Le regole per la tassazione degli utili conseguiti dalle società estere controllate hanno subito dei cambiamenti a decorrere dall’anno 2019. Le modifiche sono state apportate dall’art. 4 del D.Lgs. n. 142/2018 all’art. 167 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986) che disciplina le ipotesi di tassazione per “trasparenza” (in capo ai soci) degli utili conseguiti dalle società estere controllate.
Si ricorda come il meccanismo di tassazione per “trasparenza” in capo ai soci degli utili prodotti dalle società estere controllate mira ad assoggettare ad imposizione i redditi di queste ultime nell’anno in cui vengono prodotti, invece di attendere la loro distribuzione ai soci, al fine di evitare che la produzione degli utili possa essere “elusivamente” spostata in Paesi in cui vengano assoggettati ad una imposizione “agevolata” e che la loro distribuzione venga dilazionata oltre modo.
La rimodulazione della disciplina sulla tassazione per trasparenza degli utili conseguiti dalle società estere controllate sono servite per recepire nell’ordinamento tributario italiano la Direttiva (UE) 2016/1164 del Consiglio (c.d. ATAD, del 12 luglio 2016) la quale agli artt. 7 e 8 prevede un nuovo approccio alla regolamentazione delle società estere controllate, facendo applicazione nelle misure contenute nell’Action 3 del Progetto BEPS dell’OCSE, rubricata “Designing Effective Controlled Foreign Company Rules”.
La Direttiva (UE) 2016/1164 offriva all’Italia di implementare le nuove regole sulle società estere controllate, attraverso la tassazione per trasparenza degli utili da queste ultime prodotte, con le due alternative, la prima, facente leva sulla categoria di reddito passivo prodotto dall’entità estera (transactional approach) e, la seconda, che conferisce risalto alla natura di costruzione non genuina del soggetto estero ubicata in un “paradiso fiscale” per il cui tramite questi consegua un vantaggio fiscale (jurisdictional approach).
La scelta del legislatore italiano, però, è caduta su una soluzione a metà strada, rilevando ai fini della tassazione per trasparenza degli utili prodotti dalle società estere controllate sia l’ubicazione di quest’ultima in Paesi a fiscalità privilegiata sia l’appartenenza di una data percentuale dei redditi prodotti alla categoria dei c.d. passive income.
1. Soggetti destinatari della disciplina
Le categorie di contribuenti a cui si applica il regime di tassazione per trasparenza degli utili conseguiti dalle società estere controllate sono individuati dall’art. 167, comma 1, del TUIR, nei seguenti soggetti:
- persone fisiche e società di persone (art. 5 del TUIR);
- società commerciali, enti commerciali residenti e alcuni enti non commerciali (art. 73, comma 1, lett. a), b) e c), del TUIR);
- le stabili organizzazioni italiane, appartenenti a soggetti non residenti, le quali controllano altri soggetti non residenti.
Con riferimento, invece, alle società estere controllate, per rientrare nel perimetro di applicazione della norma, è necessario, ai sensi dell’art. 167, comma 2, del TUIR, che queste assumano la veste di imprese, società o enti non residenti in Italia e che sussista, alternativamente, una delle seguenti due condizioni.
1.1. Prima condizione soggettiva
La prima condizione è quella in cui i soggetti esteri siano controllati direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, dai soggetti “italiani” sopra indicati ai sensi dell’art. 2359 c.c..
Secondo quest’ultimo articolo, il controllo può assumere diverse vesti, vale a dire:
- “controllo di diritto”, quando una società dispone, direttamente o indirettamente, della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria di un’altra società;
- “controllo di fatto”, se una società dispone, direttamente o indirettamente, dei voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria di un’altra società;
- “controllo contrattuale”, quando una società può esercitare una influenza dominante su un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.
1.2. Seconda condizione soggettiva
La seconda condizione è quella in cui i soggetti “italiani” sopra indicati detengano oltre il 50 per cento del diritto alla partecipazione ai loro utili, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile o tramite società fiduciaria o interposta persona.
Il nuovo art. 167, comma 3, del TUIR precisa, altresì, che tra i soggetti controllati non residenti devono essere anche ricomprese le stabili organizzazioni dei soggetti controllati (sopra indicati), nonché le stabili organizzazioni di soggetti residenti in Italia i quali abbiano optato per il regime di esenzione degli utili e delle perdite (art. 168-ter del TUIR).
