Residenza all’estero e famiglia in Italia: il contribuente non paga!

Il contribuente che mantiene la famiglia in Italia, pur svolgendo all’estero la propria attività economica, può non avere la residenza fiscale in Italia.

E’ quanto sostenuto dalla Commissione Tributaria di Varese, la quale ha annullato l’avviso di accertamento con la quale l’Agenzia delle Entrate accertava a carico di un contribuente, ritenuto fiscalmente residente in Italia, un reddito evaso di quasi 1 milione di euro riconducibile a flussi di denaro provenienti dalla Svizzera.

1. Il caso: l’accertamento a carico del contribuente con residenza all’estero e famiglia in Italia

Il caso portato all’attenzione della Commissione Tributaria di Varese (sentenza n. 402/2017) riguarda un contribuente italiano che, trasferitosi in Venezuela e correttamente iscritto all’AIRE, aveva mantenuto la propria famiglia in Italia.

All’esito di una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza sulla posizione fiscale del contribuente, l’Agenzia delle Entrate contestava al contribuente di essere fiscalmente residente in Italia, a dispetto della sua iscrizione all’AIRE, per il fatto di avere in Italia il proprio centro degli interessi vitali.

Infatti, l’Amministrazione finanziaria contestava al contribuente la residenza fiscale italiana per il fatto che in Italia:

  • risiedesse la moglie dell’interessato da lui mantenuta;
  • fosse proprietario di un immobile presso il quale gli veniva recapitata la corrispondenza;
  • fosse titolare, insieme alla moglie, di un conto corrente acceso presso una banca italiana;
  • fosse socio e amministratore di società italiane;
  • impartisse le direttive per i lavori da eseguirsi all’estero;
  • avesse eseguito delle prestazioni professionali;
  • avesse acquistato un’autovettura;
  • dal passaporto non risultasse con certezza i giorni effettivamente trascorsi in Venezuela.

Pertanto, sulla base di una distinta patrimoniale, riconducibile al contribuente, riguardante degli investimenti detenuti su un conto svizzero, l’Ufficio giungeva alla conclusione che tali somme, detenute presso un Paese black list, fossero da ritenersi frutto di evasione fiscale.

Per l’effetto, l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione in capo all’interessato un maggior reddito imponibile di quasi 1 milione di euro, applicando le sanzioni consequenziali.

2. La sentenza: accolto il ricorso del contribuente con residenza all’estero e famiglia in Italia

Il contribuente impugnava l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, lamentando la mancata prova, da parte dell’Ufficio, che il proprio centro dei suoi interessi vitali fosse effettivamente in Italia.

Eccepiva, inoltre, l’interessato che, in realtà, nell’anno oggetto di accertamento i suoi interessi economici si erano concentrati soprattutto all’estero e che, per tale ragione, la sua residenza fiscale non poteva essere ricondotta all’Italia, nonostante ivi risiedesse la propria moglie, che egli manteneva economicamente.

Ebbene, la Commissione Tributaria varesina accoglieva il ricorso del contribuente, annullando l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, che veniva dichiarato illegittimo.

In particolare il Giudice di primo grado affermava che agli atti del giudizio l’Agenzia delle Entrate non avesse fornito adeguata prova della circostanza che il “domicilio” del contribuente, vale a dire il relativo centro degli interessi vitali, fosse ubicato in Italia per l’anno di riferimento.

Al contrario, si riteneva che vi fossero evidenze del fatto che il contribuente per l’anno in questione avesse trascorso diversi periodi dell’anno tra gli Stati Uniti (Florida), Spagna (Palma de Maiorca)  e il Venezuela.

Il Collegio, quindi, giungeva alla conclusione che gli interessi economici e patrimoniali del contribuente si fossero spostanti, nel corso degli anni, progressivamente dall’Italia ai Paesi esteri, cosicché non vi fosse spazio per ritenere che questi fossero rimasti in Italia.

