Con l’implementazione delle misure antielusive contenute nel Rapporto BEPS anche il concetto di residenza fiscale previsto dal Modello OCSE contro le doppie imposizioni ha subito delle modifiche, le quali sono destinate ad esser recepite dai Paesi aderenti all’Accordo Multilaterale OCSE.
Leggi anche: Fiscalità internazionale: errori da evitare per tutelarsi.
1. Residenza fiscale delle società: modifiche all’art. 4 del Modello OCSE
L’attuazione delle misure contenute nell’Azione 6 del Progetto BEPS ha determinato la modifica delle “tie-breaker-rules” previste dall’art. 4 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni al fine di dirimere i conflitti di doppia residenza tra i Paesi contraenti con riferimento alle società.
Scopo della norma è quello di assicurare la certezza del diritto tributario sia per i contribuenti sia per gli Stati contraenti.
D’altra parte, la disposizione ha l’obiettivo di evitare che i contribuenti possano abusare dei criteri per dirimere i conflitti di residenza per ottenere dei benefici indebiti attraverso la relativa manipolazione.
Dette modifiche hanno inciso in particolar modo sul tema della residenza fiscale delle società, disciplinato dall’art. 4, paragrafo 3, del Modello OCSE, che nella versione relativa all’anno 2017 appare già modificato.
Prima delle modifiche intervenute con l’Azione 6 del Pacchetto BEPS, l’art. 4, par. 3, del Modello OCSE, al fine di dirimere i conflitti di residenza riguardanti le società, faceva riferimento allo Stato in cui fosse ubicata la “sede di direzione effettiva” (“Place of effective management” – POEM) dell’impresa, ovvero il luogo in cui vengono adottate le decisioni più importanti relative alla gestione della società e allo svolgimento della relativa attività.
A seguito della modifica, invece, il nuovo testo del citato art. 4, par. 3, prevede un approccio “case-by-case” per risolvere i “conflitti” di residenza relativamente alle società, laddove spetta agli Stati attivare delle “procedure amichevoli” (“Mutual Agreement Procedure” – MAP), ai sensi dell’art. 25 del Modello OCSE, per individuale quale dei due Paesi è legittimato a ritenere la società residenta nel proprio territorio ai sensi del Trattato.
Altra novità introdotta, questa volta all’interno del Commentario, riguarda l’estensione degli effetti dell’applicazione delle “tie-breaker-rules”, previste da un Trattato vigente tra due Paesi, al fine di determinare la residenza convenzionale del contribuente nei rapporti tra un terzo Paese e il Paese che, ai sensi del primo Trattato, è risultato non essere lo Stato della residenza del contribuente. Tuttavia, parte della dottrina internazionale (Prof. Kees van Raad, Olanda) ha criticato tale posizione, ritenendo che questa regola possa essere valida solo per quegli Stati la cui residenza fiscale, per effetto dell’applicazione della Convenzione, non sia più attribuibile al contribuente nemmeno ai sensi della relativa normativa domestica.
2. Residenza fiscale delle società: nuovi criteri per dirimere i “conflitti” di residenza
La disposizione individua anche i criteri in base ai quali le Autorità degli Stati contraenti possono addivenire ad un accordo sulla residenza delle società, vale a dire: “la sede di direzione effettiva”, il luogo di costituzione oppure altri fattori ritenuti a tal fine rilevanti.
I primi due criteri sono proprio quelli che nella realtà dei fatti hanno creato i presupposti affinché le società avessero una doppia residenza secondo la normativa domestica di diversi Stati, ovvero nello Stato della “sede di direzione effettiva” e in quello di costituzione, permettendo loro di erpetrare degli abusi fiscali.
Nonostante questi due dei criteri enunciati dalla disposizione già fossero già utilizzati in passato dai Paesi, il fatto che venga riconosciuto agli Stati la possibilità di avvalersi anche di altri fattori per determinare la residenza fiscale delle società potrebbe prestare il fianco a scelte discrezionali da parte degli Stati contraenti e, nel peggiore dei casi, anche a difficoltà nell’addivenire ad un accordo.