2. Le condizioni oggettive di applicazione della tassazione per trasparenza
Prima della riforma del regime delle società estere controllate, l’art. 167 del TUIR operava una distinzione tra soggetti controllati residenti in Stati a regime fiscale privilegiato, per i quali vigeva un meccanismo “dinamico” di determinazione delle aliquote estere da considerarsi come “privilegiata”, e i soggetti residenti nell’Unione europea, per i quali veniva stabilito un meccanismo “fisso” per stabilire se la tassazione a cui erano sottoposti all’estero potesse considerarsi come “privilegiata”.
Attualmente, invece, si assiste ad una unificazione del test a cui vengono sottoposte sia UE sia extra-UE per determinare l’applicabilità del meccanismo di tassazione per trasparenza.
In particolare, la tassazione per trasparenza è destinata ad operare in presenza di due condizioni che operano congiuntamente.
2.1. Prima condizione oggettiva
In primo luogo, i soggetti controllati non residenti devono essere assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati assoggettati qualora residenti in Italia. I criteri per verificare il rispetto di questa condizione sono indicati con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate.
In pratica, bisogna operare un confronto tra l’aliquota “effettiva” di tassazione, che hanno scontato i redditi della società controllata all’estero, con quella “virtuale” a cui gli stessi redditi sarebbero stati sottoposti assoggettati in base alle disposizioni fiscali italiane applicate agli utili di bilancio del soggetto estero.
2.2. Seconda condizione oggettiva
La seconda condizione è quella per cui oltre un terzo dei proventi realizzati dal soggetto estero controllato debba rientrare in una delle seguenti categorie:
- interessi o qualsiasi altro reddito generato da attivi finanziari;
- canoni o qualsiasi altro reddito generato da proprietà intellettuale;
- dividendi e redditi derivanti dalla cessione di partecipazioni;
- redditi da leasing finanziario;
- redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie;
- proventi derivanti da operazioni di compravendita di beni con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate con soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente;
- proventi derivanti da prestazioni di servizi, con valore economico aggiunto scarso o nullo, effettuate a favore di soggetti che, direttamente o indirettamente, controllano il soggetto controllato non residente, ne sono controllati o sono controllati dallo stesso soggetto che controlla il soggetto non residente; ai fini dell’individuazione dei servizi con valore economico aggiunto scarso o nullo si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze emanato ai sensi del comma 7 dell’articolo 110.
3. Disapplicazione del meccanismo, Interpello facoltativo e Accertamento
I soggetti italiani che appaiono destinatari del meccanismo di tassazione per trasparenza degli utili conseguiti dalle società estere controllate hanno la possibilità di ottenerne la disapplicazione qualora riescano a dimostrare che il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva.
Per dimostrare lo svolgimento di un’attività effettiva all’estero la norma richiede di provare che il soggetto estero impieghi personale, attrezzature, attivi e locali (art. 167, comma 5, del TUIR).
Alcuni problemi possono sorgere per le attività condotte dalle Holding di partecipazioni le quali, non essendo, per loro natura, dotate di una forte componente strutturale, sia sotto forma di personale che di strumentazioni, potrebbero non beneficiare della esimente in questione. Per tale motivo, nei casi di Holding di partecipazioni è necessario compiere delle attente valutazioni prima di stabilire le stesse rientrino o meno nell’ambito di applicazione della disciplina sulla tassazione per trasparenza dei relativi redditi di cui all’art. 167 del TUIR.
Al fine di garantire certezza in merito all’applicabilità dalla normativa in questione, è anche prevista la possibilità per il contribuente di presentare una istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate per sapere in anticipo se la propria situazione possa o meno beneficiare della predetta esimente.
In caso di risposta favorevole all’interpello, il contribuente non ha l’onere di dimostrare l’applicabilità dell’esimente al suo caso. Resta ferma, però, la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di controllare che quanto dichiarato dall’interessato nella propria istanza di interpello corrisponda a vero e che in quella sede siano state fornite tutte le prove idonee allo scopo.
In mancanza di accoglimento dell’istanza di interpello, invece, l’Agenzia delle Entrate che proceda ad accertare la posizione fiscale del contribuente, prima di emettere l’avviso di accertamento fiscale, deve notificare al contribuente un apposito avviso con il quale viene concessa al medesimo la possibilità di fornire, nel termine di novanta giorni, le prove per la disapplicazione della disposizione del tipo sopra indicato.
Se l’Agenzia delle Entrate non dovesse ritenere idonee le prove allegate dal contribuente dovrà darne specifica motivazione nell’avviso di accertamento.
Per quanto concerne gli adempimenti fiscali, qualora il contribuente non abbia applicato direttamente il meccanismo di tassazione per trasparenza degli utili prodotti dalla società estera controllata oppure non abbia ottenuto una risposta favorevole dall’Agenzia delle Entrate, egli è tenuto a indicare nella dichiarazione dei redditi la detenzione di partecipazioni in soggetti controllati non residenti in presenza delle suddette condizioni che permettono l’applicazione dell’art. 167 del TUIR.
