La stabile organizzazione diventa più attraente con la nuova opzione di esenzione (“branch exemption”) introdotta dal Decreto “Crescita e internazionalizzazione delle imprese” (D.Lgs. 147/2015) attraverso il nuovo articolo 168-ter del TUIR (D.P.R. 917/1986), secondo la quale gli utili e le perdite della stabile organizzazione estera non concorrono a formare il reddito della casa madre, restando assoggettati a tassazione solo nel relativo Paese straniero. Ma non è tutto oro quello che luccica.
1. I requisiti per l’esenzione della stabile organizzazione
Sotto il profilo soggettivo l’opzione per l’esenzione è rivolta ai soggetti residenti in Italia che esercitano attività d’impresa, quindi ricomprende:
- le società e gli enti di cui all’art. 73, comma 1, del TUIR;
- le società di persone;
- gli imprenditori individuali.
Risultano, quindi, escluse le stabili organizzazioni italiane dei soggetti non residenti, anche qualora tali stabili organizzazioni detengano, a loro volta, una stabile organizzazione all’estero.
Dal punto di vista oggettivo, la normativa richiede che l’opzione:
- va espressa con riferimento a tutte le stabili organizzazioni detenute all’estero;
- deve essere espressa al momento della costituzione della stabile organizzazione;
- una volta esercitata, diventa definitiva per tutta la vita dell’impresa, senza possibilità di tornare indietro;
- entra in vigore nel periodo d’imposta in cui è stata espressa.
A fianco di queste regole generali vengono previste delle ipotesi in cui non vige il regime opzionale dell’esenzione perché la stabile organizzazione è localizzata in Stati o territori a fiscalità privilegiata e, quindi, troverà applicazione la disciplina CFC (Controlled Foreign Companies) Black List o White List di cui all’art. 167 del TUIR.
2. Diversi casi di stabile organizzazione
Alla luce di tali eccezioni, possiamo rappresentare diverse tipologie di stabili organizzazioni e verificare come si applica la normativa sulla esenzione.
1° Caso: stabile organizzazione localizzata in Paesi a fiscalità ordinaria
La stabile organizzazione ha sede in Stati che non rientrano tra quelli a fiscalità privilegiata ai quali fa riferimento la normativa in materia di CFC Black List (art. 167, commi 1 e 4, del TUIR) e White List (art. 167, commi 1 e 8-bis, del TUIR), così come modificata di recente (nuova definizione di “paradiso fiscale”).
In tale ipotesi l’opzione per l’esenzione sarà pienamente operativa, quindi il reddito della stabile organizzazione non verrà assoggettato a tassazione in capo alla casa madre, la quale dovrà solo calcolarlo ai sensi dell’art. 153 del TUIR e indicarlo separatamente nella dichiarazione fiscale, assolvendo, inoltre, agli oneri documentali previsti dalla normativa in materia di prezzi di trasferimento per le operazioni intercorse con entità del medesimo gruppo.
La successiva distribuzione dei dividendi della stabile organizzazione alla casa madre non sconterà alcuna imposta, conformemente alla volontà del legislatore di esentare tali redditi per la casa madre.
2° Caso: stabile organizzazione in Paesi a fiscalità privilegiata
La stabile organizzazione è localizzata in Stati a fiscalità privilegiata a cui fa riferimento la normativa CFC Black List o White List e non sussistono le ipotesi di non applicabilità di quest’ultima disciplina previste, rispettivamente, dal comma 5, lett. a) (radicamento nel mercato locale) e b) (adeguato livello di tassazione), e dal comma 8-ter (assenza di costruzione artificiosa) dell’art. 167 del TUIR (cd. esimenti).
In questo caso l’opzione per l’esenzione, invece di comportare l’applicazione del relativo regime, genera automaticamente l’operatività della disciplina CFC White List o Black List, con l’effetto che i redditi prodotti dalla stabile organizzazione sono assoggettati a tassazione separata in capo alla casa madre.
Le imposte pagate all’estero vengono detratte dalla casa madre a partire da quelle pagate in Italia (art. 165 del TUIR).
3° Caso: stabile organizzazione in Paesi a fiscalità privilegiata ma non si applicano le CFC rules
La stabile organizzazione è localizzata, come nel precedente caso, in Stati a fiscalità privilegiata, tuttavia ricorrono le cause di non applicazione della normativa CFC Black List e White List innanzi viste (cd. esimenti).
L’opzione per l’esenzione sarà pienamente operativa, con gli stessi effetti descritti per il 1° Caso.
4° Caso: stabile organizzazione in Paesi Black List, non si applicano le CFC rules, ma il livello di tassazione estera è basso
Questa è una situazione simile a quella descritta nel 3° Caso, infatti la stabile organizzazione, pur essendo localizzata in Paesi Black List, non applica la normativa CFC perché riscontra un apprezzabile radicamento nel mercato dello Stato estero (esimente prevista dall’art. 167, comma 5, lett. a), del TUIR).
Tuttavia, a differenza del precedente caso, in questo la stabile organizzazione beneficia di un livello di tassazione sensibilmente inferiore rispetto a quello dell’Italia, cosicché non ricorre la seconda esimente dell’adeguato livello di tassazione nel Paese straniero (art. 167, comma 5, lett. b), del TUIR).
L’effetto che ne consegue è che, pur applicandosi il regime dell’esenzione dei redditi della stabile organizzazione, quando questi ultimi vengono distribuiti dalla casa madre ai propri soci sotto forma di dividendi, sono tassati come se provenissero direttamente dai Paesi Black List (art. 168 ter, comma 5, e artt. 47, comma 4, e 89, comma 3, del TUIR), anche se sono formalmente distribuiti da una società residente in Italia.
3. Conviene l’opzione “branch exemption”?
A conclusione di quanto detto viene da dire che, a dispetto delle apparenze, non sempre “esenzione” significa risparmio fiscale e che talvolta scelte che sembrano a prima vista vantaggiose, soprattutto in ambito fiscale, in concreto possono risultare l’opposto.
Ecco, quindi, che l’opzione per l’esenzione non convince nelle seguenti ipotesi:
- quando le stabili organizzazioni estere sono in fase di startup ed è molto probabile che hanno delle perdite per i primi anni di attività. In questo caso, le perdite della stabile organizzazione estera, non confluendo nella casa madre italiana, non possono essere detratte da quest’ultima, con chiari svantaggi sotto il profilo impositivo. In quest’ottica, l’esenzione, più che un incentivo per l’internazionalizzazione delle imprese italiane, costituisce un peso;
- quando le stabili organizzazioni estere, non costituite sotto forma di società controllate, sono localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata, a cui fa riferimento la normativa CFC Black List o White List, l’opzione per l’esenzione comporta l’applicazione di questi ultimi regimi fiscali, con l’effetto che i redditi esteri vengono assoggettati a tassazione separata in capo alla società madre che, quindi, non può includere le eventuali perdite della stabile organizzazione estera nel proprio reddito. Al contrario, in assenza di opzione e, quindi, in regime ordinario, le eventuali perdite della stabile organizzazione confluirebbero nel reddito della casa madre italiana, contribuendo a ridurre il carico fiscale.
Pur apprezzando le buone intenzioni del legislatore fiscale, viene da pensare che la nuova opzione di esenzione è dedicata a quegli imprenditori ottimisti, che confidano nelle grandi potenzialità reddituali delle proprie stabili organizzazioni all’estero sin dall’inizio della loro costituzione, ma quanti ne esistono?