La tassazione dei piloti di aereo dipendenti di compagnie estere continua ad interessare l’Agenzia delle Entrate la quale, attraverso lo scambio di informazioni fiscali a livello internazionale, sta rintracciando e tassando gli stipendi esteri percepiti dai piloti fiscalmente residenti in Italia che qui non pagano né imposte né contributi.
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1. Tassazione dei piloti elusa dalle compagnie estere
La natura internazionale dell’attività svolta ha permesso alle compagnie aeree di sfruttare la competitività dei sistemi fiscali dei diversi Stati, per fissare la propria sede legale in Paesi a bassa pressione fiscale oppure adoperare strumenti tesi al risparmio delle imposte in maniera spesso illegittima.
Tali manovre di evasione o elusione fiscale delle compagnie aeree estere travolgono anche i piloti italiani loro dipendenti i quali, nella maggior parte dei casi, sono indotti ad assoggettare i propri stipendi esclusivamente alla tassazione agevolata del Paese estero e ad evadere le imposte in Italia dove risultano fiscalmente residenti.
Si pensi alle ipotesi di assunzione dei piloti attraverso agenzie interinali, che figurano come loro datori di lavoro, spesso nemmeno localizzate nello stesso Paese della compagnia aerea ma in paradisi fiscali dove i dipendenti non hanno mai messo piede.
In altri casi i piloti italiani vengono “invitati” a costituire delle proprie società estere in modo da non figurare come dipendenti della compagnia aerea, con l’effetto di dover rispondere delle più gravi contestazioni mosse in questi casi dall’Agenzia delle Entrate.
2. Lo scambio di informazioni per la tassazione degli stipendi dei piloti
Con l’implementazione dello scambio di informazioni fiscali a livello internazionale l’Agenzia delle Entrate dispone degli strumenti necessari per rintracciare e sottoporre a tassazione gli stipendi dei piloti fiscalmente residenti in Italia che qui non hanno dichiarano i propri redditi esteri.
In particolare, a livello di Unione europea l’Agenzia delle Entrate può contare sullo scambio automatico di informazioni fiscali tra l’Italia e gli altri Stati membri, così come previsto dalla Direttiva 2011/16/UE, integrata con Direttiva 2014/107/UE, attuata dall’art. 31-bis del D.P.R. 600/1973 il quale dispone che:” L’Amministrazione finanziaria provvede allo scambio, con le autorità competenti degli altri Stati membri dell’Unione europea, delle informazioni necessarie per assicurare il corretto accertamento delle imposte di qualsiasi tipo riscosse da o per conto dell’amministrazione finanziaria e delle ripartizioni territoriali, comprese le autorità locali”.
Nei confronti degli altri Paesi (extra-UE) lo scambio di informazioni fiscali avviene, invece, sulla base delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni che autorizzano il nostro Paese a richiedere agli Stati esteri le informazioni necessarie per recuperare a tassazione i redditi dei contribuenti fiscalmente residenti in Italia ivi non dichiarati.
3. Sanzioni tributarie e penali per la mancata tassazione degli stipendi esteri
Le conseguenze degli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate a carico dei piloti che non dichiarato i propri stipendi in Italia sono particolarmente gravose, dal momento che il Fisco non si limita a recuperare l’imposta evasa sui redditi esteri, ma procede anche ad applicare le relative sanzioni che possono essere di natura sia tributaria sia penale.
Sotto il profilo tributario, le sanzioni possono arrivare ad un valore dal 120% al 240% dell’imposta evasa, previste per il caso di omessa dichiarazione, importo ulteriormente raddoppiato se si tratta di somme detenute in paradisi fiscali (diventando dal 240% al 480%), e dal 3% al 15% del valore delle somme detenute all’estero non indicati nel Quadro RW, anche in questo caso raddoppiato se dette ricchezze detenute in paradisi fiscali (diventando dal 6% al 30%).
Maggiori preoccupazioni suscitano le conseguenze penali dell’evasione fiscale, atteso che, ad esempio, il contribuente rischia la pena della reclusione da 1 anno e 6 mesi a 4 anni nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione in presenza di una imposta dovuta di oltre euro 50.000.
Nonostante il più delle volte l’evasione fiscale dei piloti sia indotta dalle scelte strategiche delle compagnie estere, è difficile far valere questa circostanza come scriminante dinanzi alle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate.
La strada migliore è quella di dichiarare al Fisco italiano gli stipendi percepiti per il lavoro prestato all’estero e chiedere il riconoscimento del credito per le imposte eventualmente già pagate all’estero.
Questa ultima operazione, dovendo muovere da un’attenta considerazione della normativa italiana, sovranazionale e internazionale, per poi procedere all’analisi della documentazione fiscale rilasciata dalla società estera, risulta di particolare delicatezza in quanto gli eventuali errori commessi danno luogo ad autonome contestazioni dell’Agenzia delle Entrate.