Stabile organizzazione: “sede di direzione” non determinante

La stabile organizzazione costituisce uno degli istituti tributari più discussi a causa dei pericoli che dalla sua configurazione possono derivare in termini di “attrazione” della base imponibile al potere impositivo del Fisco italiano.

Infatti, l’accertamento di una stabile organizzazione occulta in Italia determina l’addebito delle violazioni per l’omessa presentazione della dichiarazione fiscale, con il conseguente recupero delle imposte evase e delle relative sanzioni, fino alla contestazione del relativo reato fiscale, il quale prevede la pena della reclusione da 1 anni e 6 mesi fino a 4 anni (art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000).

Per cui, assume importanza fondamentale l’individuazione dei presupposti da cui scaturisce la configurazione di una stabile organizzazione, di tipo materiale e personale, al fine di porre in essere una corretta pianificazione della propria attività economica, fugando i rischi di violazione della normativa tributaria italiana.

Sotto il profilo della normativa domestica italiana, la stabile organizzazione è disciplina dall’art. 162 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986), nella versione della stabile organizzazione materiale, ai commi 1-5, e della stabile organizzazione personale, ai commi 6 e 7, che ricalca il contenuto dell’art. 5 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni.

1.1. Stabile organizzazione materiale

In particolare, i commi 1-5 dell’art. 162 del TUIR prevedono che l’espressione “stabile organizzazione” indica una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato, comprendendo (comma 2):

a) una sede di direzione;

b) una succursale;

c) un ufficio;

d) un’officina;

e) un laboratorio;

f) una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali, anche in zone situate al di fuori delle acque territoriali in cui, in conformità al diritto internazionale consuetudinario ed alla legislazione nazionale relativa all’esplorazione ed allo sfruttamento di risorse naturali, lo Stato può esercitare diritti relativi al fondo del mare, al suo sottosuolo ed alle risorse naturali;

f-bis) una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso.

Altresì, un cantiere di costruzione o di montaggio o di installazione, ovvero l’esercizio di attività di supervisione ad esso connesse, è considerato “stabile organizzazione” soltanto se tale cantiere, progetto o attività abbia una durata superiore a tre mesi (comma 3).

D’altra parte, si esclude che possano configurare una stabile organizzazione attività meramente preparatorie o ausiliarie rispetto all’attività principale, quali (comma 4):

a) l’uso di una installazione ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna di beni o merci appartenenti all’impresa;

b) la disponibilità di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini di deposito, di esposizione o di consegna;

c) la disponibilità di beni o merci appartenenti all’impresa immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa;

d) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa;

e) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dello svolgimento, per l’impresa, di ogni altra attività;

f) la disponibilità di una sede fissa di affari utilizzata ai soli fini dell’esercizio combinato delle attività menzionate nelle lettere da a) ad e).

Quest’ultima regola vale a condizione che le attività di cui alle lettere da a) a e) o, nei casi di cui alla lettera f), l’attività complessiva della sede fissa d’affari siano di carattere preparatorio o ausiliario (comma 4-bis).

Infine, la regola c.d. anti-frammentazione (comma 5) prevede che, per verificare se le attività svolte in Italia dall’impresa estera siano o meno ausiliarie o preparatorie, bisogna tener conto delle funzioni svolte da tutte le società appartenenti al medesimo gruppo.

1.2. Stabile organizzazione personale

Al dì là delle ipotesi di stabile organizzazione materiale, l’art. 162 (commi 6 e 7) definisce la stabile organizzazione personale,  quando un soggetto agisce nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente e abitualmente conclude contratti o opera ai fini della conclusione di contratti senza modifiche sostanziali da parte dell’impresa e detti contratti sono in nome dell’impresa, oppure relativi al trasferimento della proprietà, o per la concessione del diritto di utilizzo, di beni di tale impresa o che l’impresa ha il diritto di utilizzare, oppure relativi alla fornitura di servizi da parte di tale impresa (comma 5).

La stabile organizzazione personale non si configura, tuttavia, quando il soggetto, che opera nel territorio dello Stato per conto di un’impresa non residente, svolge la propria attività in qualità di agente indipendente e agisce per l’impresa nell’ambito della propria ordinaria attività. Ciò resta vero a meno che un soggetto opera esclusivamente o quasi esclusivamente per conto di una o più imprese alle quali è strettamente correlato, per il qual caso il soggetto non è più considerato un agente indipendente (comma 7).

1.3. Stabile organizzazione ai fini IVA

La il perimetro della definizione di stabile organizzazione ai fini IVA è più ristretto rispetto a quella valida ai fini delle imposte dirette.

Ed, infatti, ai fini IVA la stabile organizzazione è stata da ultimo delineata dall’art. 11 del Reg. UE n. 282/2011 – ai fini dell’applicazione dell’art. 7, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 633/1972, che individua la stabile organizzazione tra i soggetti passivi IVA – secondo il quale: “la «stabile organizzazione» designa qualsiasi organizzazione… caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione”.

Così come emerge dalla predetta definizione, in ambito IVA la stabile organizzazione necessita, da un lato, un certo grado di permanenza delle strutture aziendali e, dall’altro, l’impiego di una componente umana al di là di quella materiale, per cui l’assenza del coinvolgimento del personale nella sede italiana dell’impresa estera esclude la configurazione della stessa stabile organizzazione.