Per cui, si riteneva che l’interessato non potesse essere considerato fiscalmente residente in Italia, atteso che il relativo centro degli interessi economici e patrimoniali non si trovasse in Italia. Portata marginale, al contrario, veniva attribuita al fatto che il contribuente in Italia avesse la moglie e gli altri interessi sopra elencati.

Quindi, non configurandosi la residenza fiscale italiana, la circostanza che i proventi conseguiti all’estero dall’interessato fossero confluiti su un conto Svizzero, non poteva assolutamente autorizzare l’Agenzia delle Entrate a considerarli come redditi sottratti al potere impositivo italiano.

In pratica, l’azione dell’Ufficio era illegittima, perciò l’accertamento è stato annullato.

Oltretutto, il Giudice condannava l’Agenzia delle Entrate al pagamento di € 10.000,00, in favore del contribuente, a titolo di spese processuali.

3. Il significato della sentenza per i contribuenti con residenza all’estero e famiglia in Italia

La richiamata sentenza affronta il tema della residenza fiscale delle persone fisiche attribuendo particolare rilevanza, nell’ambito della valutazione del luogo in cui sono concentrati gli interessi vitali del contribuente, agli interessi economici e patrimoniali, sulla scia di quanto talvolta sostenuto anche dalla Corte di Cassazione (“ma una rondine non fa primavera”).

Da un attento esame della pronuncia si evince, altresì, che l’impostazione seguita dalla Commissione Tributaria potrebbe avvantaggiare quei contribuenti che, pur mantenendo la propria famiglia in Italia, svolgano la propria attività economica all’estero. Qualora questi contribuenti non dovessero acquisire la residenza fiscale del Paese estero, potrebbero addirittura non essere considerati residenti né in Italia né all’estero e, finanche, non essere tassati in nessun Paese.

La pronuncia esaminata riaccende il dibattito in merito ai criteri per l’individuare della residenza fiscale dei contribuenti, anche se deve essere sottolineato che le valutazioni in merito alla residenza fiscale, lungi da cadere in generalizzazioni, devono essere svolte sempre sul piano concreto, al fine di svolgere un’analisi complessiva che soppesi bene tutti i dettagli del caso.

4. Consulenza fiscale internazionale per il caso concreto

Le informazioni sopra indicate hanno carattere meramente generale, perché all’atto pratico la normativa fiscale internazionale è costellata di eccezioni e deroghe da applicarsi a seconda dei dettagli del preciso caso concreto in esame e che, quindi, non possono essere sottovalutate.

La fiscalità internazionale è la materia dei dettagli. Spesso accade che, anche un singolo dettaglio del caso concreto, apparentemente irrilevante, richieda una soluzione della problematica completamente diversa da quella ritenuta adeguata a un primo sguardo della situazione.

Inoltre, l’approfondimento della situazione concreta spesso esclude delle irregolarità che il contribuente pensava di aver commesso e, invece, mette in luce delle problematiche che il contribuente nemmeno pensava di avere.

Questo può capitare se il contribuente esamina la propria posizione dal punto di vista di una sola norma ritenuta “a priori” applicabile, quando, invece, il caso deve essere inquadrato, attraverso la necessaria analisi condotta alla luce dell’intero ordinamento tributario, sotto il profilo di una diversa norma.

Quindi, l’analisi fiscale internazionale è necessaria per inquadrare tutti i dettagli sostanziali del caso in esame ed evitare errori di valutazione da cui possano scaturire violazioni fiscali che darebbero luogo al recupero delle imposte evase e all’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, tali da erodere il reddito prodotto dal contribuente e causargli un grave danno economico.

D’altra parte, la difesa da un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non può mai essere efficace quanto la prevenzione delle violazioni fiscali attuata con una strategia di analisi preventiva.

Quindi la verifica da parte di un professionista specializzato in fiscalità internazionale circa le problematiche del preciso caso concreto costituisce un passaggio essenziale.

Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza nell’analisi delle questioni di fiscalità internazionale.

Se desideri richiedere una consulenza fiscale internazionale allo Studio ITAXA per il tuo preciso caso concreto, scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.