D.Lgs. 74/2000, scatta solo quando si verifica l’indicazione, nella dichiarazione annuale (ai fini delle imposte dirette o IVA), di elementi attivi inferiori a quelli reali o elementi passivi inesistenti e, in maniera congiunta:

  • l’imposta evasa supera la soglia di euro 150.000, mentre prima della riforma era prevista quella più bassa di euro 50.000;
  • l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante dichiarazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al 10% dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione oppure, in ogni caso, se superiore a euro 3 milioni (mentre ante riforma era di euro 2 milioni).

Come in precedenza il reato può essere commesso da tutti i contribuenti e non soltanto dalle imprese.

Resta immutata la pena della reclusione da 1 a 3 anni.

A differenza della vecchia formulazione la norma non parla più di elementi passivi “fittizi” bensì di elementi passivi “inesistenti”, perché si è scelto di colpire solo l’evasione derivante dalla dichiarazione di costi non realmente sostenuti.

In particolare, prima della riforma avveniva che l’Amministrazione finanziaria configurasse il reato di dichiarazione infedele anche quando l’evasione accertata a carico del contribuente derivasse da costi che, seppure realmente sostenuti, erano stati erroneamente indicati come inerenti all’attività svolta o di competenza di un esercizio diverso da quello corretto.

In questi casi i costi erano stati effettivamente sostenuti, pertanto la configurazione dei reati tributari dipendeva solo ed esclusivamente dalle valutazioni, talvolta meramente discrezionali, del Fisco.

Sempre al fine di dare rilevanza agli elementi “reali”, piuttosto che a quelli valutativi, è stato stabilito che ai fini del calcolo dell’imposta evasa non si tenga conto degli errori di classificazione, di competenza, di inerenza, di deducibilità di costi reali e di valutazione commessi dal contribuente (se riferiti ad elementi attivi o passivi effettivamente esistenti), e in ogni caso se queste valutazioni differiscono per non più del 10% da quelle corrette (commi 1-bis e 1-ter dell’art. 4, introdotti con la riforma).

E’ l’ipotesi, ad esempio, delle società italiane legate a società estere da rapporti di partecipazione o controllo, per le quali operano le regole sui cd. prezzi di trasferimento (transfer pricing) che impongono di stimare a “valori normali” le prestazioni intervenute nei rapporti tra dette società (artt. 9 e 110 del TUIR).

Ebbene in passato il superamento delle soglie di rilevanza penale della condotta poteva derivare dalla discordanza tra le valutazioni dei prezzi di trasferimento operate, da un lato, dalla società e, dall’altro, dall’Amministrazione finanziaria in sede di verifica fiscale.

2. Evasione fiscale derivante da omessa dichiarazione (art. 5 del D.Lgs. 74/2000)

Anche il reato tributario di omessa presentazione della dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000 è stato modificato dal D.Lgs. 158/2015, disponendosi la sua estensione anche alle dichiarazioni diverse da quelle annuali (sempre ai fini delle imposte dirette e IVA) e a quella del sostituto d’imposta (nuovo comma 1-bis).

Insieme alla omessa presentazione della dichiarazione, per la consumazione del reato è anche necessario il superamento della relativa soglia di evasione, che con la nuova riforma viene alzata da euro 30.000 a euro 50.000.

La pena rimane quella della reclusione da 1 anno e 6 mesi a 4 anni.

Inoltre le suddette dichiarazioni non possono considerarsi omesse se presentate entro il termine di 90 giorni dalla scadenza del relativo termine oppure se non sottoscritte o non redatte sui modelli standard.

Quanto al calcolo dell’imposta evasa, ai fini del superamento della soglia di rilevanza penale, da essa vanno detratte le imposte comunque versate al fisco (es. ritenute subite), ma non vi è certezza sulla possibilità di dedurre dalla base imponibile recuperata a tassazione i costi effettivamente sostenuti, ancorché non contabilizzati, che contribuirebbero a ridurre la relativa imposta.

Nell’ambito della fiscalità internazionale il reato tributario di omessa dichiarazione viene commesso soprattutto da quelle persone fisiche o società accusate di “esterovestizione le quali solo formalmente risultano fiscalmente residenti all’estero ma che, nella sostanza, sono fiscalmente residenti in Italia e ivi evadono completamente le imposte dovute.

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.