4. La tassazione per trasparenza degli utili prodotti dalle società estere controllate
Qualora ricorrano le condizioni per l’applicazione del meccanismo di tassazione per “trasparenza”, il reddito realizzato dal soggetto controllato non residente è imputato al soggetto controllante “italiano” (nel periodo d’imposta di quest’ultimo in corso alla data di chiusura dell’esercizio o periodo di gestione del soggetto controllato non residente) in proporzione alla quota di partecipazione agli utili del soggetto controllato non residente da essi detenuta, direttamente o indirettamente.
Se la partecipazione è detenuta indirettamente, per il tramite di soggetti residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, i redditi sono imputati a questi ultimi soggetti in proporzione alle rispettive quote di partecipazione (art. 167, comma 6, del TUIR).
Per la determinazione dei redditi del soggetto controllato non residente, ai sensi dell’art. 167,comma 7, del TUIR, occorre fare riferimento alle regole ordinarie per il calcolo dell’IRES, escludendosi solo le disposizioni relative alle società di comodo o in perdita sistematica e quelle sugli studi di settore, gli aiuti alla crescita economica (ACE) e sulla rateizzazione delle plusvalenze (art. 86, comma 4, del TUIR).
Detti redditi vengono, quindi, assoggettati a tassazione separata con l’aliquota media applicata sul reddito del soggetto cui sono imputati e, comunque, non inferiore all’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società (art. 167, comma 8, del TUIR), riconoscendosi un credito per le imposte pagate all’estero (a titolo definitivo) dal soggetto controllato ai sensi dell’art. 165 del TUIR (art. 167, comma 9, del TUIR).
Proprio a causa della loro precedente tassazione per trasparenza, gli utili successivamente distribuiti dai soggetti esteri controllati non concorrono alla formazione del reddito dei soggetti “italiani” fino a concorrenza dei redditi già assoggettati a tassazione nei periodi d’imposta precedenti (art. 167, comma 10, del TUIR).
Proprio a causa del cambiamento della disciplina sul meccanismo di tassazione per trasparenza delle società estere controllate, i rapporti di partecipazione con società estere necessitano di una valutazione aggiornata al fine di verificare se non continuino ad operare le esimenti eventualmente applicabili secondo la vecchia normativa oppure se sia applicabile l’esimente da ultimo prevista, al fine di raggiungere una corretta gestione del rischio fiscale associato a detti rapporti.
5. Consulenza fiscale internazionale per il caso concreto
Le informazioni sopra indicate hanno carattere meramente generale, perché all’atto pratico la normativa fiscale internazionale è costellata di eccezioni e deroghe da applicarsi a seconda dei dettagli del preciso caso concreto in esame e che, quindi, non possono essere sottovalutate.
La fiscalità internazionale è la materia dei dettagli. Spesso accade che, anche un singolo dettaglio del caso concreto, apparentemente irrilevante, richieda una soluzione della problematica completamente diversa da quella ritenuta adeguata a un primo sguardo della situazione.
Inoltre, l’approfondimento della situazione concreta spesso esclude delle irregolarità che il contribuente pensava di aver commesso e, invece, mette in luce delle problematiche che il contribuente nemmeno pensava di avere.
Questo può capitare se il contribuente esamina la propria posizione dal punto di vista di una sola norma ritenuta “a priori” applicabile, quando, invece, il caso deve essere inquadrato, attraverso la necessaria analisi condotta alla luce dell’intero ordinamento tributario, sotto il profilo di una diversa norma.
Quindi, l’analisi fiscale internazionale è necessaria per inquadrare tutti i dettagli sostanziali del caso in esame ed evitare errori di valutazione da cui possano scaturire violazioni fiscali che darebbero luogo al recupero delle imposte evase e all’applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate, tali da erodere il reddito prodotto dal contribuente e causargli un grave danno economico.
D’altra parte, la difesa da un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate non può mai essere efficace quanto la prevenzione delle violazioni fiscali attuata con una strategia di analisi preventiva.
Quindi la verifica da parte di un professionista specializzato in fiscalità internazionale circa le problematiche del preciso caso concreto costituisce un passaggio essenziale.
Lo Studio ITAXA ha maturato una lunga esperienza nell’analisi delle questioni di fiscalità internazionale.
Se desideri richiedere una consulenza fiscale internazionale allo Studio ITAXA per il tuo preciso caso concreto, scrivici all’indirizzo info@itaxa.it oppure compila il Modulo di contatto.
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