2.1. Il caso: la sede di direzione dell’impresa estera in Italia

Partendo dalla suesposta panoramica definitoria del concetto di stabile organizzazione, vediamo adesso come le differenze di tale istituto negli ambiti delle imposte dirette e dell’IVA producono effetti sulla legittimità degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate in materia di stabile organizzazione occulta.

A tale fine verrà preso in considerazione un caso che ha occupato la Corte di Cassazione, risoltosi in favore della società contribuente oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Più in particolare, con un avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione l’IVA ritenuta evasa da un Consorzio di società, asserendo che quest’ultimo, pur essendo fiscalmente residente in Croazia, in Italia disponesse di una stabile organizzazione “occulta”.

La tesi erariale, secondo cui il Consorzio di società disponesse di una stabile organizzazione in Italia, si fondava sul rilievo che, poiché le riunioni di alcuni manager del Gruppo si svolgevano in Italia, anche la direzione “sede di direzione” dell’ente fosse da ricondursi a quest’ultimo Paese.

Ricorrenza in giudizio una delle società contribuenti davanti alla Commissione Tributaria Provinciale che accoglieva il ricorso di parte con sentenza che veniva appellata dall’Ufficio davanti alla Commissione Tributaria Regionale la quale, a sua volta, confermava il dispositivo di primo grado favorevole alla parte privata.

L’Agenzia delle Entrate decideva così di proporre ricorso per cassazione per far valere la nullità della sentenza di secondo grado e, quindi, ottenere la convalida del proprio avviso di accertamento. Si costituiva in giudizio la società contribuente, insistendo sulle difese già accolte nei giudizi di merito.

2.2. La Cassazione: la “direzione effettiva” in Italia non implica la stabile organizzazione

Pronunciandosi sulla controversia, la Corte di Cassazione prendeva posizione sulla teoria avanzata dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui la “sede di direzione” a cui fa riferimento l’art. 162 del TUIR e l’art. 5 del Modello OCSE, valido ai fini delle imposte dirette, coinciderebbe con il concetto di “centro di attività stabile” previsto in materia IVA, da cui ne dispenderebbe la presenza di una stabile organizzazione della contribuente in Italia.

A parere del Collegio di legittimità l’assunto erariale è da ritenersi infondato, atteso che la nozione di stabile organizzazione prevista, in materia di imposte dirette, dall’art. 162 del TUIR e dall’art. 5 del Modello OCSE, ai fini IVA deve essere integrata con quella prevista dalla normativa in tema IVA.

Ed, infatti, è stato chiarito come, in campo IVA, presupposto essenziale della stabile organizzazione è la componente “personale”, perché il “centro di attività stabile” a cui fa riferimento la normativa IVA consiste in una struttura dotata di risorse materiali ed umane alla quale la società straniera abbia affidato anche di fatto la cura di affari.

La Corte di Cassazione ha richiamato la giurisprudenza comunitaria in materia, secondo la quale “per poter essere considerato un centro di attività cui si riferiscono le cessioni di beni o le prestazioni di servizi di un soggetto passivo, è necessario che tale centro di attività presenti un grado sufficiente di stabilità e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le operazioni di cui trattasi” (Corte di giustizia, sent. 6 febbraio 2014, in causa C-323/12, E.ON Global Commodities SE, che richiama le sentenze del 17 luglio 1997, ARO Lease, C 190/95, Racc. pag. 1 4383, punto 16, e del 7 maggio 1998, Lease Plan, C 390/96, Racc. pag. 1 2553, punto 24; v. anche, Cass. n. 3570 del 2003), non assurgendo a “un centro di attività stabile un’istallazione fissa utilizzata al solo fine di effettuare, per conto dell’impresa, attività di carattere preparatorio o ausiliario quali l’assunzione del personale o l’acquisto dei mezzi tecnici necessari allo svolgimento delle attività dell’impresa” (Corte di giustizia, sent. 28 giugno 2007, in causa C-73/06, Planzer Luxembourg Sarl, punto 56).

Ciò non escluderebbe che la prova di detto centro di attività stabile non possa essere fornita dall’Agenzia delle Entrate avvalendosi degli elementi indicati agli art. 162 del TUIR, dall’art. 5 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni e di altri indizi, come:

  • l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale;
  • partecipazione a trattative o alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza.

Sulla base delle dette motivazioni, i Giudici di Piazza Cavour, con sentenza 18 maggio 2018, n. 12240, hanno stabilito che la sede di direzione del Consorzio in Italia non costituisse un elemento sufficiente a fondare la tesi erariale della presenza ivi di una stabile organizzazione ai fini IVA, per cui sono giunti a confermare la sentenza di appello favorevole alla società contribuente che aveva annullato l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.

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Avv. Antonio Merola

Avvocato tributarista specializzatosi in Fiscalità Internazionale in Olanda presso l’International Tax Center (ITC Leiden) dell’Università di Leiden con LL.M. (Master of Laws) in International Tax Law (dopo un Master Universitario in Pianificazione Tributaria Internazionale e un Master Universitario in Diritto Tributario in Italia), Partner dello Studio ITAXA specializzato in Consulenza Fiscale Internazionale, da diversi anni si occupa di Consulenza Fiscale e Contenzioso Tributario a favore di Persone Fisiche e Società.