Tale ultima evenienza potrebbe intervenire qualora ciascuno Stato intendesse adoperare il criterio che ritenga più idoneo a far sì che la società risulti fiscalmente residente nel proprio territorio, con il fine di assicurarsene la tassazione.
Le descritte difficoltà di giungere ad un accordo sulla residenza delle società avrebbero sicuramente un impatto negativo su quest’ultima.
Infatti, in assenza di accordo la disposizione prevede che i benefici convenzionali sarebbero negati alla società.
In tal modo Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni è come se invitasse le società e non porre in essere pianificazioni fiscali fondate sulla doppia residenza fiscale, perché la relativa contestazione da parte degli Stati sospenderebbe l’applicazione dei benefici convenzionali.
Ciò significa che, una volta avviata la “procedura amichevole” potrebbero tarscorrere diversi anni pima che si addivenga ad un accordo e che, quindi, i benefici convenzionali vengano accordati. In particolare, la “procedura amichevole” di risoluzione delle controversie, da un lato, normalmente si prolunga per diversi anni e, dall’altra, non obbliga gli Stati a giungere ad un accordo. Infatti spesso capita che gli Stati non addivengono ad alcun accordo quando, come anzidetto, questo può pregiudicare le proprie ragioni fiscali domestiche.
Forse è proprio per questo motivo che, nonostante le nuove misure, implementate con l’Azione 6 del Progetto BEPS, abbiano il preciso scopo di combattere le pianificazioni volte all’abuso dei trattati messe in pratica dalla società attraverso le strategie fiscali fondate sulla doppia residenza, ancora pochi Paesi della comunità internazionale hanno aderito a questo approccio nell’ambito della Convenzione Multilaterale OCSE.
La maggior parte dei Paesi tutt’oggi preferisce affidarsi al criterio del “luogo di direzione effettiva” della società per dirimere i “conflitti” di residenza, nonostante quest’ultimo alla prova dei fatti non sia stato capace in passato di combattere diverse forme di elusione fiscale internazionale.
3. Consulenza fiscale internazionale per il caso concreto
Le informazioni sopra indicate hanno carattere meramente generale, perché all’atto pratico la normativa fiscale internazionale è costellata di eccezioni e deroghe da applicarsi a seconda dei dettagli del preciso caso concreto in esame e che, quindi, non possono essere sottovalutate.
La fiscalità internazionale è la materia dei dettagli. Spesso accade che, anche un singolo dettaglio del caso concreto, apparentemente irrilevante, richieda una soluzione della problematica completamente diversa da quella ritenuta adeguata a un primo sguardo della situazione.
Inoltre, l’approfondimento della situazione concreta spesso esclude delle irregolarità che il contribuente pensava di aver commesso e, invece, mette in luce delle problematiche che il contribuente nemmeno pensava di avere.
Questo può capitare se il contribuente esamina la propria posizione dal punto di vista di una sola norma ritenuta “a priori” applicabile, quando, invece, il caso deve essere inquadrato, attraverso la necessaria analisi condotta alla luce dell’intero ordinamento tributario, sotto il profilo di una diversa norma.
Quindi, l’analisi fiscale internazionale è necessaria per inquadrare tutti i dettagli sostanziali del caso in esame ed evitare errori di valutazione da cui possano scaturire violazioni fiscali che darebbero luogo al recupero delle imposte evase e all’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, tali da erodere il reddito prodotto dal contribuente e causargli un grave danno economico.
D’altra parte, la difesa da un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non può mai essere efficace quanto la prevenzione delle violazioni fiscali attuata con una strategia di analisi preventiva.
Quindi la verifica da parte di un professionista specializzato in fiscalità internazionale circa le problematiche del preciso caso concreto costituisce un passaggio essenziale.
Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza nell’analisi delle questioni di fiscalità internazionale.
Se desideri richiedere una consulenza fiscale internazionale allo Studio ITAXA per il tuo preciso caso concreto, scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA